Dati contraddittori, pochi test clinici Però l’Aifa fa politica «Vaccinate i bimbi»
È un delirio di
numeri sulla pelle dei bambini.
Secondo la commissione tecnico
scientifica dell’Aifa, «i dati dello studio registrativo», presentato da Pfizer
e Biontech per ottenere da
Ema l’autorizzazione alla
commercializzazione in Europa del vaccino, «mostrano
un elevato livello di efficacia
nella popolazione in oggetto».
Il burocratese è riferito alla
fascia 5-11 anni che nel nostro
Paese potrà stendere il braccino per farsi inoculare il farmaco anti Covid, a partire dal
prossimo 16 dicembre. Rassicurante, potrebbero commentare genitori ansiosi di conoscere il perché del responso
positivo dell’Agenzia regolatoria, ignari che le sperimentazioni sono state compiute su
1.305 bimbi cui è stato inoculato Comirnaty, mentre 663
hanno ricevuto il placebo.
Questa, purtroppo, è la portata dello studio che ha fatto
decidere per la vaccinazione
di 3,6 milioni di creature in Italia. In verità, nemmeno sui dati dei trial clinici c’è allineamento tra Aifa, Ema e Pfizer.
Due giorni fa, l’Agenzia italiana del farmaco motivava il sì
citando «3.100 bambini vaccinati». L’agenzia europea, che
il 25 novembre aveva rilasciato
l’autorizzazione, riferiva di
«1.305 bambini che hanno ricevuto il vaccino. Tre hanno
sviluppato Covid-19 rispetto a
16 dei 663 bambini che hanno
ricevuto il placebo».
Attenzione, non è una lotteria, stiamo parlando di studi
in base ai quali si è decisa la
salute di decine di milioni di
bambini solo nella Ue. A settembre erano Pfizer e Biontech che illustravano i risultati
«positivi» delle sperimentazioni su «2.268 partecipanti di
età compresa tra 5 e 11 anni» e
dichiaravano che le medie
geometriche dei titoli (Gmt)
degli anticorpi non erano inferiori a quelle «dei partecipanti
di età compresa tra 16 e 25 anni, utilizzati come gruppo di
controllo». Inoltre, aggiungevano che nei più piccoli «il vaccino Covid-19 è stato ben tollerato, con effetti collaterali generalmente paragonabili a
quelli osservati nei partecipanti di età compresa tra 16 e
25 anni».
A parte misurare effetti e
reazioni accostando fasce di
età così differenti (creature in
formazione e giovani adulti),
ma è possibile che non vengano comunicati numeri esatti
sulle sperimentazioni effettuate in quell’età pediatrica?
Le incongruenze purtroppo
abbondano, nella relazione
stilata dal Cts dell’Aifa.
Sempre parlando dello studio compiuto su poche centinaia di piccoli, gli esperti dichiarano che la vaccinazione
«ha mostrato un’efficacia nella riduzione delle infezioni
sintomatiche da Sars-Cov-2
pari al 90,7% rispetto al placebo». L’Ema aveva puntualizzato diversamente: «Il tasso reale poteva essere compreso tra
il 67,7% e il 98,3%», mentre la
media indicata dalla nostra
agenzia regolatoria non tiene
conto di questa importante valutazione. Tutto il documento,
in realtà, è desolatamente privo di sostanza scientifica.
A parte scrivere che i dati
della farmacovigilanza americana sulle reazioni post vaccino (prevalentemente una dose) in circa 3,3 milioni di bambini di 5-11 anni «non evidenziano al momento nessun segnale di allerta in termini di
sicurezza», come se questo
dovesse bastare a tranquillizzare, le considerazioni espresse sembrano più da trattato
psicologico che da agenzia responsabile dell’autoriz zaz ione di farmaci.
In base a una manciata di
sperimentazioni vengono date per certe l’efficacia e la sicurezza del vaccino nei più piccoli, poi il comitato si inoltra
in valutazioni che non gli competono. Accettare la punturina «comporta benefici di altra
natura, quali la possibilità di
frequentare la scuola e condurre una vita sociale connotata da elementi ricreativi ed
educativi», scrivono persone
pagate per investigare gli effetti dei prodotti farmaceutici
sugli organismi viventi, non le
problematiche psicosociali.
«Oltre ai suddetti benefici
diretti, la vaccinazione dei
bambini comporterebbe un
aumento della copertura vaccinale dell’intera popolazione
e, quindi, una maggiore protezione anche per i soggetti più
fragili di tutte le età, soprattutto se conviventi con i bambini», aggiungono, dimenticando che i più fragili hanno già
fatto anche la terza dose e non
hanno bisogno di usare i piccoli come scudo contro il Cov id .
Le farneticazioni, sui bimbi
che dovrebbero proteggere
adulti e anziani e non il contrario, fanno molta presa ultimamente. Ieri un pediatra di
Trieste, Giorgio Tamburlini,
dichiarava a Re p ub bl ic a: «A
partire dai 9-10 anni i bambini
hanno anche provato la sensazione sgradevole di sentirsi responsabili e colpevoli, se sono
stati coinvolti in contagi in famiglia o a scuola». E per fortuna che il medico è presidente
del Centro per la salute del
bambino, sennò che altri macigni voleva caricare sui piccoli per convincerli della bontà
del vaccino?
Sono partite iniziative vergognose, per ingannevolezza
del messaggio. «E adesso sì
che possiamo giocare liberamente», cantano in coro i bimbi cartonati del girotondo in
locandina, pensato dalla Regione Lazio per far presa su
mamme e papà convincendoli
a portare i figli a vaccinarsi
contro il Covid. Eppure lo stesso documento dell’Aifa non ha
potuto fare a meno di citare un
recente rapporto Ecdc, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie,
il quale «dimostra che la maggior parte dei bambini di 5-11
anni ospedalizzati per Covid
non presentava alcun fattore
di rischio». Perché allora vaccinarli con un farmaco, sebbene in dosi ridotte, che ancora
non sappiamo quali effetti
provocherà nel tempo?
Dal proprio database sulla
sicurezza, Pfizer lo scorso
aprile aveva fornito i rapporti
sugli eventi avversi al vaccino
BNT162b2 registrati negli Stati Uniti e all’estero fino al 28
febbraio 2021. Raccolti in nove
pagine dell’appendice ce ne
sono più di 1.200 definiti «di
particolare interesse». Speriamo che la promessa «farmacovigilanza di routine»
continui, e più stretta sui bambi n i .
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