STUPIDA RAZZA

venerdì 3 dicembre 2021

E già scatta la rincorsa ai lattanti di 6 mesi




 Non facciamo nemmeno in tempo a inaugurare le vaccinazioni sui bimbi da 5 a 11 anni - partiranno il 16 dicembre - che già qualcuno si frega le mani, al pensiero di puntare la siringa sui ragazzini ancora più piccoli. È una prospettiva alla quale, da come si rivolge al Corrie - re della Sera, sembra proprio non riuscire a resistere il professor Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’os pedale pediatrico Bambin Gesù di Roma: «C’è da chiedersi perché un sistema come il vaccino, che ha funzionato su miliardi di adulti nel mondo, compresi decine di milioni di adolescenti, non debba essere altrettanto efficiente quando si passa a una età inferiore. È logico aspettarsi tra non molto l’arrivo del vaccino per 6 mesi-4 anni e varrà lo stesso ragionamento». Ragionamento che, però, è l’ap ote o s i dell’approssimazione: i bambini non sono adulti e neppure adolescenti in miniatura. Anzi, più sono piccoli, meno tengono eventuali analogie. In fondo, è proprio per questo motivo che esiste una branca della medicina denominata, appunto, pediatria. Basterebbe già tale pacifica e banale considerazione, per indurci a evitare frettolosi parallelismi. Ma ormai, la spirale pandemica ha risucchiato la verità scientifica nel vortice della propaganda politica. A ben vedere, lascia perplessi anche l’altro paragone proposto dal luminare del Bambin Gesù: quando uscì il vaccino contro la polio, ricorda lui, «nessuno protestava. Eppure l’antipolio conteneva virus attenuato e c’era il rischio che infettasse». Al prof sfugge che, nel Novecento, divennero ricorrenti le ondate epidemiche di questa patologia, che provoca gravi disabilità. Naturale si fosse disposti a correre qualche pericolo, per ottenere un maggior beneficio. Al contrario, il Sars-Cov2, per i giovani, è un problema trascurabile, benché già da qualche mese sia partito il martellamento, ancorato a statistiche cucite ad arte, sui bimbi in rianimazione e le sindromi da long Covid. Il rapporto rischi-benefici, nel caso del vaccino per il coronavirus, rimane più che discutibile. Per fortuna ieri, sul Fa tto, il direttore scientifico dello Spallanzani, Enrico Girardi, ha offerto confortanti barlumi di lucidità: «Il Covid-19, nei bambini senza patologie preesistenti», ha ribadito, «è nella quasi totalità una malattia lieve e con manifestazioni cliniche praticamente assenti». Al contrario, vanno ancora valutati i possibili «eccessi di eventi avversi», anche rari, che sono difficili da riscontrare quando nei trial clinici sono coinvolti meno di 2.000 soggetti, com’è accaduto con il preparato di Pfizer. La priorità della campagna vaccinale dovrebbero essere le fasce anagrafiche più vulnerabili e i pazienti fragili, quasi sempre vaccinati già dai primi mesi del 2021 e, adesso, virtualmente scoperti. La logica vorrebbe che ogni sforzo fosse concentrato su di loro, piuttosto che sulla caccia ai manipoli di no vax o, peggio, sulla rincorsa ai bambini. Se solo la logica non fosse ricoverata in terapia intensiva. 

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