QUESTO DAL 2027,MA FA PERDERE LA FIDUCIA NEL MATTONE CAUSATE DA MINORI COMPRAVENDITE PER LA CONTINUA PERDITA DI VALORE DEGLI IMMOBILI !
Si è aperta la
stagione di caccia, con i proprietari di immobili nella scomodissima parte del fagiano. Il 16 dicembre
arriva la botta della seconda
rata Imu, una patrimoniale
pesantissima. Sempre a breve c’è da temere dentro la
delega fiscale, che
scatti la riforma degli estimi
catastali: e, nonostante l’impegno di Mario Draghi a non
utilizzare i nuovi valori entro
il 2026, è un dato di fatto che
si stia consegnando a un futuro governo una pistola carica. Ma ora rischia di arrivare un’ulteriore stangata, ancora più devastante, figlia del
fondamentalismo green. Una fuoriuscita di
notizie, rilanciata ieri dal
Messag g e ro, ha lanciato l’allarme: la Commissione Ue ha
allo studio una direttiva - letteralmente folle - che subordinerebbe la possibilità di
vendere (e perfino di affittare!) un immobile al fatto che
esso appartenga a una determinata classe energetica. Insomma, in assenza di alcuni
standard, l’immobile sarebbe reso inutilizzabile sul
m e rc ato.
Manca solo, come ha commentato il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaz iani
Te s ta , che venga introdotto il
«reato di possesso di immobile». Si tratta di un sorriso
amarissimo: ma rende bene
il clima di aggressione contro la proprietà in generale, e
in particolare contro gli italiani. Non va mai dimenticato che il 70% degli italiani
sono proprietari di un immobile: dunque, introdurre
norme di questo tipo (a maggior ragione dopo il massacro fiscale deciso da M a r io
M o nti nel 2011, quando la patrimoniale immobiliare fu
quasi triplicata) significa colpire al cuore la ricchezza delle nostre famiglie. Ovviamente Confedilizia è mobilitata contro questo sproposito, e, insieme a essa, è in campo anche l’Uipi (International union of property
ow n e r s ) .
L’obiettivo finale della
Commissione sarebbe quello
di imporre in tutta l’Ue edifici a emissioni zero. A questo
fine, dovrebbe scattare un
maxi piano di ristrutturazione degli edifici esistenti, ancorato ad alcuni standard
energetici. Sulle date si discute ancora, ma il piano di
battaglia Ue sarebbe questo:
applicare i nuovi parametri
dal 2027, per avere già nel
2035 l’intero parco immobiliare improntato agli standard minimi fissati.
E qui scatta la parte sanzionatoria, tale da determinare una sorta di privazione
del valore commerciale dell’immobile. Secondo il disegno partorito a Bruxelles, gli
Stati dovrebbero garantire -
si legge nella bozza a cui sta
lavorando la Direzione energia della Commissione - che
le unità immobiliari vendute
o affittate a un nuovo inquilino (eccezion fatta, in questo
caso, per le unità ricomprese
nei condomini) «raggiungano almeno la classe di prestazione energetica E, dopo il
primo gennaio 2027; la classe
D, dopo il primo gennaio
2030; la classe C dopo il primo gennaio 2033».
Come si vede, obiettivi assurdi in un tempo incredibilmente breve. Unica via d’uscita (si fa per dire)? L’u n i tà
immobiliare si può vendere
lo stesso, ma l’acquirente deve soddisfare gli standard
entro tre anni. Insomma, o
una stangata prima a danno
del vecchio proprietario, o
una stangata dopo a danno
del nuovo.
Ma non basta ancora: passiamo ai condomini. In questo caso, secondo la bozza, gli
Stati dovrebbero imporre il
raggiungimento della classe
E dopo il 2030, della classe D
dopo il 2035, e della classe C
dopo il 2040.
Unici edifici che lo Stato
potrebbe esentare? Il catalogo dei «salvati» è ristrettissimo: immobili di particolare
pregio architettonico o storico (che sarebbero sfigurati
dalla ristrutturazione), edifici di culto e poco altro.
In omaggio all’o s s e s s io n e
regolatoria cara a Bruxelles,
verrebbe poi istituito entro
fine 2023 un «passaporto per
la ristrutturazione edilizia»,
ed entro l’anno successivo gli
Stati dovrebbero introdurre
uno «schema» per adeguarsi. Ovviamente, al delirio burocratico fa da pendant la vaghezza: cosa vuol dire infatti
«introdurre uno schema»?
Contro tutto questo, un’analisi di Confedilizia oppone
argomenti di grande ragionevolezza: «Appare opportuno domandarsi», si chiede
l’associazione, «a che prezzo
questa attività dovrà essere
svolta e, soprattutto, se questo prezzo sia sostenibile:
ogni cambiamento deve avvenire in modo graduale e
sostenibile». E in ogni caso la
strada da seguire non è quella degli obblighi, ma quella
degli incentivi.
Intanto, fa notare opportunamente l’ass ocia zion e,
occorrerebbe fare chiarezza
sulle metodologie di classificazione energetica: non
sempre, infatti, la classe
energetica di un edificio
esprime i consumi reali.
Esempio concreto: «Due immobili in tutto e per tutto
identici, ma uno con caldaia
a gas e l’altro con caldaia a
biomassa, hanno classi energetiche differenti, la prima
tre volte peggiore».
Ora, la bozza di direttiva
Ue punterebbe a una sorta di
armonizzazione degli attestati di prestazione energetica, con relativa modifica delle metodologie di determinazione delle classi. Se la modifica avvenisse in modo particolarmente rigido, potrebbe
accadere che per immettere
alcuni immobili sul mercato
occorra sottoporli - ad esempio - «a importanti interventi
di riqualificazione agendo
su ll ’involucro edilizio per
coibentarlo». Con effetti paradossali. Si pensi a un edificio caratterizzato da facciate
con presenza di balconi. A
quel punto, chiarisce Confedilizia, «sarà necessario
svolgere opere rilevanti di
correzione dei ponti termici
dei balconi», lavori «insostenibili dal punto di vista del
tempo di ritorno dell’i nve s t i -
mento e, inoltre vi sarebbe
una significativa riduzione
della superficie calpestabile
dei balconi». Di fatto, si tratterebbe di rimuovere i balconi o ridimensionarli in modo
devastante, con costi pazzeschi e con un impatto estetico imbarazzante.
Secondo una simulazione
realistica, sarebbero almeno
10 i milioni di immobili italiani teoricamente a rischio
(in quanto vecchi di oltre 30
anni e presumibilmente
energivori), e di questi circa
la metà (5 milioni) sarebbero
certamente «impattati» dalla nuova normativa. Ha senso
una follia del genere?
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