Era il 1992 quando un allora semi sconosciuto analista n ip po - am er ic ano, Francis Fukuya m a , dava alle stampe un libro destinato a fare epoca: La fine della storia e l’ultimo uomo, in cui venivano approfondite le tesi già espresse nell’estate del 1989 nell’articolo The End of Histo r y ? , pubblicato su The National Interest. Il tema è sin troppo noto: con la fine della guerra fredda, lo studioso si chiedeva se non si fosse giunti al trionfo di un unico modello planetario. Le crisi in Russia e Iugoslavia, nonché l’avanzata dell’islam radicale, si incaricarono ben presto di smentirl o. Tra Italia e Francia, tuttavia, di fine della storia - stavolta però per scongiurarne l’esito - parlava da anni anche un pensatore profondissimo eppure misconosciuto: Giorgio Locch i , per anni corrispondente del Te m p o da Parigi, ma soprattutto guida spirituale e filosofica della prima Nouvelle droite. Al pensiero di L o cch i , in stretto dialogo con i principali dibattiti della filosofia contemporanea, è dedicato un bel saggio appena pubblicato per i tipi di Altaforte: Il pensiero dell’origine in Giorgio Locchi, di Giovanni Damiano. Un lavoro importante anche perché, come ha ricordato lo studioso di sinistra Fra n c esco Germinario parlando di L o c ch i , l’impressione è che «l’importanza delle sue posizioni sia stata abbastanza sottovalutata» dai ricercatori. Questo anche in virtù del carattere schivo del pensatore romano, da G e r m i n ar io definito «un intellettuale vagamente socratico, ancorché flâneur, poco incline al presenzialismo pubblicis t ic o » . Con un argomentare serrato, che nulla concede a fumosi effetti speciali dialettici, Dam iano s ottrae Locchi al dimenticatoio e rende giustizia alla sua straordinaria profondità filosofica. Secondo Da m i a n o, L o c ch i «si colloca in una eccedenza, in una “terra di ne ssun o”, né apologeticamente moderna, né sterilmente antimoderna». Per lo studioso campano, l’e s s e nza del pensiero locchiano si ritrova nella concezione secondo cui «la storia non è mai scritta in anticipo, ma è affidata all’i n se c u rita s pi ù radicale, non essendo mai al riparo dall’irruzione dell’imprevedibile. La storia sorpresa dalla libertà». In questo modo, viene meno «ogni lettura rassicurante del divenire storico, ogni convinzione di essere dal lato “g i u sto” della storia perché se ne possiede il “s eg reto”, ossia se ne conosce la legge indefettibile che la governa. Al contrario, la storia è consegnata all’evento libero e quindi spiazzante, all’evento che sfugge ad ogni tentativo “p rog n os t ic o”, rappresentando cosi la radicale messa in crisi di ogni tranquillizzante visione del futuro». È per questo che L o c ch i può parlare, «sin dagli anni Settanta del secolo scorso, di fine della storia come inevitabile punto d’arrivo di una filosofia della storia di stretta “o s s e rva n za” escatologica, anticipando, tra l’altro, analisi molto più note in tema come quelle di Fu kuya m a ». Per scelta consapevole (e rivendicata), Da m i a n o si occupa esclusivamente del pensiero filosofico di L o cch i , dando al lato biografico la stessa importanza che Martin Heidegger, nel noto incipit di un corso universitario su A r i s totel e, diede alla vita del filosofo greco: «A r i s totel e nacque, lavorò e morì». Mancando però, nel caso di L o c ch i , un D ioge n e L ae rz io che si sia finora occupato di colmare la lacuna, giunge benvenuta, nello stesso volume, la postfazione di Pierluigi Locchi, il figlio di Giorgio, che contestualizza l’opera del padre in un percorso biografico non privo di sorprese. È il caso, per esempio, dell’a m icizia con Sergio Leone. Leggiamo: «Figlio di Lu i g i L o c ch i , attore del cinema che ebbe il suo momento di gloria negli anni Venti e Trenta, e di Giu se ppin a Tro s s e ro, cappellaia e modista, Giorgio Locchi n acque a Roma il 15 aprile 1923. Da suo padre ereditò l’a m ore per la musica, senza dimenticare, indirettamente, u n’amicizia a vita con S e rgio Leone, anch’egli figlio di attori: i due si erano conosciuti da bambini a Cinecittà, dove il piccolo Giorgio interpretava anche dei brevi ruoli in diversi film». A nove anni, L o c ch i vinse un concorso per il prestigioso Collegio Nazareno di Roma. Su questa esperienza, non mancano gli aneddoti. Come quando il cardinale Pa - c el l i - il futuro Pio XII - premiandolo come alunno meritevole, gli disse: «Da voi si potrebbe tirar fuori un Papa». In un’altra occasione, un professore di italiano e latino, padre Va nnuc c i , diede al L o c ch i qu attordicenne un volume, dicendo: «Questo libro lo abbiamo messo all’indice, ma in un modo o nell’altro lei ci arriverà e allora voglio essere io quello che gliel’ha donato». Era La nascita della t rag e d ia , di Friedrich Nietz s ch e. Nel 1957, Renato Angiolill o, direttore del Te m p o, diede una svolta improvvisa alla sua carriera, quando gli disse: «Lei ama la Germania? Allora andrà a fare il corrispondente dalla… Francia». Qui L o c ch i , oltre a raccontare i fatti d’Algeria o il maggio del 1968, costituì attorno a sé un vero cenacolo intellettuale. «Mi ricordo in particolare di due anni », scrive Pierluigi Locchi, «in cui il martedì sera ricevette nella nostra casa di SaintCloud, vicino Parigi, tutta una comitiva di studenti e di giovani attivisti, avidi di conoscenza, riuniti in due cicli di formazione, uno consacrato a Richard Wag ner e l’altro a Fr ie d r ich N ietz s ch e ». Tra questi studenti c’era anche Alain de B e n oi s t . Ricorda quest’ultimo in Memoria viva: «Quel gran fumatore dal viso stretto era molto loquace, spesso addirittura torrenziale, e aveva un cervello notevolmente organizzato. Conosceva alla perfezione le religioni indoeuropee. In microfisica, professava idee estremamente originali. Ma i suoi grandi interessi erano la filosofia di N ietz s ch e e la musica di Richard Wagner. […] Giorgio Locchi m’i nv i tava molto spesso a cena da lui, a Saint-Cloud, in compagnia di un piccolo gruppo di amici. C’erano sua moglie Elfride, di origine tedesca, il figlio Pierluigi e la figlia Ursula, senza dimenticare Uxie, un orribile cagnetto che mordicchiava i polpacci a tutti […]. I suoi articoli che ho pubblicato su No uv elle Éc o le - una decina - sono certamente tra i migliori mai apparsi sulla rivista». Secondo lo studioso P ie r re - André Taguieff, «Gio rgio L o c ch i ha fatto scoprire ad Alain de Benoist i pensatori della “rivoluzione conservatr ic e” tedesca, e gli ha in particolare permesso di leggere N ietz s ch e nella duplice prospettiva di una genealogia dell’egualitarismo moderno e della definizione di una “grande politica” fo ndata sull’idea europea». Pierluigi Locchi ci svela anche l’esistenza di un vasto lascito inedito, tra cui complessi ma originalissimi ragionamenti sulla «logica quadripolare», meta ultima del suo pensiero, ma anche un romanzo, I Barbari , che Locchi abbozzò, ma a cui non mise più mano, «neanche quando l’am ic o Sergio Leone, uno dei pochi intimi che poté leggerlo, in piena preparazione di C’e ra una volta in America, gli chiese di farne una sceneggiatura per il suo prossimo grande film». Forse abbiamo perso l’occasione per avere un capolavoro.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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