additando Mosca come colpevole. Mossa tra l’altro poco intelligente, quella di inimicarsi il principale fornitore in una fase di mercato caratterizzata dalla grave carenza.
GRAZIE AMERICA.....!
Proprio il Vecchio continente
si ritrova in una
posizione di
particolare vulnerabilità sul
fronte energetico simile a
quella vissuta negli anni Settanta. Una vera e propria situazione di crisi, quella che
sta investendo il mercato europeo, che ha già iniziato a
sfociare in fermate produttive non solo nel comparto dei
fertilizzanti, indispensabili
per garantire la
regolare fornitura nel comparto alimentare, ma anche in
quello siderurgico e metallurg ic o.
L’aspetto su
cui occorre soffermarsi è che,
a mano a mano
che i piani di
sviluppo in
nuova capacità
produttiva nel
carbone vengono ridimensionati, il gas viene visto come la fonte energetica sostitutiva almeno nel
breve termine, tanto da essere battezzato «il carburante
della transizione». Secondo
le stime dell’Iea, la domanda
di gas naturale liquefatto
(lng) crescerà del 7% rispetto
ai livelli pre Covid entro il
2024 e poi del 3,4% annuo
fino al 2035. In assenza di
nuovi investimenti, stima la
società di ricerca Wood Mackenzie, la domanda supererà
l’offerta per 160 milioni di
tonnellate nel 2035. Gli effetti sono già sotto gli occhi di
tutti: nell’ottobre 2021 il
prezzo spot del gas naturale
in Italia supera i 100 euro al
megawattora. Si tratta di un
aumento di oltre il +1.500%
rispetto ai livelli toccati nel
maggio 2020. La dinamica
valica ovviamente i confini di
casa nostra, se pensiamo che
anche il contratto Ttf, utilizzato come benchmark per il
mercato europeo, ha prodotto dallo scorso mese di maggio un rincaro ancora più
consistente del 2.220% e che
riflette il drastico calo delle
scorte fino al 20% al di sotto
della media degli ultimi cinque anni.
Molteplici sono le ragioni
che hanno determinato rincari così importanti che naturalmente si tradurranno in un
pesante aggravio della bolletta energetica
per consumatori e imprese. Oltre al forte aumento dei consumi, di cui abbiamo già parlato nel primo capitolo, ad aggravare la carenza
di gas in Europa
è giunto il minor flusso dalla
Russia attraverso l’Uc ra i n a .
[…] Il problema, insomma, è
sorto nel momento in cui la
richiesta europea sul mercato spot è aumentata. Una dinamica, questa, che, va detto,
è anche figlia della liberalizzazione dei mercati energetici europei, che ha spinto i
buyer europei a imporre a
fornitori strategici, come la
tanto vituperata Gazprom, di
abbandonare il metodo di indicizzazione fino a quel momento basato sul petrolio. Va
da sé che il nuovo metodo ha
funzionato in un contesto di
mercato caratterizzato dalla
sovraofferta, ma sta risultando controproducente in una
fase quale quella attuale caratterizzata dalla carenza di
gas. Il sospetto è che la Ue
mascheri il fallimento nella
gestione del dossier energia,
che ha avuto come risultato
quello di anteporre il concetto di convenienza del prezzo
a quello ben più strategico
d e ll ’energy security, additando Mosca come colpevole.
Mossa tra l’altro poco intelligente, quella di inimicarsi il
principale fornitore in una
fase di mercato caratterizzata dalla grave carenza, come
sanno i direttori acquisti di
una qualsiasi azienda manif attu r ie ra .
Non va poi trascurato il
forte rialzo del prezzo delle
emissioni di carbonio passato da 15 a 65 euro a tonnellata
nel periodo marzo 2020-settembre 2021, che ha spinto le
utilities ad aumentare i consumi di gas naturale a scapito
del carbone. L’impennata del
prezzo delle CO2 va inquadrata all’interno del piano
sul clima Ue annunciato nel
luglio 2021: ruota proprio
nella graduale rimozione
delle allocazioni gratuite
concesse ai settori energivori
al fine di stimolarli a procedere lungo la transizione
ecologica. […]
Realmente preoccupante
è il fatto che i depositi di stoccaggio europeo veleggiano
attualmente intorno 71%,
ben al di sotto non solo del
livello prepandemico dell’84%, ma anche della media
stagionale del 92%, aprendo
così al rischio di un’u l te r io re
impennata dei prezzi il prossimo inverno, soprattutto nel
caso in cui le temperature
dovessero scendere ben al di
sotto della media stagionale.
In quel frangente, stima
Bloombergnef, le scorte potrebbero assottigliarsi al 4%.
A peggiorare il quadro
giunge anche l’estrema difficoltà incontrata dagli importatori europei nel fare affidamento sul mercato internazionale del gas naturale liquefatto, i cui prezzi sono
esplosi al rialzo al pari degli
altri beni energetici in ragione dell’ingresso sul mercato
dei buyer cinesi attanagliati
dalla carenza di carbone nel
mercato locale. Il risultato,
beffardo per gli zelanti fautori dell’agenda green, è che oltre a dover fare i conti con
una grave restrizione sul lato
dell’offerta, sono tornati in
voga anche i consumi di carbone i cui prezzi spot in Europa hanno raggiunto a settembre i 200 dollari la tonnellata. L’aspetto poco rassicurante è che l’escalation di
rincari che hanno investito il
gas naturale, le emissioni di
carbonio e il carbone si è presentata in concomitanza con
il forte calo della produzione
di energia eolica determinata dai deboli venti che hanno
caratterizzato l’estate 2021,
dando così il via all’impennata speculare dei prezzi dell’energia elettrica.
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