STUPIDA RAZZA

mercoledì 1 dicembre 2021

Vogliono la scuola di Lady Gaga

 

Attende la sospensione, Martino Mora, il professore che si è rifiutato di fare lezione in presenza di tre studenti del liceo Bottoni di Milano travestiti da donne. «Non voglio la scuola di Lady Gaga».«La scuola non può essere un carnevale permanente». Il professor Mar tino Mora è tornato in aula in giacca e cravatta, accompagnato dagli sguardi torvi dei colleghi e dalle sue legittime convinzioni. Ha percorso il corridoio dove i ragazzi se ne stanno appoggiati alle pareti per protesta ed è entrato in classe a spiegare Storia e Filosofia agli alunni del liceo scientifico Bottoni, alla Ghisolfa di Milano dove di G iova n n i Testori non c’è più neppure il ricordo. Dopo il terremoto di giovedì scorso lo hanno seguito due classi («Una cinquantina di ragazzi, li ho invitati a discutere il caso e hanno aderito volentieri»); anche la quarta D che sabato aveva fatto lo sciopero della gonna è rientrata nei ra n g h i . A proseguire la protesta fuori dall’aula rimangono una ventina di studenti, strasicuri che non subiranno sanzioni anche se dovessero fare flanella fino a Natale. Hanno colto dai comportamenti conformisti delle orchestrine mediatiche e dei vertici scolastici che la società delle mode liberal ha scelto il capro espiatorio: quel malcapitato docente che ha osato scandalizzarsi nel veder comparire tre ragazzi vestiti da donna. Uno con un abito lungo che faceva drag queen, il secondo con il tutù da ballerina e il terzo con gonna e tocco «Fe d ez style» delle unghie pittate di rosso. «Per me era inaccettabile, ne ho mandato in presidenza uno e ho detto alla preside che mi sarei rifiutato di proseguire la lezione», spiega Mora al tel e fo n o. C i n qu a nt’anni, in cattedra da 15, autore di pubblicazioni storiche e pedagogiche, ha lo stesso cognome del barbiere G i a n g i ac o m o M o ra , processato e ucciso a Milano durante la peste del 600 dopo essere stato accusato ingiustamente d’e s s ere un untore. Fu risarcito con una via in zona Sant’A m b rog io. Il prof. è esterrefatto. «Adesso so di correre dei rischi, le palate di fango sono già arrivate e il provvedimento disciplinare seguirà. Ma ci sono principi non negoziabili: la scuola è un luogo in cui si trasmette il sapere ed esige un vestiario dignitoso. Io ci entro in giacca e cravatta, ma non per fare l’elegantone. Per r i s p etto » . La vicenda è nota. I tre studenti ritenevano di dover dare un segnale forte di solidarietà nella Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, l’i n s eg n a nte ha deciso che la mascherata avesse poco di solidale e molto di carnevale, anche perché la stragrande maggioranza dei ragazzi si era presentata con più opportune sciarpe e foulard rossi. Così Mora aveva chiesto di essere sollevato dalla lezione di Storia in presenza della clownerie. Forse sarebbe bastata una nota sul registro ma con il senno di poi è facile pontificare. Sta di fatto che il prof. si è inalberato e la dirigente, Giovanna Mezzatesta, gli ha dato torto: «L’ho invitato a tornare in classe perché in quel modo avrebbe violato il diritto allo studio degli studenti. Posto davanti all’alternativa se tornare in cattedra o andare a casa, è andato a casa». Ora la sospensione è in canna, nel frattempo sono partite ben altre punizioni sociali rieducative. I post degli scioperanti sono arrivati a 8000 like su Instagram, attorno al docente è in atto una shitstorm di proporzioni omeriche. E i guardiani del politicamente corretto su siti e giornali hanno preso a manganell a rl o. Andando a vedere la sua pagina Facebook si leggono critiche contro Mario Draghi (e questo è grave). Lui prova a difendersi: «Qualcuno si è pure inventato che avrei detto che “le donne non sanno leggere”. Ma le pare? Sarebbe come darmi dell’imbecille, mettermi addosso uno stigma che non va più via. Tutto perché ritengo che per solidarizzare con le donne non sia necessario, per dei maschi, entrare in classe vestiti da donna». Poiché lo strano sarebbe lui, la scuola gli ha fatto terra bruciata attorno schierandosi immediatamente con i ragazzi travestiti («I docenti del Bottoni sono orgogliosi del vostro coraggio e del vostro impegno, avete tutto il nostro sostegno!»). In questi tempi di appiattimento sul pensiero unico il riflesso condizionato radicale funziona alla perfezione. Un collega particolarmente scandalizzato ha approntato una mozione di censura, non prima di essersi a sua volta smaltato di vermiglio le unghie. È scesa in campo anche l’Un io n e degli studenti di Milano che, al grido di «scuola laica, solidale, accessibile», ha stigmatizzato il comportamento del prof. con un comunicato in stile transgender, caratterizzato dall’asterisco al posto dei plurali maschili e femminili. Non poteva mancare lo s c hwa . «Nella scuola non devono esserci discriminazioni», si legge. Certo, tranne che per un docente di buonsenso. Mora attende il plotone d’esecuzione con la schiena dritta. «Sono un cattolico tradizionalista, non credo sia un reato. Il paradosso è che mi trovo a difendere la scuola di B e n edetto Croce, Francesco De Sanctis, Giovanni Gentile e Antonio Gramsci da chi vuole trasformarla nella scuola di Lady Gaga». Battaglia persa, al rogo. T u tt’al più fra un paio di secoli Milano gli intitolerà una via.

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