STUPIDA RAZZA

giovedì 3 marzo 2022

Anche le criptovalute nell’accerchiamento finanziario di Mosca

 

È la domanda da Russia e Ucraina ad aver messo le ali al bitcoin che, in controtendenza con i mercati finanziari, questa settimana ha messo a segno un balzo attorno al 15% fino a oltre 44mila dollari. Come spesso negli scenari di crisi, la rete decentralizzata delle criptovalute diventa lo strumento per fare transazioni al di fuori dei canali ufficiali. Da una parte viene quindi utilizzata per aggirare le sanzioni già decise nei confronti di banche, aziende e oligarchi, come già nel recente passato in Iran e Corea del Nord, dall’altra per mettere al riparo i propri patrimoni dalla svalutazione del rublo e dal divieto di esportazione di valuta imposto dalla Banca centrale russa a protezione di un sistema bancario in fragile equilibrio. Ma anche, per esempio, per raccogliere fondi, come gli oltre 30 milioni di dollari di donazioni in neanche una settimana a favore di Kiev. I Governi occidentali - Stati Uniti in testa, ma anche la Ue come ha confermato ieri l’Ecofin - si preparano ora a completare l’accerchiamento finanziario nei confronti di Mosca adottando un blocco alle operazioni in criptovaluta, azione estremamente difficile da mettere in pratica in maniera sistematica ma che dà l’idea della volontà di ridurre al minimo i rivoli finanziari da e verso la Russia. E che si confronta con l’opposizione degli exchange, le piattaforme che rappresentano lo snodo per il passaggio tra valute tradizionali e nodi delle blockchain delle criptovalute. In nome dell’ispirazione libertaria delle criptovalute, i maggiori exchange hanno già espresso il loro rifiuto a collaborare nel blocco dei capitali in assenza di decisioni ufficiali. «Le criptovalute vogliono garantire una maggior libertà finanziaria alle persone in tutto il mondo: decidere unilateralmente di vietare l’accesso vorrebbe dire rinnegare le ragioni per cui sono nate», ha affermato un portavoce di Binance, il più grosso exchange globale. Dello stesso tono la reazione di Coinbase, la piattaforma forse più nota: «Un bando totale e unilaterale andrebbe a punire i cittadini russi che sono già vittima dell’instabilità della valuta a causa dell’aggressione del loro governo nei confronti di un Paese vicino». Sia Binance, che Gemini dei gemelli Winklevoss, si sono però detti disponibili a bloccare le criptoattività degli utenti russi in presenza di una  decisione internazionale. «Abbiamo riunito una task force dedicata che include esperti di sanzioni internazionali al fine di adottare le misure necessarie per assicurarci di agire contro coloro che hanno subito sanzioni, riducendo al minimo l’impatto sugli utenti innocenti», ha spiegato Binance. Le reazioni sono arrivate dopo che nei giorni scorsi la Casa Bianca avrebbe iniziato a sondare gli exchange per verificare che individui e aziende russe non usino le valute digitali per aggirare le sanzioni finanziarie. Prima degli Usa, il vice premier ucraino, Mykhailo Fedorov, aveva chiesto via Twitter agli “exchange” di bloccare gli account russi. La moral suasion potrebbe però non bastare in assenza di un intervento coordinato. D’altra parte l’esperienza degli ultimi anni lascia spazio ad azioni mirate a bloccare le transazioni in criptovalute in determinati Paesi o nei confronti di alcune valute, per esempio il rublo. Ma, in un mondo che fa della decentralizzazione la sua bandiera, le armi delle autorità di controllo sono spuntate. Possono funzionare per gli exchange che rispettano le regole per la registrazione, ma non per quelli che hanno sede in paradisi fiscali o località esotiche che possono sfuggire a qualsiasi controllo. La Russia è uno dei paesi più attivi sulle criptovalute, anche a causa della scarsa fiducia nel sistema bancario. Nonostante le ripetute minacce da parte del Governo russo di un’imminente messa al bando, un recente report del governo russo indica in oltre 12 milioni i wallet digitali detenuti da cittadini russi con asset per oltre 20 miliardi di dollari. Il Paese è anche il terzo al mondo per il mining. Anche se non arrivano conferme da fonti ufficiali, quel che è certo è che le intelligence occidentali stanno intensificando le attività di controllo sulla blockchain di bitcoin. Le due agenzie inglesi, MI5 e MI6, hanno chiesto al più grande exchange europeo, Bitstamp, di fornire i dati su una serie di clienti. Intanto l’Fbi americano ha pubblicato un bando per dotarsi dei software più aggiornati per il tracciamento dei fondi nel criptomondo. Ufficialmente l’obiettivo è perseguire gli asset legati alla criminalità organizzata e al terrorismo internazionale. Ma non si può escludere che nel mirino ci siano proprio i patrimoni legati al Cremlino e agli oligarchi russi sempre più sotto assedio.

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