Nelle sale del ministero del Lavoro di A n d rea O rl a n d o andrà in onda oggi l’enne - simo fallimento su l l ’ex Ilva di Taranto. È previsto infatti un nuovo incontro tra i sindacati, il governo, Regione Puglia e i vertici di Acciaierie d’Italia: sul tavolo ci sono 3.000 dipendenti da mettere in cassa integrazione fino al 2025 con il rischio di nuovi esuberi. È un fallimento tutto targato centrosinistra, tra politici di riferimento della zona come Francesco Boccia, il presidente della regione, M ich el e E m i l i a n o, il ministro O rl a n d o e soprattutto l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, attuale numero uno (in scadenza) di Invitalia. E tutto questo avviene mentre uno degli intellettuali di riferimento del Pd come il conduttore Corra - do Augias, ha di fatto sostenuto che acciaierie e fabbriche non hanno un’anima, mentre invece ce l’avrebbe avuta un giornale come l’Esp resso, da poco venduto dagli E l ka n n a Domenico Iervolino. Su Twitter ieri c’è chi ha ricordato al conduttore della Rai e firma di Re p ub b l ic a che «anche gli operai hanno un’anima, anzi, anche famiglia». «Oggi ci sarà la solita ammucchiata di autorità che ormai non serve più a niente» spiega Antonio Talò, segretario generale della Uilm tarantina, a La Verità. «Noi non ci spostiamo da quanto abbiamo già ribadito la scorsa settimana, non firmeremo accordi di cassa integrazione. Confidiamo che il ministro O rl a n d o ab - bia un approccio diverso da quello dell’a m m in i s tratore delegato Lucia Morselli. Ci auguriamo che si prendano le loro responsabilità. La vera domanda è: quando il governo si prenderà le sue responsabilità?» aggiunge. La Uilm è ferma agli accordi del 2018, quando si arrivò al piano industriale dopo la realizzazione di un piano ambientale con il via libera della Commissione europea. Nel 2018 si partì con 14.200 persone per arrivare a 10.700. Era stato fissato un parametro: su 6 milioni di tonnellate di produzione avrebbero dovuto lavorare a Taranto 8.200 lavoratori. Inoltre, come aveva ricordato il segretario generale Rocco Palombella nei giorni scorsi «i circa 2.000 in amministrazione straordinaria sarebbero dovuti rientrare a lavoro con la risalita produttiva e comunque entro la fine di realizzazione del piano». Quell’accordo esiste ancora, come anche le garanzie occupazionali. Gli ultimi aggiornamenti sulla situazione delle acciaierie tarantine sono arrivati la scorsa settimana. Acciaierie d’Ita li a ha proposto la cassa integrazione per 3.000 dipendenti. La Uilm si è subito messa di traverso, ricordando che la misura presentata dall’azienda non è accettabile, anche perché prefigura il licenziamento di almeno 1.700 lavoratori. Allo stesso tempo non sono ancora terminate le polemiche per l’articolo del milleproroghe voluto dal governo, affossato dal Pd, che prevedeva lo spostamento di 570 milioni di euro per il piano ambientale proprio ad Acciaierie d’Italia. «Sono le nozze con i fichi secchi: 570 milioni devono essere destinati alle modifiche. Qui servirebbero almeno 4 miliardi, con progetti seri» continua Ta - lò. Insomma, l’ultimo anno appena trascorso appare bruciato. «Ci continuano a ribadire che servono 10 anni per rilanciare l’ex Ilva, ma se incominciamo domani è un conto, se non iniziamo mai ce ne vorranno altri 20» afferma Ta l ò , che non risparmia critiche nemmeno a Domenico Arcuri, attuale amministratore delegato di Invitalia in scadenza, piombato nella vicenda Ilva con una quota del 38%. «Quando lo abbiamo incontrato lo scorso anno ci aveva spiegato che doveva ancora studiare il dossier ed entrare nel merito. Ma non è mai successo. Questa compartecipazione non l’ab - biamo mai vista», chiosa Talò. La posizione dell’ex commissario straordinario è delicata. La sua poltrona è in scadenza a fine marzo. E chi si insedierà al suo posto dovrà gestire il passaggio allo Stato, previsto per maggio, della maggioranza di Acciaierie d’Italia. In teoria le quote dovrebbero essere ripartite con il 60% allo Stato mentre Arcelor Mittal scenderà al 40% (ora è al 62%). Ma l’operazione è a rischio. Il fatto che A rcu r i sia in uscita, con i vertici vacanti di Invitalia, non aiuta. La situazione delle nostre acciaierie è una contraddizione in essere. La guerra tra Russia e Ucraina ha bloccato le importazioni del settore siderurgico da quelle zone (molte acciaierie si trovano nel Donbass). In teoria, quindi, potrebbe essere l’occasione per il rilancio del mercato interno, de ll’Ilva in particolare, unica con una autonoma produzione di acciaio integrale. Rischiano di mancare all’appello almeno 5 milioni di tonnellate di prodotti intermedi per un giro d’affari di almeno 3 miliardi di euro. L’Italia non può fare a meno di quei semilavorati dell’export siderurgico ucraino. C’è così il rischio dell’aumento delle materie prime, come ghisa, rottame e composti di ferro. La nostra produzione nazionale è al palo, dopo la chiusura degli altoforni di Trieste e Piombino. Anche in Toscana Invitalia e Jindal non hanno prodotto nulla di significativo e i sindacati parlano ormai di blackout di informazioni. La speranza forse è il Gruppo Arvedi, appena arrivato a Terni. Ma con la provvidenza si può fare molto poco.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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