STUPIDA RAZZA

mercoledì 16 marzo 2022

Non discriminate i bambini non vaccinati


Sebbene autorevoli ricerche e l’esempio di alcuni Paesi sconsiglino l’inoculazione, prosegue la campagna per vaccinare i più piccoli. A scuola chi non s’adegua è «punito» con la Dad, alla faccia del principio di precauzione e del diritto delle famiglie.È un dato di fatto che da ormai due anni i minori, a partire dai bambini, vivono frequentemente in isolamento e in una connessa condizione di fragilità, per non dire di terrore. E ciò sia per via del clima di irragionevolezza e confusione che ha spesso accompagnato i provvedimenti governativi anti-Covid, sia per il martellante bailamme di notizie mediatiche, tra l’a l tro sovente contraddittorie. Anche in questi giorni in cui la tragedia della guerra in corso è giustamente al centro delle preoccupazioni del mondo intero, nel nostro Paese prosegue il mantra della campagna vaccinale, con un focus particolare sulle fasce d’età più giovani. Sottotraccia, ad esempio, si continua ad insinuare che i bambini infetterebbero più degli adolescenti e questi lo farebbero con la stessa intensità degli adu l t i . Si tratta, a ben guardare di asserzione clamorosamente smentita da autorevoli fonti scientifiche, quale il Scientific Brief dell’Oms del 29 settembre scorso, quando si dichiarò apertamente che «il ruolo preciso di bambini e adolescenti nella trasmissione complessiva richiede ulteriori indagini, l’infezione causa sintomi lievi». Non solo. Dai dati del rapporto si evince pure che, dal 30 dicembre 2019 al 13 settembre 2021, «i bambini sotto i 5 anni rappresentano l’1,8% dei casi totali e lo 0,1% delle morti». Sale sì il dato col salire dell’età, ma di poco: «Da 5 ai 14 anni rappresentano il 6,3% … le morti rimangono allo 0, 1 % » . Ciò nondimeno s’insi ste nella vaccinazione dei minori e nella richiesta di green pass per le loro attività sociali e sportive basilari, per quanto non si versi in uno stato di emergenza e, soprattutto, per quanto non risulti ancora definito con certezza il rischio che questa fascia di popolazione corre con la vaccinazion e. Si tratta di posizione irrazionale, al punto che perfino l’Oms ha considerato assurda detta vaccinazione poiché esporrebbe agli effetti collaterali dei preparati anti-Covid una categoria che comunque ne è praticamente immune. Analogamente, sia Norvegia che Svezia sconsigliano la vaccinazione dei bambini motivando col fatto che i rischi sono maggiori dei benefici; mentre la testata svizzera on line In fo s p e rb e r s os t ie n e che «i vaccini non sono sul mercato da abbastanza tempo per essere sicuri che non succeda qualcosa di terribile quando vacciniamo i bambini». Pure oltre Oceano ci sono Paesi importanti sulla stessa lunghezza d’onda, se si pensa che in Giappone lo Japan Institute of Pharmacovigilance afferma come «i vaccini Covid possano comportare un rischio di morte almeno sette volte superiore rispetto al virus stesso per le persone fino ai 20 anni». Orbene, nonostante gli anzidetti autorevoli pronunciamenti continua la vergognosa discriminazione tra minori vaccinati e non, collocando questi ultimi in Dad, alla faccia della segnalazione dell’Or - dine nazionale degli psicologi per il quale la Dad «aumenta la propensione all’i s o l a m e nto nel pianeta digitale»; al contrario, stenta a decollare un concreto progetto di adeguata aerazione delle aule, progetto che, con tutta evidenza, sarebbe di vitale importanza. Invece, si continua imperterriti ad imporre l’obb l i go del green pass per accedere ai mezzi di trasporto, in tal modo violando il diritto allo studio degli studenti non vaccinati, ecc. Alla faccia dei diritti costituzionali e dei diritti umani, in generale. In siffatto caos, che vede languire la scuola e le famiglie, spesso sottoposte a una congerie di circolari e decreti sovente contraddittori, è doveroso indicare alcuni punti fermi quale contributo per uscire da un tunnel non più to l l e rabi l e. In primo luogo, attesa la delicatezza e la fragilità dei destinatari delle decisioni in parola, cioè i minorenni, è assolutamente utile, finanche doveroso, riferirsi al cosiddetto «principio di precauzione» risalente alla Conferenza Onu di Rio de Janeiro del 1992 e ripreso nel 2000 dalla Commissione Europea. Si tratta di un presidio fondamentale sia nel campo giuridico che in quello sanitario, che viene così definito: «Strategia di gestione del rischio nei casi in cui si prospettino effetti negativi sulla salute degli esseri umani, ma i dati disponibili non consentano una valutazione completa del rischio». Alla sua luce, dunque, una preliminare valutazione scientifica oggettiva indica che vi sono ragionevoli dubbi di temere che i possibili effetti nocivi sulla salute di esseri umani possano essere incompatibili e contraddittori con il livello di protezione stabilito dalle norme. In secondo luogo - ma non in ordine d’importanza, trattandosi invece di un principio basilare riconosciuto sia dalla nostra Costituzione (art. 30) che dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uo m o (art. 26) - spetta primariamente alla famiglia il dirittodovere di educare e istruire i figli. Siffatta libertà di scelta è davvero riconosciuta oggi alla luce del caos normativo regnante in tema di vaccini e connessi? Pare proprio di no! E come si potrebbe pensare di essere davvero liberi senza poter liberamente educare i propri figli? Per non tacere poi che molti si stracciano le vesti evocando l’art. 32 della Carta e l’iv i sancito principio di autodeterminazione terapeutica (spesso a sproposito, confondendo trattamenti sanitari con cure di sostegno vitale, alimentazione, idratazione, ecc…ma questa è un’altra storia), di certo non conculcabile alla luce delle sopra menzionate evidenze scientifiche. Al Ministro competente un appello: che i provvedimenti governativi in materia contribuiscano a ricostruire il patto di corresponsabilità famiglia - scuola, due pilastri fondamentali per la nostra Nazione. E, conseguentemente, non discriminino gli alunni sulla base della scelta vaccinale effettuata dalle famiglie, anche sulla scorta del basilare principio che la libertà di educazione è della famiglia, così come sancito dai menzionati documenti nazionali e internazionali. Troverebbe in tal modo anche pratica attuazione il salutare enunciato ministeriale per il quale «la scuola è in presenza, ed è un diritto».


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