E POI STI PRACULI ROMPONO IL CAZZO A ME !
Poi qualcuno comincia a
scavare. Pensavamo che nella
narrazione della guerra in
Ucraina il livello marciapiede
fosse stato raggiunto dall’Uni -
versità Bicocca di Milano con
Fedor Dostoevskij ma non
avevamo tenuto conto dell’al -
to magistero di Mark Zuckerb e rg . In perenne lotta contro il
Male e con alle spalle maestri
come i personaggi di Star Trek,
il miliardario siliconvallico in
bermuda ha lanciato la sfida a
Vladimir Putin punta nd ogl i
contro la portaerei Facebook e
l’incrociatore fotografico Instagram. Missione «cacca nel
ventilatore». Da oggi chi vorrà
insultare lui, gli oligarchi, i
russi in generale o Ivan Drago
in particolare avrà facoltà di
farlo liberamente sui suoi social network. Altro che aviazione polacca.
L’annuncio del generale
Zuck da Menlo Park scalda i
cuori tormentati dell’O c c idente pacifista: «A seguito dell’invasione russa abbiamo
temporaneamente concesso
forme di espressione politica
che normalmente violerebbero le nostre regole. Ad esempio
post violenti come invocare la
morte agli invasori russi». Nella dichiarazione di guerra sono consentiti messaggi estremi: inneggiare allo scioglimento nell’acido di Putin e
Alexander Lukashenko (pre -
sidente bielorusso) porterà a
note di merito. E per una più
capillare penetrazione dell’odio dei buoni, la censura sull’hate speech è stata tolta
espressamente nei paesi del
contesto geografico interessato: Armenia, Azerbaigian,
Estonia, Georgia, Ungheria,
Lettonia, Lituania, Polonia,
Romania, Russia, Slovacchia,
Uc ra i n a .
L’agenzia Reuters è entrata
in possesso di alcune mail sensibili. Una è così strutturata:
«Stiamo rilasciando un’i ndennità per consentire discorsi violenti quando a) si prendono di mira i soldati russi, tranne i prigionieri di guerra; b) si
prendono i mira i russi dove è
chiaro il contesto dell’invasio -
ne». C’è un punto «c» più contraddittorio degli altri in senso
liberale: sarebbe consentito
l’elogio dell’ucraino battaglione Azov di inclinazioni neonaziste, normalmente bandito
dai social. Della serie: i nemici
dei miei nemici sono miei amici, finché mi fa comodo. Nudi
alla Meta(verso). Nel senso che
la policy a elastico è l’u l te r io re
conferma di tre peccati originali della macchina da like: la
presunta neutralità dei social
media è una favola per analfabeti funzionali; la libertà di
espressione è un rubinetto da
aprire o chiudere a seconda
dei desiderata e della visione
del mondo del capo; la strategia di comunicazione geopolitica viene decisa dal proprietario delle autostrade digitali,
vale a dire il Pentagono.
Al di là del contesto comunque sorprendente, la discesa
in campo dei giganti digitali
come riservisti del pensiero è
qualcosa che va oltre il folclore. E non ha niente a che vedere con il confusionismo conformista caro all’O cc id ente
sul divano, come potrebbe essere l’appello ai «due gradi in
meno dei termosifoni», utile
come cantare dal terrazzo
mentre il Covid uccideva il
nonno. La decisione di Menlo
Park si inserisce piuttosto nell’alveo del progressismo distruttore: arrivare alla purezza del pensiero (unico, privo di
sfumature) distruggendo o ridicolizzando la stessa libertà
di pensiero. In fondo l’olezzo è
sempre lo stesso: il disprezzo
delle idee, tranne quelle centrifugate allo zenzero dei sociopatici della Silicon Valley.
Anche se Puti n fa di tutto
per attirarselo, l’odio a senso
unico promulgato per legge
dai campioni delle libertà sorprende. Stesso filone del Black
Lives Matter (se non ti inginocchi sei un razzista), dell’ecolo -
gismo militante (l’uomo malvagio è quello civilizzato) e della dittatura delle minoranze
(l’eterno risarcimento per esserlo). Così i social diventano
un pomposo tribunale che
non ha niente di virtuale e che
condiziona i cittadini, non solo nella scelta dell’enoteca o
del contorno per il pollo alla
diavola. Ma dell’opinione su
una guerra.
La decisione di schierare la
divisione Facebook è piaciuta
zero al Cremlino che per reazione ha scatenato la tempesta
perfetta. Il portavoce Dmitr y
Pe s kov ha fatto sapere: «Prenderemo provvedimenti se i
network gestiti da Meta non
fermeranno gli appelli alla violenza contro i russi, compreso
il personale militare». In poche ore due conseguenze: l’en -
te regolatore russo dei media
ha limitato l’accesso a Instagram (dopo avere bloccato nei
giorni scorsi Facebook e Twitter). E l’ambasciata russa a
Washington ha chiesto a Jo e
B id e n di «porre freno alle attività estremiste del gruppo di
Zucke r b e rg ». Il vice responsabile del Comitato per le tecnologie e comunicazioni, A nto n
G orel ki n, ha denunciato la
major americana: «Quello che
stanno facendo è chiamato incitamento all’odio razziale,
che in Russia si qualifica come
e s tre m i s m o » .
L’escalation sul fronte della
guerra asimmetrica ha risvegliato dal sonno ancestrale anche l’Onu. «Il cambio di policy
di Facebook desta allarme», ha
dichiarato il portavoce dell’al -
to commissario per i Diritti
Umani, Michelle Bachelet. «Il
potenziale ampliamento della
violenza sui post è preoccupante e la questione verrà affrontata con l’azienda». Sono
anni difficili e con queste mosse Zucke r b e rg si candida a diventare la Greta Thunberg del
pensiero unico globale. Oggi si
venera e domani si odia, tutti
insieme. Indro Montanelli in -
segnava che «è molto più facile
e comodo essere pecora del
gregge che essere uomo». Non
aveva idea dei followers.
Nessun commento:
Posta un commento