STUPIDA RAZZA

martedì 1 marzo 2022

Le sanzioni contro lo zar rischiano di essere un boomerang per l’Italia

 

L’info rmazione ha messo l’elmetto. Risultato, nella guerra scoppiata tra Russia e Ucraina si fatica a distinguere ciò che è vero da ciò che è falso. Perfino gli inviati esperti, forgiati da anni trascorsi sui fronti più infuocati, oggi non sono in grado di orientarsi nella disinformatia, un tempo prerogativa di Mosca, ma ormai patrimonio anche della parte avversa. Con il risultato che degli sviluppi del conflitto si capisce poco e perfino le modelle, armate di fucili finti, vengono usate a dimostrazione della rivolta popolare contro l’i nva s io n e. Non molto diverso è l’ap - proccio quando si parla di conseguenze della guerra. Prendete per esempio il tema del gas, cioè la questione che ci riguarda più da vicino in quanto pesa sui nostri portafogli. A leggere le cronache che accompagnano i provvedimenti del governo, il problema sembra risolto con il riavvio delle centrali a carbone e il cambio di fornitore: invece di Mosca, Algeri o Doha. Tutto bene, insomma, perché chiudendo un rubinetto e aprendone un altro, la nostra economia non sarebbe più attaccata alla canna del gas di Puti n . In realtà, le cose non stanno proprio come le raccontano e la difesa del diritto di Kiev di sottrarsi all’abbracc io dell’orso russo rischia di costarci parecchio di più di quanto ci venga raccontato. I conti sono presto fatti: noi importiamo da Mosca quasi la metà del gas che consumiamo. Per l’esattezza, si tratta del 46 per cento, pari a 33,4 miliardi di metri cubi. L’idea che si possa agevolmente passare dalla Russia ad Algeri o al Qatar è una sciocchezza, e non soltanto perché i maggiori esperti di gas spiegano che sostituire rapidamente 33 miliardi di metri cubi di gas è praticamente impossibile, ma anche perché mancano le infrastrutture, cioè il tubo a cui attaccarsi o il rigassificatore in cui immagazzinare il gas liquido. Il tanto contestato Tap, ovvero il gasdotto trans adriatico che approda a Melendugno, oggi eroga otto miliardi di metri cubi e aprendo il rubinetto può arrivare nei prossimi mesi a 10, ma per raddoppiare ci vorrà del tempo. Quanto alla Libia, di cui ha parlato lo stesso presidente del Consiglio, la situazione politica non fa prevedere che si possa contare su una fornitura diversa da quella attuale, senza contare che il controllo del Paese è diviso tra turchi e russi. Ammesso e non concesso che si possa ricorrere al gas liquido, comprandolo dagli Stati Uniti o dal Giappone, c’è il problema di dove metterlo, perché a differenza di Paesi come la Spagna che ne ha sette, noi possiamo contare solo su tre rigassificatori, uno dei quali neppure pienamente in funzione. Insomma, al momento non si capisce come potremmo rinunciare al gas russo, se non, come fa notare un esperto, imponendo «misure volontarie o obbligate di risparmio energetico per ridurre i consumi». Tradotto, l’ipotesi è di introdurre dei blackout programmati. Potenzialmente anche a carico delle famiglie, cioè gli utenti residenziali: programmare delle sospensioni di energia nelle aziende, pur possibile, equivarrebbe a fermare la produzione, con conseguenti ricadute sul Pil e sull’economia reale, e con il risultato di dire addio alla r i p re s a . (BINGO !) Gli italiani a cui toglieranno la luce potranno tuttavia consolarsi con l’idea di contribuire a una battaglia di libertà e a fermare l’i nva s io - ne ordinata da Puti n . Ma siamo sicuri che sia proprio così? Da giorni i principali quotidiani insistono sulle sanzioni come arma efficace per fermare l’avanzata dell’esercito russo. L’e s c lu s io - ne di Mosca dal circuito delle transazioni finanziarie internazionali sarebbe in grado di mettere in ginocchio il Paese e di indurre lo zar del Cremlino o chi per lui alla resa. Peccato che America ed Europa abbiano adottato una versione selettiva delle sanzioni, mettendo nel mirino gli oligarchi e alcune banche, ma lasciando libere le transazioni che si riferiscono ai pagamenti per le forniture energetiche. Escludere totalmente la Russia dal circuito Swift avrebbe reso infatti impossibile comprare da Mosca il metano che serve a tenere accesa mezza Europa e, come abbiamo cercato di spiegare, sarebbe stato un danno per Puti n , ma anche per l’intera Ue. Dunque, le misure economiche varate contro l’i nva - sione dell’Ucraina hanno una falla non di poco conto, perché il gas rappresenta la metà delle esportazioni russe e vale circa il 30 per cento del Pil di Mosca. Non solo, da quando i venti di guerra hanno preso a spirare, il prezzo al metro cubo è praticamente raddoppiato, passando da 0,50 euro di fine anno a 0,91 euro di fine febbraio. Per capire meglio quanto siano efficaci le sanzioni, bisogna però tornare al 2020, quando un metro cubo di gas quotava appena 11 centesimi. Che cosa vogliamo dire? Che in poco più di un anno il prezzo del gas è aumentato di nove volte e, grazie al gas, Puti n finanzia la sua guerra. America ed Europa minacciano altri provvedimenti e armano l’Ucraina, ma un flusso di denaro che non può essere arrestato continua a sostenere lo zar della nuova e aggressiva Russia e questo purtroppo spiega tante cos e.

Nessun commento:

Posta un commento