Dalla Calabria al Piemonte lo scenario non cambia. Sulle montagne la neve non c’è, i laghi sono vuoti come i fiumi, ridotti praticamente a ruscelli. Con il risultato che il comparto idroelettrico è allo stremo, costretto a fermare gli impianti per assenza d’acqua. Mancano, infatti, riserve e accumuli di neve che rappresentano alleati irrinunciabili in questo periodo per le centrali. Quattromimila quelle disseminate lungo la penisola che mediamente producono 45 terawattora di energia elettrica l’anno, il 15% del fabbisogno italiano a fronte di un consumo complessivo per il Paese di circa 300 TWh. Ma quell’asticella preziosa è fortemente a rischio per il 2022. Ecco perché il settore lancia un grido d’allarme e si prepara a chiedere, con una doppia missiva indirizzata al presidente del Consiglio Mario Draghi e al capo del Dipartimento della Protezione Fabrizio Curcio, il riconoscimento dello stato di calamità naturale in modo da poter beneficiare della sospensione di rate relative a mutui e leasing, di canoni e sovracanoni. Ma anche per sottolineare l’estrema difficoltà del settore nel sottostare all’annunciato prelievo sugli extraprofitti approvato dal governo a fine gennaio, poi riformulato e ora contenuto in un emendamento al Sostegni Ter su cui la commissione Bilancio del Senato sarà chiamata a votare all’inizio della prossima settimana. Un provvedimento i cui effetti sono già stati quantificati dall’associazione con un taglio del 70% dei ricavi. «Il comparto versa in una situazione veramente drammatica - spiega, al Sole 24 Ore, Paolo Taglioli, direttore generale di Assoidroelettrica, la principale associazione di categoria che riunisce 427 operatori per 4,5 miliardi di chilowattora annui prodotti, il 40% delle società del settore -. Sull’arco alpino in questi giorni abbiamo meno del 90% della risorsa e la totale assenza di neve, anche in alta quota, fa presagire il peggio per la primavera e l’estate». E le prospettive sono tutt’altro che rassicuranti. «A oggi - prosegue Taglioli - non è dato sapere quando questa situazione di alta pressione si interromperà per lasciare spazio a nuove perturbazioni. Sull’Appennino le condizioni sembrano leggermente migliori, ma in alcune zone l’acqua manca completamente e in altre i valori riscontrati sono meno dell’80%. E anche a Sud, in Calabria, le centrali stanno lavorando a circa il 30% del carico, ma anche lì la mancanza di neve non fa ben sperare per la primavera». Insomma, il quadro è estremamente fosco come emerge anche dai racconti raccolti dal Sole 24 Ore tra gli operatori. Filippo Maggia, gestore di 30 impianti in Piemonte, non nasconde la sua preoccupazione. «Il problema più grande è la mancanza totale di neve in montagna. Nei valloni, soprattutto nella Val Sesia, dove, al momento dovrebbero esserci accumuli di neve alti 10-15 metri non c’è niente. Lo stesso scenario anche nel Biellese. Per non dire dei laghi, come quello di Ceresole Reale, sotto il Gran Paradiso, completamente asciutto». Stesso allarme anche in Emilia-Romagna, dove a parlare è Barbara Franchi, proprietaria di una centrale idroelettrica sull’Appennino bolognese. «Siamo molto preoccupati perché da metà gennaio, non produciamo e febbraio abbiamo lavorato pochissimo. Per il mese di marzo, poi, le previsioni sono pessime e di questo passo non riusciremo a far fronte a pagamenti di concessioni, mutui e quant’altro. Ed è una situazione che si protrae ormai da diversi anni». E scendendo verso il Mezzogiorno le condizioni restano molto gravi. «In Calabria, nel periodo autunnale abbiamo raggiunto la sufficienza, ma adesso viaggiamo al 30%, siamo molto al di sotto delle medie sperate, è un anno piuttosto secco», lamenta Marco Mancuso, che possiede due impianti nella Regione. Il grido d’allarme, dunque, è lo stesso. Per questo nella lettera inviata a Palazzo Chigi l’associazione metterà in fila i numeri del disastro e tornerà a chiedere un passo indietro sulla norma degli extraprofitti. Poi partiranno le iniziative dei singoli con Assoidroelettrica che, nel momento in cui sarà riconosciuto lo stato di calamità naturale, inviterà gli associati a chiedere al Gestore dei servizi energetici (Gse) il recupero del periodo incentivato corrispondente alla fase di siccità.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
martedì 15 marzo 2022
L’idroelettrico lancia l’allarme: la siccità ferma gli impianti
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