STUPIDA RAZZA

mercoledì 16 marzo 2022

Non fermeremo Putin a colpi di embarghi

 

Quasi sessant’anni fa, dopo aver seguito per il New Yorker le fasi del processo ad Adolf Heichmann, Hannah Arendt scrisse La banalità del male, descrivendo la superficialità e la mediocrità di un individuo che mise in pratica lo sterminio degli ebrei. Da allora la banalità del male l’ab - biamo reincontrata in molti altri eccidi e da ultimo è alle radici di ciò che sta accadendo in questi giorni in Ucraina, con i civili massacrati sotto le bombe. Tuttavia, oltre a quella del male,c’è anche la banalità del bene, o, meglio, dei buoni. I quali, mentre aumenta il numero delle vittime non sanno far altro che sfilare per le vie del centro gridando «Libertà», come se bastasse sventolare la bandiera giallazzurra per fermare Puti n . O fosse sufficiente affermare che ogni popolo ha diritto all’autodetermina - zione e, se lo ritiene, anche di entrare nella Nato, per far tacere i cannoni. Sì, la banalità del bene a volte va di pari passo con quella del male. Anzi, qualche volta la favorisce, con discorsi di principio che non tengono conto della realtà. E spesso con l’in - tenzione di fare del bene si finisce per ottenere il contrario. Tra i cantori della banalità del bene ieri si è iscritto d’u f f ic io anche Massimo Gramellini, il quale sul Corriere della Serase l’è presa con chi, a proposito dell’invasione russa, sostiene che la situazione sia più complessa di come venga rappresentata dalla maggioranza dei giornali. Secondo il collega chiunque provi a dire che per capire ciò che è successo in Ucraina i fatti debbano essere guardati da più prospettive e non solo da una, è in realtà un fautore della Pax putiniana, che, tradotto in linguaggio corrente, credo equivalga a essere ritenuto un sostenitore dell’Armata russa, ovvero un giustificazionista dell’e c c id io. Infatti, portando il ragionamento all’estremo, Gramelli - ni si spinge a dire che chiunque descriva qualche «cosa avvenuto prima della violenza contribuisce a spiegarla se non a giustificarla». Così si avventura in una serie di esempi: «Lo stupratore va condannato, ci mancherebbe, ma se la ragazza non avesse indossato la m i n i go n n a … Lo svaligiatore di case è colpevole, colpevolissimo, però si tratta di un disperato che non andava messo nelle condizioni di non avere più nulla da perdere…Anche il lupo della favola era mortificato dalla purezza fin troppo ostentata dell’agnello. Il quale, sia detto per inciso, non beveva affatto sotto di lui, ma sop ra …». Chiaro no? Spiegare i fatti, analizzare le cause, intravedere degli errori senza attenersi strettamente ai fatti di cronaca che abbiamo sotto gli occhi rischia di essere fuorviante, perché anche se la situazione è complessa noi dobbiamo sostenere che è semplicissima e come tale va affrontata senza farsi distrarre da altro. Soprattutto senza tentare di sbrogliare una matassa che è aggrovigliata. Perché la banalità del bene non accetta che si cerchi di capire come si sia arrivati alle bombe, ma è convinta che ci sia una sola motivazione alle origini di un conflitto e dunque un solo modo per contrastarlo. In pratica la banalità del bene si mette al servizio della banalità del male, facendo la guerra alla guerra, o meglio facendola fare ad altri, per procura, senza spiegarla in quanto se lo facesse rischierebbe di giustificarla, e dunque nei fatti continuandola. Alle armi si risponde con le armi. All’aggressore con un’al - tra aggressione. Perché il bene non ammette cedimenti e dunque neppure negoziati. Che questo significhi moltiplicare le vittime è un aspetto secondario, un semplice effetto collaterale, che non importa a chi si è autoproclamato cantore del bene e semplificatore delle questioni complesse (pazienza che in passato si accusasse i populisti di fornire risposte semplici a problemi complessi). Puti n può essere pazzo o un criminale di guerra, ma pensare che si debba capire perché abbia invaso l’Ucraina e dunque che cosa possa indurlo a fermarsi, cioè a smettere di uccidere, capire quale sia la merce di scambio che eviti il massacro, secondo Gramelli - ni significa trasformarsi in una specie di don Ferrante che negava la peste con dovizia di argomenti. Ma qui nessuno nega che Puti n sia l’invasore e nemmeno tra noi c’è chi evita di parlare di invasione, come vorrebbe il Cremlino. Tuttavia, ci sono solo due modi per fermare il conflitto in atto: o la Nato, cioè i Paesi occidentali dichiarano guerra alla Russia (e come è chiaro non ne hanno alcuna intenzione) oppure America ed Europa provano a cercare la pace. Come abbiamo spiegato fin dal primo giorno, ovvero fin dal momento in cui abbiamo capito che con la complessità delle parole si nascondeva l’impotenza di chi difendeva il bene, la battaglia è impari e non la si combatte togliendo ai russi la possibilità di comprare una Vuitton o una Chanel, riempiendoli però di miliardi comprando il loro ga s . Si cita spesso ciò che accadde nel 1938, quando H i tl e r in - vase la Cecoslovacchia. All’epoca le grandi potenze non fecero nulla e questo secondo i G ra m el l i n i dovrebbe far riflettere. Ha ragione, ma non credo che se la Gran Bretagna o la Francia avessero proibito la vendita di champagne ai tedeschi il Führer avrebbe rinunciato ai Sudeti. Così come non credo che le sanzioni di oggi fatte a colpi di Swift e di blocco dell’export di vodka e caviale fermeranno Puti n . L’economia russa ne uscirà danneggiata, ma rischia di uscirne a pezzi anche quella europea e, in particolare italiana, (NON RISCHIA,CONFERMATO !) perché le perdite miliardarie subite da Mosca hanno come effetto collaterale perdite miliardarie anche per la nostra industria. Sintetizzo: il bene non lo si ottiene solo sfilando e urlando libertà e nemmeno applicando l’embargo dei prodotti di lusso. Del resto, la Germania non si arrese per astinenza da ostriche, ma capitolò quando gli Stati Uniti e la Russia entrarono in guerra. Ma forse questo è troppo complesso da capire per chi detesta le complessità e ama le banalità.

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