Dopo l’Ungheria, ora ci si è messa anche la Serbia, a bloccare l’export di cereali verso i Paesi europei. Esattamente un mese fa, il 9 di marzo, Belgrado ha comunicato non solo che non avrebbe firmato nuovi contratti di fornitura di grano e mais, ma che non avrebbe nemmeno dato corso ai contratti vecchi, quelli chiusi nell’autunno del 2021, che avrebbero dovuto rifornire gli acquirenti di grano tra marzo e giugno di quest’anno. E se l’allarme per le forniture ungheresi è rientrato proprio in questi giorni, grazie anche al pressing fatto dalla Commissione europea, il blocco della Serbia è ancora in vigore. Con la differenza che, non essendo Belgrado nell’Unione europea, a nulla valgono in questo caso né il principio cogente della libera circolazione delle merci, né le minacce di infrazione. Inoltre, nel caso della Serbia, ogni Stato è costretto a fare da sé, muovendo il proprio apparato diplomatico. In Italia mangimisti e mugnai sono di nuovo in allarme. Se dall’Ungheria escono 3,5 milioni di tonnellate di mais, una buona fetta delle quali diretta verso il nostro Paese, la Serbia esporta circa 1,5 milioni di tonnellate fra mais e grano. Numeri più piccoli, certo, eppure rischiano di essere comunque destabilizzanti in una fase di incertezza come questa: il buco nelle forniture creato da Belgrado arriva infatti in una fase terminale della campagna cerealicola, in cui trovare nuove forniture dell’ultimo minuto diventa pressoché impossibile. Nel nostro Paese gli ultimi carichi di grano dalla Serbia sono arrivati i primi di marzo. Ora per aprile, maggio e giugno è tutto fermo. Agli operatori italiani era stato detto che, dopo le elezioni, il file si sarebbe sbloccato. Ma a Belgrado si è votato la scorsa domenica, e ad oggi non si registra nessun passo in avanti. «I contratti bloccati sono quelli firmati sei mesi fa: la Serbia può decidere che per ragioni di fabbisogno alimentare interno non ne farà di nuovi, ma quelli già siglati vanno onorati - sostiene il presidente di Federalimentare, Ivano Vacondio - questo blocco su grano e mais non si spiega, tanto più che in tutti gli altri comparti tra Belgrado e l’Italia intercorrono scambi regolari». Così come le decisioni - ora rientrate - dell’Ungheria, anche il blocco della Serbia rischia di avere un effetto al rialzo sui prezzi dei cereali. E dire che negli ultimi dieci giorni le quotazioni di mais e grano tenero alla Borsa merci di Bologna, punto di riferimento in Italia per le contrattazioni fisiche dei prodotti agricoli, erano finalmente scese sotto quota 400 euro a tonnellata. «Sul mercato nazionale - spiega Vacondio - il prezzo è calato perchè i produttori devono svuotare i magazzini in vista dei nuovi raccolti e in questi giorni hanno immesso sul mercato più cereali di quanti non ne venissero richiesti. Ma sulle principali piazze di scambio mondiali, cioè Chicago e Parigi, il grano tenero è aumentato ancora».
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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