Andrea Zhok, professore di Filosofia morale all’Università di Milano, ha da poco pubblicato Lo Stato di emergenza( M e l te - mi), un libro affilato che molto ha da dire sulla salute della nostra democrazia, e che per tanti versi prosegue il discorso iniziato con il saggio Critica della ragione lib e rale. Professore, sembra in questi giorni che stia combattendo una nuova guerra in nome della «ragione liberale» contro le tenebre dell’oscuranti - smo. Da una parte i buoni dall’altra le forze della reazion e… «La retorica liberale si è costruita, dal punto di vista storico, appunto come una retorica della libertà, termine che la parola “l i b e ra l e”evoca. Nei fatti, però, da ormai mezzo secolo la ragione liberale si sta dimostrando la più strettamente intenzionata ad avere un controllo serrato sulle anime. Diciamo un controllo mediatico, che in qualche modo consenta a determinate concentrazioni di potere di indirizzare le democrazie a proprio piacimento » . Si potrebbe obiettare che nelle dittature la situazione dei media sia stata e sia pegg io re. «Oggi viviamo una situazione paradossale. Se riflettiamo sulla gestione dei media nelle dittature, ci rendiamo conto che, per fare un esempio, La P ravd a nell’Urss era presa in giro dai sovietici. Nessuno - o comunque pochi - credeva a ciò che il giornale riportava, perché si dava per scontato che quel tipo di informazione irregimentata fosse inaffidabile. Invece, oggi nelle democrazie siamo abituati a dare credito alla dimensione mediatica proprio perché si ritiene sia plurale, libera. E questa è una leva straordinaria. Una potenza che in questa fase storica, per la prima volta a mio avviso, si sta esercitando appieno, e in modo inquietante » . Da un lato abbiamo la guerra vera, in Ucraina. Dall’a ltro una sorta di guerra immaginaria, combattuta sui social, nei talk show, con le dichiarazioni molto combattive dei politici … Sembra che molti siano convinti di essere davvero al f ro nte. «Queste forme di cooptazione dell’opinione pubblica presentano un rischio grandissimo. E cioè che le classi dirigenti - le quali inizialmente guidano e indirizzano l’o pinione pubblica - finiscano per essere in buona parte vittime della loro stessa propaganda». E dove sta il pericolo secondo lei? «Semplificando, la verità ha due componenti. C’è il livello del discorso, in cui io e lei, parlando possiamo essere d’a ccordo. E poi c’è la realtà esterna, la durezza delle cose. Nel momento in cui la propaganda prende il sopravvento, fatalmente ci dimentichiamo della verità esterna. Cominciamo a credere a prescindere dalla rea l tà » . Sta accadendo questo? « L’atteggiamento dei leader europei sulla guerra, sulle sue origini e sulle sue conseguenze mi pare qualcosa di delirante. Stiamo correndo dei rischi spaventosi. Sento Draghi che parla di condizionatori. Altro che condizionatori, non c’è proprio la percezione di cosa sia in gioco in questa fase. Potremmo ritrovarci tra pochi anni in una situazione ingestibile a livello interno. Veniamo da due anni di gestione pandemica catastrofica, in cui la situazione scaturita dalla crisi del 2008, mai recuperata, si è esacerbata. E adesso vediamo Draghi che dice “ma sì dai, tirate giù il riscaldamento”. Vuol dire che i politici vivono in una realtà parallela, e grazie ai mezzi di cui dispongono la proiettano tutt’attorno fino a scavalcare la verità esterna». Chi cerca di mettere in dubbio la realtà parallela subisce pesanti attacchi. Un tempo erano gli apparati statali a esercitare la censura. Oggi sembra che i primi a chiedere la testa dei dissenzienti siano proprio i media. «Non dobbiamo dimenticare che in questa fase la concentrazione di potere nelle mani di gruppi ristretti è massima. Siamo abituati a pensare che n el l ’Occidente contemporaneo il potere sia diffuso, ma non è così. Il potere è per lo più concentrato nelle strutture finanziarie, che con poco sforzo possono cambiare equilibri a livello produttivo, politico e mediatico, anche perché quasi tutti i maggiori produttori di notizie hanno rapporti diretti con gruppi in cui il numero dei decisori è molto ridotto». Insomma, il potere è saldamente nelle mani di una élite. Si tratta solo di questo? «No, il meccanismo è sottile. La classe dirigente, nel mondo dell’informazione, è selezionata preventivamente in base alla sua partecipazione al progetto storico globalista e neoliberale. Cioè: chi è al vertice c’è perché è partecipe. Quindi non ha bisogno di particolari incentivi: se ha fatto carriera è perché forniva determinate garanzie. L’attuale sistema ha consolidato un’egemonia che è refrattaria alle forme di dem o c ra z i a » . Le faccio la consueta obiezione: se non le piace la nostra democrazia, vada in Russia. «Già. Come se allo schiavo che si lamenta rispondessimo: “Non sei contento del padrone? Vai da un altro padrone”. Il punto è che io non voglio la schiavitù. A me interessa far funzionare la nazione in cui sono nato e vivo, non raddrizzare le gambe agli ayatollah. Di quelli si occuperanno gli iraniani, della Russia si occuperanno i russi. Ma se vengono tradite le premesse della democrazia di cui io sono cittadino, allora ho un problema». Le stiamo tradendo? «Guardi, ogni Paese ha sviluppato anticorpi per i propri problemi. Paesi come Russia e Cina, Paesi privi di tradizione democratica, sviluppano forme trasversali di resistenza, canali che suppliscono ai deficit del sistema. Da noi succede qualcosa di diverso. La democrazia è il cuore del nostro modello, la ragione per cui vi si aderisce. Non è un elemento collaterale, ma è l’e lemento centrale, di cui possiamo essere orgogliosi, ed è il presupposto per il funzionamento di tutto il resto. Il sistema delle istituzioni può funzionare se funziona la base democratica». Qu i n d i ? «Quindi il problema odierno è che la base democratica sta scivolando, in maniera drammatica e in buona parte inconsapevole, verso qualcosa di diverso. Non parlo tanto dei tratti caratteristici della repressione come la censura esplicita o la cancella del diritto di manifestazione. Ci sono anche questi tratti, sì, ma la cosa più grave mi sembra che l’opinione pubblica venga guidata in forma, diciamo, artefatta. In una democrazia, il governo del popolo non avviene mai con il bastone, ma con la guida delle anime. E oggi, sistematicamente, si cerca di indottrinare le anime a tutti i livelli: scolastico, accademico, med i at ic o…». Faccio di nuovo l’av vocato del diavolo: chi si lamenta oggi non sa cosa sia la censura. Come ha detto qualcuno: Alessandro Orsini, in fondo, deve rinunciare a 2.000 euro di compenso, mica lo mandano in carcere. «Occorre chiarire una cosa. La censura oggi non funziona come 150 anni fa. In un mondo come quello di oggi, dove c’è un sovraccarico di informazioni, il potere non ha la necessità di esercitare il 100% del controllo. Questa necessità esisteva nel Risorgimento, quando esistevano tre giornali. Il controllo oggi si esercita in termini m a g g io r i ta r i » . Un esempio? «Invito uno in tv. Lo faccio parlare. Ma prima e dopo di lui metto due bastonatori di profe s s io n e » . L’invitato è libero di dire la sua, ma complessivamente ne esce male. «Questo è un tipo di operazione in cui si mantiene l’ap - parenza del pluralismo negandola nella sostanza. Quando hai condotto le persone in una direzione, puoi anche concedere che una minoranza abbia un titolo di rappresentanza laterale, in tribuna». Quello che si sente dire a proposito di Orsini, o di Tony Capuozzo, o di altri sotto attacco, è che non devono atteggiarsi a vittime, a perseguitati, perché in fondo sono dei p r iv i l eg i ati . «Certo. Il gioco è proprio quello di dire: “Ma scusa, tu sei uno dei nostri, come ti permetti di incrinare il racconto, di prendere una parte che non è la nostra?”. Questa è una operazione scandalosa in democrazia. L’intellettuale se ha dignità e spina dorsale è proprio questo che deve fare: occuparsi del suo Paese, non della sua presunta parte». Però c’è anche chi si atteggia un po’a martire. E magari a farlo è proprio chi, con la scusa di essere «contro il potere», le spara grosse. Screditando chi invece si oppone con toni e argomenti ragionevoli. « L’amplificazione delle componenti folkloristiche è un gioco in cui il mainstream eccelle. Se ci sono due persone una accanto all’altra, una che porta argomenti pacati e l’al - tra esagitata, viene dato più spazio alla seconda. Ma il punto centrale qui non riguarda il folklore o i complottismi. Il punto è: perché scatta la ricerca di verità alternative? Succede quando le verità ufficiali non sono più affidabili. Quando, ad esempio, Wikipedia cambia le voci. A questo punto è un istinto naturale quello di formulare congetture alternative. Molte saranno false, altre no. Dobbiamo prendere in considerazione anche le opzioni improbabili o estreme, anche eventualmente per scartarle. Ma non succede. Nel corso della pandemia abbiamo visto una sistematica violazione dei protocolli scientifici consolidati, una falsificazione senza precedenti, e tutti coloro che sollevavano obiezioni, non solo in Italia, sono stati messi a tacere, minacciati di conseguenze disciplinari, messi al bando, esclusi, radiati… Tendiamo a dimenticarlo, ma sono state fatte cose molto gravi, che costituiscono un precedente pericoloso». Già. Un precedente che si sta ripetendo ora.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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