Non ci basta più mutilare la vittoria dello zar; vogliamo sconfiggerlo. Ma seguire gli Usa nell’es ca lation potrebbe portarci oltre la linea rossa che ci separa dalla guerra mondiale.La lingua italiana ci inganna: una guerra mondiale non «scoppia»; è un abisso in cui ci si addentra poco a poco. Purtroppo, è il copione che stiamo seguendo nella crisi russo-ucraina. L’ipocrisia che occulta la politica dietro la morale - noi agiamo perché è stato violato il diritto internazionale, o per punire i crimini contro l’uma - nità - complica l’identificazio - ne dei nostri obiettivi. Ma pare di percepire un riposizionamento: la strategia occidentale è passata dal proposito di armare gli ucraini per portare al tavolo un Vladimir Putininde - bolito, a quella di condurre Kiev fino alla vittoria definitiva. «È un disegno promosso soprattutto dagli americani e che ha preso piede in Ucraina, man mano che la resistenza ha maturato fiducia nelle proprie capacità», conferma alla Ve rità il generale Leonardo Tricarico, ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica. Quali conseguenze possa comportare l’ambizione di annientare il nemico, l’ha illustrato S e rge j Ka ra ga n ov. Il 2 aprile, l’ex consigliere dello zar ha dichiarato a The New States ma n: «La Russia non può permettersi di perdere, dunque abbiamo bisogno di un qualche genere di vittoria. E se avessimo l’impressione di star perdendo la guerra, allora credo ci sarebbe sicuramente la possibilità di un’e sc al ation». Di che tipo? L’ha spiegato a Federico Fubini, ieri, sul C o r rie re: «Gli americani e i loro partner Nato continuano a inviare armi all’Ucraina. Se va avanti così, degli obiettivi in Europa potrebbero essere colpiti o lo saranno per interrompere le linee di comunicazione». Magari è un’intimidazio - ne verbale. E benché Karaga - n ov snobbi l’impegno alla mutua assistenza in caso di attacco, sancito dall’articolo 5 del Patto atlantico («Non c’è garanzia automatica che l’A lleanza intervenga»), Mosca dovrebbe avere presenti i pericoli di allargare l’o ffe ns iva. «Non si può permettere una guerra alla Nato», liquida la minaccia Pietro Batacchi, direttore della Rivista italiana d i fesa . Persino il portavoce del Cremlino, Dmitry Pe s kov, ha gettato acqua sul fuoco, dichiarando che la Russia non considererebbe una minaccia esistenziale l’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia e che l’«operazione speciale» potrebbe concludersi presto. Le grandi potenze, comunque, spesso si comportano proprio come descritto da Ka - ragan ov: quando avvertono che la sconfitta è vicina, usano le misure drastiche. Si pensi al Vietnam: a Richard Nixon e ra chiaro che la guerra fosse perduta, eppure la Casa Bianca ordinò di bombardare segretamente la Cambogia. Nei raid morirono tra 600.000 e 800.000 persone. D’a l tro n d e, gli unici ordigni atomici mai impiegati, a Hiroshima e Nagasaki, servirono agli Usa per forzare la resa del Giappone e dare un taglio al conflitto. Germano Dottori, docente di studi strategici alla Luiss, è allarmato: «Certo che c’è il rischio di un’escalation. Per evitare la sconfitta, i russi faranno di tutto. Una situazione del genere non si verificava dai tempi della crisi di Cuba». Non sappiamo se davvero Puti n, preso dal panico per u n’eventuale débâcle, o per sbloccare il pantano ucraino, si risolverà a impiegare le armi nucleari tattiche, come paventava, in un’intervista a Fanpa - g e, l’analista russo Pavel Lu - zin. In ogni caso, una guerra convenzionale, che dal Donbass si estendesse, per esempio, alla Polonia e in seguito agli altri Paesi Nato, sarebbe meno tragica e sanguinosa? A fare la differenza sarà il modo in cui in cui il Cremlino percepirà gli scopi dell’inter - vento occidentale. È sembrato che la Russia si fosse rassegnata al nostro piano di contenimento e al naufragio delle mire di conquista su Kiev. Ma dai primi invii di tank in Ucraina, traspare la nostra intenzione di non consentire allo zar neanche una via d’uscita onorevole, con concessioni in Crimea e nel Donbass. È un ragionamento cinico? Sì. Ma sia chiara l’alternativa: senza una trattativa, la «guerra lunga» che annuncia, spavaldo, Lu i g i Di Maiopotrebbe trasformarsi nella terza guerra mondiale. « L’Europa», incalza il generale Tr ica r ic o, «deve far capire a Stati Uniti e Gran Bretagna che non ha più intenzione di seguirli nell’escalation. Puti n non si vuol fermare? Può darsi, ma non glielo stiamo nemmeno più chiedendo». Invero, forse né Washington né Kiev sono dei monoliti. I furenti proclami di Jo e B id e n , inclusa la sortita sul regime c h a n g e, sono stati più volte corretti, ora dai funzionari, ora da An - thony B lin ke n. E al militarismo del ministro Dmy tro Ku - l e ba hanno fatto da contraltare, almeno fino a pochi giorni fa, le aperture ai negoziati dello stesso Volodymyr Z el e n s ky. Gli spiragli, tuttavia, si stanno chiudendo. E l’Europa è nel pallone. Da un lato, teme di spingersi oltre le sanzioni al caviale. Dall’altro, si lascia trascinare dal bellicismo per procura degli Usa, rinfocolato dal massacro di Bucha e dal missile di Kramatorsk. Che è caduto giusto in tempo per la visita in Ucraina di Ursula von der Le - ye n eJosep B o r rel l . Sono indegne macellerie, certo. Ma domandiamoci: per vendicare le vittime, siamo pronti a scatenare l’ap o c a l i s s e?
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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