STUPIDA RAZZA

venerdì 1 aprile 2022

Industria chip sotto pressione per il neon dell’Ucraina

 

Tra gli allarmi per l’economia risuonati pressoché contemporaneamente all’inizio della guerra in Ucraina c’è quello relativo ai semiconduttori, già messi a dura prova dalle strozzature nella supply chain causate dalla pandemia. Il perché è presto detto: l’Ucraina produce circa metà del gas neon mondiale utilizzato per i laser che incidono i wafer di silicio da cui vengono prodotti i chip, essenziali per smatphone, computer, auto. Con l’esplodere del conflitto Ingas and Cryoin - due aziende con sede rispettivamente a Mariupol e Odessa che da sole producono, secondo i calcoli di Reuters, tra il 45 e il 54% del neon per semiconduttori - hanno chiuso i battenti: la prima dopo pochi giorni, la seconda già il 24 febbraio. Un duro colpo per la domanda mondiale di questo gas, sottoprodotto della lavorazione dell’acciaio, calcolata in 540 tonnellate metriche nel 2021 dalla società di consulenza TechCet. Basti pensare che Ingas, prima della guerra, produceva tra le 15 e le 20 tonnellate al mese e Cryoin tra le 10 e le 15. Non è detto poi che, dopo un lungo stop, le aziende siano in grado di ripartire subito. E se su petrolio e gas gli Stati Uniti sentono meno dell’Europa gli effetti della crisi ucraina, non altrettanto si può dire per il neon (assieme a palladio e C4F6, altri due elementi chiave per la lavorazione dei semiconduttori), dove anche Washington dipende da Ucraina e Russia. È vero che le aziende clienti hanno fatto tesoro dell’esperienza negativa del 2014, quando dopo guerra in Crimea e annessione della penisola i prezzi del neon salirono del 600 per cento. Così oggi – come ha spiegato a CNBC Peter Hanbury, analista di Bain & Co. - aziende fornitrici di neon e produttori di chip hanno fatto scorte che li mettono al riparo da carenze nelle forniture per un periodo variabile tra i tre e i dodici mesi. E sono stati individuati nuovi fornitori del prezioso gas, per esempio in Cina. Questo però tutela soprattutto i maggiori produttori, come Intel, Samsung e TSMC; i piccoli rischiano molto di più. Resta poi il problema dei prezzi, aumentati comunque del 500% da dicembre, anche per effetto dei colli di bottiglia nella catena di forniture dovuti alla pandemia. Le ricadute su diversi settori industriali rischiano dunque di essere pesanti. Prima di tutto sull’industria dell’auto che, secondo le recenti previsioni di Standard and Poors Global Mobility, per effetto della guerra in Ucraina potrebbe subire un calo della produzione globale di veicoli di 2,6 milioni nel 2022.

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