STUPIDA RAZZA

domenica 3 aprile 2022

La Banca di Cina tra conflitto e rischio bolla immobiliare

 

P er la banca centrale cinese il conflitto in Ucrania può diventare una tossina. La ragione è semplice: da mesi la Banca di Cina, con una massiccia politica monetaria espansiva, mira ad ottenere un duplice obiettivo, contando sulla ripresa dell’economia mondiale: stimolare una domanda aggregata anemica, ed evitare lo scoppio della bolla immobiliare. Ma la crisi ucraina può minare questo disegno. È una storia che si racconta con tre fotografie macroeconomiche. La prima fotografia è dello scorso dicembre: l’anno 2021 era partito con una forte accelerazione del PIL, con un primo trimestre che aveva registrato una crescita di oltre il diciotto per cento. Il motore? le esportazioni nel resto del mondo, trainate dalla ripresa economica mondiale. La zavorra? Una debole domanda aggregata interna. Una zavorra che iniziava a pesare: la crescita totale, complice anche la ripresa delle quarantene anti-Covid. aveva iniziato così a decellerare, registrando a fine anno un valore inferiore del cinque per cento, per giunta minore di quel sei per cento che rappresenta il “numero magico” programmatico della pianificazione cinese. Il governo di Pechino reagiva così con una politica monetaria fortemente espansiva. In dicembre la Banca di Cina riduceva il coefficiente di riserva obbligatoria per le banche, in modo da consentire una espansione del credito, lasciando intendere che tale passo era solo il primo, in coerenza con le espansioni monetarie del 2015 – cinque riduzioni – e del 2019 – sei riduzioni. La liquidità doveva crescere anche per un’altra fondamentale ragione: evitare lo scoppio della bolla immobiliare. La politica monetaria espansiva veniva messa in atto anche in presenza di una crescita dell’inflazione, che riprendeva a superare il due per cento. Il messaggio era chiaro, in aperta controtendenza con le prime avvisaglie di una normalizzazione della politica monetaria americana; una svalutazione dello yuan era messa in conto, anzi gradita. La seconda fotografia è scattata a febbraio, prima dell’aggressione militare di Putin. L’economia cinese continuava il suo rallentamento, ed i mercati continuavano a guardare al rischio bolla immobiliare. L’iniziale previsione per il 2022 di una crescita economica superiore all’otto per cento veniva ridimensionata al cinque per cento. La politica monetaria veniva così resa ulteriormente espansiva, anche se l’avvio della normalizzazione monetaria a Washington iniziava a consigliare prudenza alle autorità monetarie cinese, attente a non esagerare con la svalutazione dello yuan, vista l’ambizione di sviluppare, nel medio termine, il ruolo della moneta cinese negli scambi internazionali, con tutte le implicazioni in termini di stabilità del suo valore. La terza fotografia è quella attuale, all’indomani dell'avvio della crisi ucraina. All’inizio di marzo Pechino celebrava l’annuale congresso del Partito, che, nell'ambito della definizione complessiva del disegno di politica economica, dettava anche la linea dell’azione monetaria: conferma dell’orientamento espansivo, ma anche della crescente attenzione ad evitare eccessive svalutazioni. Il corridoio di azione è diventato più stretto. In parallelo, arrivano cattive notizie dal lato esportazioni. Si conclude la serie di avanzi commerciali, dopo ventidue mesi continuati. Cosa è accaduto? Rallenta l’economia mondiale, soffrono le esportazioni cinesi. Non basta: c’è un effetto diretto della crisi ucraina sui flussi di capitale, che è il contrario di quello di solito registrato nei momenti di crisi nei Paesi emergenti. In passato, tali crisi hanno registrato un aumento dei flussi di capitale verso la Cina, percepito come un porto più sicuro. Questa volta è diverso: l’appetibilità dei titoli cinesi cala, come indica lo spread rispetto a quelli americani, che dai 127 punti base di fine 2021 è sceso a marzo a 32 punti base. Più dura il conflitto, più i rischi macroeconomici aumenteranno. Anche per Banca di Cina. 

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