STUPIDA RAZZA

domenica 3 aprile 2022

Lavrov in India per offrire greggio Ma Washington lancia l’allarme

 

L’equilibrismo del premier indiano Narendra Modi si fa sempre più acrobatico, in bilico tra la dipendenza dalla Russia, soprattutto per le armi, e quella dagli Stati Uniti, in chiave anti-cinese. Se Mosca tira da una parte, cercando di rinsaldare i legami con uno dei pochi Paesi che non hanno ancora condannato l’invasione dell’Ucraina, dall’altra parte sale l’irritazione di Washington. In questi giorni, a New Delhi, il traffico di ministri e diplomatici è intenso. Ieri è arrivato il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, per una visita di due giorni, durante la quale offrirà all’India il petrolio Ural, che Mosca non riesce più a vendere ai Paesi del fronte alleato. La Russia è disposta a fare prezzi stracciati, con saldi fino a 35 dollari al barile rispetto ai livelli precedenti all’invasione. L’India ha già acquistato almeno 13 milioni di barili di greggio russo dalla fine di febbraio, rispetto ai circa 16 milioni per l’intero 2021 (dati Reuters). Indian Oil Corp ha un contratto con la russa Rosneft, che dà al principale raffinatore indiano un’opzione per acquistare fino a 15 milioni di barili nel 2022. Sarebbe solo il punto di partenza, anche se la capacità di raffinazione di greggio Ural da parte degli impianti indiani è limitata. Tra i temi in agenda, c’è anche l’adozione di un sistema di pagamenti in rubli e rupie per regolare le transazioni. Mosca vorrebbe  coinvolgere New Delhi nel suo Spfs, alternativo allo Swift, per sfuggire alle sanzioni del blocco alleato che sostiene l’Ucraina. Lavrov (che è appena stato in Cina) intende poi mettere al sicuro i legami nella difesa: la Russia è il primo fornitore di armi dell’India. La visita dell’emissario del Cremlino si è quasi sovrapposta a quella del vice consigliere per la sicurezza nazionale Usa, Daleep Singh, architetto delle sanzioni contro Mosca. Washington, ha detto Singh, non vuole vedere una «rapida accelerazione» dell’import di energia russa da parte dell’India, ma non traccerà «linee rosse». Gli Usa, ha aggiunto, «sono pronti ad aiutare l’India a diversificare le sue risorse energetiche e nella difesa». Anche l’ipotesi di un sistema di pagamento russo-indiano irrita Washington. L’esclusione di alcune sue banche dal meccanismo Swift è tra le più efficaci delle sanzioni finora adottate. «Non vorremmo vedere sistemi progettati per sostenere il rublo o minare il sistema finanziario basato sul dollaro o per aggirare le nostre sanzioni», ha affermato Singh, aggiungendo che «ci sono conseguenze per i Paesi che lo fanno». L’alto funzionario Usa ha poi indicato l’avvicinamento in atto tra Mosca e Pechino, con la prima in posizione di «junior partner», per avvisare New Delhi: «Non ci si può aspettare che la Russia venga in vostro soccorso in caso di future tensioni al confine tra India e Cina», dove gli scontri proseguono da due anni. Da Washington, ha rincarato la dose la segretaria al Commercio, Gina Raimondo: «Ora è il momento di stare dalla parte giusta della storia, con gli Usa e decine di Paesi, a difesa della libertà, democrazia e sovranità del popolo ucraino e non finanziando e aiutando la guerra del presidente Putin». La misura dell’intensità del pressing Usa diventa chiara se a tutto questo si somma la telefonata tra il segretario di Stato Antony Blinken e il ministro degli Esteri, Subrahmanyam Jaishankar, mercoledì, il giorno prima dell’arrivo di Lavrov nella capitale indiana. Dove ieri c’era anche la ministra degli Esteri britannica, Liz Truss. A Jaishankar, Truss ha proposto di rafforzare i legami nella difesa. Di fatto, Londra si offre come alternativa per ridurre la dipendenza strategica dell’India dalla Russia.

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