STUPIDA RAZZA

sabato 2 aprile 2022

«L’azione di Fed e Biden non frenerà l’inflazione e causerà recessione»

«La lotta della Fed contro l’inflazione è tardiva e insufficiente; nel breve non riuscirà a sconfiggere il carovita ed alla fine causerà una recessione. E Biden rischia di peggiorare le cose con politiche fiscali decisamente inflazionistiche e al contempo contrarie alla crescita. Insomma: il mix di politiche monetarie e fiscali di Powell e Biden è deleterio». Arrigo Sadun non usa mezzi termini. E arriva a pronosticare, per gli Stati Uniti, una probabilità di recessione al 95% nell’arco dei prossimi 12 mesi. Capoeconomista al ministero del Tesoro tra il 2003 e il 2005, consigliere degli ex ministri Giulio Tremonti e Domenico Siniscalco e direttore esecutivo del Fondo Monetario Internazionale dal 2005 al 2012, Sadun ha successivamente fondato la TLSG-International una società di advisory sui rischi geopolitici e i trend macro-economici. Partiamo dalla natura dell’inflazione. Fino a qualche mese fa il presidente della Fed, Powell, sosteneva che fosse temporanea, ora invece la ritiene strutturale. Dove sta la verità? L’inflazione attuale deriva da tre cause: due shock e un fattore di base. Il primo shock è legato al Covid e alla interruzione parziale delle catene globali delle forniture. Il secondo è arrivato con la guerra in Ucraina che ostacola l’approvvigionamento delle materie prime non solo energetiche. Questi due shock, in effetti, hanno natura temporanea e dovrebbero riassorbirsi in tempi relativamente brevi. Rimane però lo squilibrio di fondo creato da politiche monetarie eccezionalmente permissive. Negli anni passati gli effetti inflattivi di queste politiche sono stati bilanciati dalla deflazione causata dalla globalizzazione (bassi costi di produzione e contenimento dei salari). Questo meccanismo è sempre più contestato e le pressioni inflazionistiche non sono più contenibili. Quindi l’inflazione non è solo il risultato di shock temporanei ma un fenomeno duraturo, che richiederà una brusca correzione della politica monetaria per riportarlo sotto controllo La Fed ora sta reagendo. Tanti sostengono che sia anzi diventata troppo aggressiva. Effettivamente un correzione di rotta c’e stata, ma le misure prese e quelle annunciate sono ancora largamente insufficienti perché si basano su previsioni dell’andamento dell’inflazione che non sono realistiche. È estremamente improbabile che l’inflazione scenda dai livelli attuali al 2,5% a fine anno. Oggi la Fed questo prevede e dunque adegua gli incrementi dei tassi a questa stima. Invece è molto probabile che l’inflazione a dicembre sia ancora intorno al 5-6%. In tal caso i rialzi dei tassi previsti non saranno sufficienti. Servirà di più. Questo significa che la Fed fallirà l’obiettivo di controllare  l’inflazione e in più rischia di innescare una recessione? Esatto. Ma l’analisi degli effetti monetari deve essere scandita nel tempo: occorrono diversi mesi prima che le misure monetarie abbiano effetto sull’economia reale. È probabile che nei prossimi mesi ci sia un certo rallentamento dell’inflazione man mano che si esauriscono gli shock esterni (catene di produzione e guerra in Ucraina). Ciò genererà l’illusione che le misure della Fed siano efficaci e che essa riuscirà ad effettuare un “atterraggio morbido dell’economia”. Politicamente è molto utile per la Fed e per Biden che si arrivi alle elezioni di “mezzo termine” di novembre con la percezione che l’inflazione stia rientrando e che l’economia e l’occupazione siano in crescita. Ma anche ammettendo che l’inflazione scenda al 5-6%, questi sono livelli incompatibili con gli obiettivi della Fed. Quindi, dopo le elezioni, la Fed sarà costretta a riprendere la stretta con maggior decisione per riportare finalmente l’inflazione sotto controllo anche a costo di causare una recessione. Ma nel 2024 ci saranno le presidenziali. Infatti. Una volta passate le elezioni di Mid-term, la Fed avrà la via libera per combattere aggressivamente l’inflazione anche a rischio di causare una recessione purché tutto ciò avvenga ben prima della successiva scadenza elettorale del 2024. Uscendo dalla recessione i Democratici si potranno presentare all’elettorato con un’economia in ripresa e un’inflazione ormai debellata. Naturalmente questi calcoli sono molto aleatori. Non è detto che l’inflazione possa essere domata in tempi relativamente brevi, né che l’economia sia in grado di superare rapidamente un’eventuale recessione. L’effetto dell’altra leva di politica economica, quella fiscale, sarà decisiva. Cosa dovrebbe fare Biden? Dovrebbe smettere di proporre politiche economiche altamente inflazionistiche e misure antibusiness. Biden ha presentato al Congresso un Budget fortemente espansivo della spesa pubblica e un grandioso piano di trasformazione dell’economia (Build Back Better) di un importo calcolato intorno ai 4 mila miliardi di dollari nei prossimi 10 anni. Come può uno stimolo fiscale del genere non aumentare l’inflazione? Contemporaneamente Biden ha revocato una serie di misure “probusiness” varate da Trump sostituendole che severe restrizioni amministrative contro le imprese. Queste politiche, ispirate da una forte carica ideologica di ridistribuzione della ricchezza e di protezione dell’ambiente, comportano il rischio di indebolire l’economia nel breve termine, aumentando i costi ed alimentando l’inflazione.


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