La depressione e, più in
generale, le malattie mentali
sono oggi la principale causa
di inabilità lavorativa nel mondo.
La World Health Organization
(WHO) conferma che i problemi
di salute mentale sono la prima
causa di assenteismo lavorativo e
350 milioni di lavoratori nel
mondo soffrono di depressione,
di cui 3 milioni in Italia. Una
persona su quattro, in una fase
della sua vita, è colpita da un
disturbo mentale, clinicamente
rilevante. L’Organizzazione
mondiale della sanità (OMS)
prevede che nel 2030 la
depressione sarà la malattia più
invalidante al mondo con costi
sociali ed economici altissimi.
Già nel 2010 l’impatto delle
malattie mentali sull’Economia
Europea era stimato fosse di 92
miliardi di euro (a valori correnti
il 4% del suo PIL), di cui circa 54
miliardi dovuti all’assenza dal
lavoro. Per chi, comunque, non si
assenta dal lavoro pur colpito da
una malattia mentale, si stima
che la produttività si riduca del
50-70%. Data la travolgente
sostituzione dei lavori manuali
con i lavori di crescente impegno
mentale – i lavori della
conoscenza - questi numeri
(calcolati inevitabilmente per
difetto) sono destinati a crescere
nel tempo e rendere la fotografia
di drammatica evidenza. Prima
della pandemia, in Europa, 84
milioni di lavoratori (1 su 6)
soffriva di disturbi mentali ma il
Covid-19 ha portato e porterà con
sé, inevitabilmente, un suo
lascito di ulteriore sofferenza. Da
tempo in altri paesi dell’Unione
Europea, e non solo nei paesi
scandinavi, il disagio mentale
manifestato sul posto di lavoro
ha indotto le aziende a dotarsi di
politiche, servizi dedicati e,
prima ancora, di sensibilità
diffuse necessarie per
intercettare e gestire
tempestivamente i dipendenti
bisognosi di assistenza. Nel 2014,
la campagna “Depression in the
Workplace in Europe” promossa
da un gruppo di multinazionali
ed associazioni paneuropee tra
cui British Telecom, Deutsche
Post, The Federation of European
Employers, The International
Labour Organization, Royal Mail,
Unilever e, per l’Italia, Luxottica -
ha fatto da apripista per “de-
stigmatizzare” la depressione sul
posto di lavoro, contrastare il
pregiudizio che porta alla
discriminazione di chi ne soffre
e, soprattutto, proporre un piano
organico di azioni che ogni
organizzazione dovrebbe attuare
per la promozione del benessere
psicologico dei propri
dipendenti. Il bonus psicologo
2022 di 600 euro inserito nel
testo della legge di conversione
del Decreto Milleproroghe è un
passo iniziale, ma significativo,
di riconoscimento della necessità
di porre la salute mentale dei
cittadini e, tra questi, dei
lavoratori al centro di una
strategia di cura delle ferite
provocate dal Covid. In parallelo,
le aziende dovrebbero, ora più
che mai, riconoscere la rilevanza
del problema e, quanto meno
opportunisticamente,
considerare che tutte le azioni
preventive e mitigative delle
malattie mentali dei lavoratori
hanno un costo irrilevante
rispetto alle loro conseguenze
sulla produttività complessiva
dell’organizzazione. L’auspicio è
che in Italia grandi gruppi
pubblici e privati, assumano
iniziative comuni per un
problema di generale interesse,
così come già registrato in altri
paesi. Il benessere psicologico
non è il premio del nostro
impegno professionale, né
semplicemente il risultato di un
raggiunto equilibrio vita-lavoro.
È il fondamento della nostra vita.
Nessun commento:
Posta un commento