STUPIDA RAZZA

sabato 11 giugno 2022

Bce: tassi su di 0,25% a luglio Poi nuovo rialzo a settembre

 



Confermato il rialzo dei tassi di luglio. Un secondo e più robusto ritocco potrebbe arrivare a settembre. Intanto arriva la parola fine per gli acquisti del programma Quantitative Easing. Questa la strada indicata da Lagarde, presidente della Bce, per raffreddare l’escalation dell’inflazione e sostenere l’economia. (🤣🤣🤣) Brusca la reazione dei mercati europei: Borse in negativo e in Italia spread a 227 punti. «Sono 11 anni che i tassi non salgono nell’area dell’euro! Serve gradualità nella normalizzazione della politica monetaria e nel contesto di questa grande incertezza». Così è sbottata ieri la presidente Christine Lagarde, rispondendo alle domande incalzanti dei giornalisti che premevano per un di più, alla conferenza stampa storica che si è tenuta ieri ad Amsterdam. Storica perché il Consiglio direttivo ha preso all’unanimità una serie di decisioni che segnano la storia della Bce: il primo luglio, come nelle attese, terminerà il programma di acquisti netti App mettendo fine allo strumento non convenzionale del QE che ha gonfiato il bilancio della banca centrale europea di 4.900 miliardi; rispettata la sequenza, il 21 luglio, alla prossima riunione del Consiglio, i tre tassi di riferimento saliranno dello 0,25%, per poi tornare a crescere di un quarto di punto o di «un incremento maggiore» (se sarà dello 0,50% dipenderà dall’inflazione) alla riunione successiva dell’8 settembre. Invece di avviare il «viaggio» della normalizzazione dei tassi con un primo rialzo dello 0,50%, come avrebbero voluto i falchi più aggressivi al cospetto di un’inflazione all’8,1% in maggio, il Consiglio direttivo ha trovato l’accordo ieri su un primo incremento dello 0,25% e un secondo aumento che potrebbe essere di maggiore entità «se le prospettive di inflazione nel medio periodo permarranno o si deterioreranno». A settembre si vedrà: se le proiezioni macroeconomiche di giugno saranno confermate o peggiorate, lo 0,25% non basterà. L’inflazione complessiva è stata aumentata al 6,8% nel 2022 (contro il 5,1% delle proiezioni di marzo), al 3,5% nel 2023 (contro il 2,1%) e al 2,1% nel 2024 (contro l’1.9%) che è «lievemente al di sopra dell’obiettivo». Anche l’inflazione al netto di beni energetici e alimentari in media ha sforato, e non lievemente, il 2%: 3,3% nel 2022, 2,8% nel 2023 e 2,3% nel 2024, ben sopra il target di medio termine. Il percorso di ulteriori aumenti dei tassi da settembre in poi sarà «graduale ma duraturo». E con massima libertà di reazione ai dati: la Bce preferisce non impegnarsi preventivamente con rialzi a cadenza trimestrale in coincidenza con le proiezioni macroeconomiche, ha punzualizzato Lagarde in risposta a una domanda del Sole24Ore. I rialzi saranno comunque calibrati sulla base di «nuovi dati», perché la data dependence è incastonata nella strategia di normalizzazione, al pari con gradualità, opzionalità e flessibilità. È tra l’altro prematuro fissare già da ora il punto di arrivo, il tasso neutrale si metterà a fuoco strada facendo. Chi si aspettava un annuncio storico ieri stesso anche sulla flessibilità, con i dettagli di un nuovo strumento per contrastare la frammentazione e le interferenze alla trasmissione della politica monetaria, è rimasto deluso. Lagarde si è limitata a lanciare un ammonimento ai mercati, che ha ricordato la minaccia del whatever-it-takes di Mario Draghi: «Non tollereremo una frammentazione che comprometterebbe la trasmissione della politica monetaria. Determineremo, in base alle circostanze dei paesi, come e quando tale rischio possa concretizzarsi e lo eviteremo». E ancora: «Abbiamo strumenti già esistenti ed utilizzati in passato come la possibilità di reinvestimento dei titoli acquistati, con totale flessibilità, ma se necessario potremmo dispiegare anche nuovi strumenti che fossero disponibili». Un nuovo strumento anti-spread per ora non c’è, ma il reinvestimento dei titoli in scadenza del programma pandemico Pepp e del programma standard App continuerà mentre i tassi saliranno. E questo evidentemente per la Bce al momento può bastare. La guerra in Ucraina, «aggressione ingiustificata della Russia», pesa con lo shock dei beni energetici (saliti del 39,2% rispetto a un anno fa) e sull’economia dell’area dell’euro. Sebbene Lagarde abbia respinto ipotesi di recessione, (🤣🤣🤣) le prospettive di crescita sono state «significativamente riviste al ribasso» nelle proiezioni ieri: 2,8% nel 2022 (contro il 3,7% di marzo), 2,1% nel 2023 (contro 2,8%) mentre sono salite nel 2024 dall’1,6% al 2,1%. E il faro è già acceso sulla stabilità finanziaria: «Le banche, che all’inizio dell’anno presentavano solide posizioni patrimoniali e una migliore qualità degli attivi, si trovano ora a fronteggiare un maggiore rischio di credito. Esamineremo tali fattori con attenzione». La Bce, come ha fatto intendere Lagarde, potrebbe inventarsi una nuova serie di prestiti mirati, questa volta Tltro “verdi”, per sostenere le banche con finanziamenti a condizioni più favorevoli. In nome della transizione ecologica e della sfida per il clima.

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