STUPIDA RAZZA

giovedì 30 giugno 2022

Indotto del motore in transizione con 70mila dipendenti a rischio

 

L’automotive Made in Italy guarda all’Europa per definire “l’ultimo miglio” della transizione che è già una realtà, tanto industriale quanto di mercato. Il cambio di passo deciso verso la mobilità elettrica è già in atto come dimostra, ad esempio, la marcia a tappe forzate che porterà alla riconversione della fabbrica di motori Stellantis a Termoli entro gennaio 2026 e come evidenzia il lavoro del tavolo automotive avviato dal Governo – cinque i ministeri coinvolti – per arrivare a definire gli strumenti necessari a governare una riconversione che potrebbe costare all’Italia fino a 70mila posti di lavoro. Tra gli industriali dell’auto, però, c’è molta preoccupazione per il progressivo abbandono dei motori endotermici, a benzina e diesel, entro il 2035 a favore dei sistemi di trazione elettrici. Da mesi, attraverso l'Anfia, l'Associazione delle imprese della filiera automotive, i produttori chiedono che venga rispettato il principio della neutralità tecnologica e venga garantita la “sopravvivenza industriale” dei motori endotermici grazie allo sviluppo di combustibili «carbon neutral», di nuova generazione e a basse emissioni, destinati tanto alle automobili quanto ai veicoli commerciali leggeri. Un passaggio necessario secondo l’industria dei componenti auto per affrontare in maniera più equilibrata la transizione e dare il tempo anche alle imprese più piccole di riconvertirsi e di “agganciare” le filiere legate al Powertrain elettrico, comunque molto più semplici dal punto di vista dei componenti e delle lavorazioni, rispetto ai motori tradizionali. L'Italia poi, come la Gran Bretagna, ha un problema in più, quello di proteggere le produzioni “di nicchia” come Ferrari e Lamborghini attraverso un possibile meccanismo in deroga che tuteli una filiera ad alto valore aggiunto, che pesa per lo 0,2% sulle immatricolazioni in tutta Europa.L'Italia è il primo fornitore estero di componentistica per la Germania e ha una grande tradizione nel comparto dei motori. Produce di fatto più motori che autovetture che in parte sono destinati all’export, con un contributo importante ad una bilancia commerciale positiva per quasi sei miliardi l’anno scorso contro invece un saldo negativo per gli autoveicoli compreso tra i 7 gli 8 miliardi. L’anno scorso la produzione di motori si è attesta intorno alle 630mila unità, come nel 2020, un terzo in meno però rispetto al 2019. Secondo le stime dell'Anfia sono 450 le aziende italiane che operano nella componentistica per i motori endotermici. La produzione di autoveicoli in Italia è in calo da almeno 10 mesi, per effetto di crisi dei semiconduttori e incertezze sui mercati internazionali, mentre la componentistica tiene meglio e cresce da inizio anno. L’ntroduzione degli incentivi destinati ai modelli “alla spina” – full electric e plug in – e alle auto tradizionali ma a basse emissioni – tipologia quest’ultima già esaurita – stanno dando un po’ di fiato ad un mercato asfittico che fa fatica a recuperare i volumi pre-pandemia e che è costretto inoltre a fare i conti con i tempi lunghi di consegna delle vetture a causa delle forniture a singhiozzo di semiconduttori e di componenti elettroniche. L’effetto “attesa” degli incentivi, diventati operativi da maggio scorso, poi, ha rallentato il trend di crescita delle immatricolazioni di vetture full electric e plug in: le auto “ricaricabili” si sono ridotte da inizio anno a quota 8,8% mentre in generale un’auto su tre tra quelle immatricolate è una vettura ibrida.

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