STUPIDA RAZZA

martedì 28 giugno 2022

Siccità, nel 2022 precipitazioni dimezzate

 

La corsa contro la siccità parte da un bilancio record: a fine maggio all’appello già mancava circa la metà delle piogge cumulate in media negli ultimi trent’anni nello stesso arco di tempo. A dirlo è il Cnr, mentre crescono le ordinanze approvate dai Comuni per ridurre gli sprechi d’acqua.La corsa dell’Italia a caccia dell’acqua “persa” per colpa della siccità parte da un bilancio record: sul territorio nazionale, a fine maggio, all’appello già mancava circa la metà delle piogge cumulate – in media – nei primi cinque mesi dell’anno. A certificarlo sono i dati del Cnr sull’accumulo progressivo delle precipitazioni per l’anno corrente confrontato con l’accumulo climatologico medio (1991-2020) e con quello del 2017, ovvero l’anno che per l’Italia finora è risultato il più siccitoso dal 1800 ad oggi. I dati del Cnr In pratica tra gennaio e maggio solitamente si accumula, nella media nazionale, il 39% del totale annuo (si veda, nel grafico in alto, il punto evidenziato); nel 2017 eravamo poco sotto al 30 per cento; alla fine nei primi cinque mesi di quest’anno le precipitazioni cumulate si sono fermate intorno al 21 per cento. E la situazione peggiore si registra al Nord, con quasi un 60% di deficit rispetto alle medie di lungo periodo. «Dopo una primavera senza piogge - afferma Michele Brunetti, ricercatore all’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr - è molto probabile che avremo anche un’estate siccitosa: salvo particolari eventi legati alla circolazione atmosferica, quella estiva è pioggia riciclata in loco, legata a fenomeni convettivi». L’impatto da Nord a Sud Questi dati quantificano un fenomeno che oggi mette alle strette un tessuto sociale fatto di imprese agricole, industrie e centrali termoelettriche che nei mesi estivi sopravvivono con questa acqua. E costringe le amministrazioni locali (si veda l’articolo a fianco) a correre ai ripari, varando ordinanze anti-spreco per garantire i flussi d’acqua nelle reti idriche sul territorio. A soffrire al momento sono soprattutto le regioni settentrionali, in particolare quelle attraversate dall’asse del Po la cui portata ha tantissime connessioni con il tessuto economico circostante. Sotto osservazione anche il bacino del Trasimeno che “serve” parte del centro Italia. Il Centro Nord, il cui fabbisogno è decisamente più marcato rispetto al resto del Paese, oggi paga un mix esplosivo dal punto di vista climatico: una quantità di neve decisamente inferiore rispetto alle medie stagionali scesa nei mesi invernali; una quantità di pioggia decisamente inferiore alle medie primaverili; temperature decisamente più elevate rispetto alle medie estive. Ma la siccità è un fenomeno nazionale e il dipartimento della Protezione civile sta già monitorando i possibili riflessi di una nuova emergenza in arrivo, questa volta nel Mezzogiorno: qui il rischio, tra luglio e agosto, è che la carenza di acqua si traduca in una nuova esplosione del fenomeno degli incendi boschivi. Verso lo stato di emergenza Le pressioni della scorsa settimana hanno portato all’avvio di una fase istruttoria, tra Regioni e Protezione civile, per valutare la dichiarazione di uno stato di emergenza nazionale; sono già diversi quelli regionali proclamati, come la Lombardia che lo ha deliberato nella giornata di venerdì scorso.Una decisione che spetta al Consiglio dei ministri e che consentirà di attribuire poteri di ordinanza straordinari ed eventuali risorse per ridurre i disagi. Dal dipartimento del Servizio nazionale fanno sapere che una decisione di questo tipo sembra inevitabile, ma che Autorità di bacino ed enti territoriali stanno lavorando insieme per definire una serie di parametri che consentiranno ad alcune regioni di entrare subito in ”zona rossa” e, ad altre, man mano che verranno superate certe soglie di allarme.Nel frattempo sono in tanti a guardare alla possibilità di attingere alle risorse straordinarie stanziate per il rafforzamento delle reti idriche con il Pnrr, all’interno della missione 2 sulla transizione ecologica: si tratta in tutto di circa 4 miliardi di euro, destinati alle infrastrutture irrigue. «La rete idrica italiana - ha detto il ministro alle Politiche agricole, Stefano Patuanelli - trattiene e rende disponibile appena l’11% delle acque piovane. Il Pnrr prevede uno stanziamento di 880 milioni per l’agri-sistema irriguo. Di questi, 360 finanzieranno progetti già in essere e 520 milioni progetti nuovi». Ad oggi il capitolo idrico del Pnrr sta avanzando molto lentamente. L’unico bando pubblicato dal ministero delle Infrastrutture è quello da 900 milioni di euro per ridurre il fenomeno delle dispersioni idriche. Tra gli scopi irrigui di questo capitolo, però, potrebbe rientrare anche la necessità di rafforzare il “sistema a valle” a cui afferiscono le reti, i cosiddetti invasi, in modo tale che - in futuro - eventuali corsi d’acqua privi di materia prima possano attingere ad alcuni “cuscinetti”.

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