STUPIDA RAZZA

giovedì 30 giugno 2022

G7, la nuova stretta sulla Russia parte dal petrolio

 

Indebolito politicamente ed economicamente, il Gruppo dei Sette ha tentato in un vertice di tre giorni nelle Alpi bavaresi di riprendere la mano sullo scacchiere internazionale in un confronto mondiale sempre più acceso. I Paesi più industrializzati del mondo occidentale hanno annunciato nuove sanzioni contro Mosca nella sua guerra in Ucraina, nuovi (ma annacquati) impegni sul fronte climatico, e nuovi investimenti nelle infrastrutture dei Paesi emergenti. In un comunicato finale di quasi 30 pagine, i capi di Stato e di governo del G7 hanno definito «critico» il momento storico e si sono dati come obiettivo di lavorare per «un mondo equo». (🤣🤣🤣) Piatto forte dell’incontro è stato evidentemente il confronto con la Russia, mentre continuano i drammatici combattimenti in Ucraina (si veda Il Sole 24 Ore di ieri). Nei fatti, il Gruppo dei Sette ha promesso nuove misure sanzionatorie, anche nel delicatissimo campo dell’energia. Il G7 studierà l’ipotesi di un tetto al prezzo del petrolio russo, così come proposto dagli Stati Uniti. Quanto a un tetto al prezzo del gas, cavallo di battaglia italiano, nel comunicato vi si fa un accenno minimo. Il G7 si limita ad accogliere «con favore la decisione dell’Unione europea di esplorare con i partner internazionali le modalità per contenere l’aumento dei prezzi dell’energia, compresa la possibilità di introdurre, ove opportuno, dei tetti temporanei ai prezzi delle importazioni». Interpellato a margine del vertice, un funzionario europeo ha ammesso che il comunicato finale è più preciso per quanto riguarda il petrolio, più vago per quanto riguarda il gas. D’altro canto, il G7 pensa di poter stabilire un tetto al prezzo del petrolio russo, imponendolo agli assicuratori e ai trasportatori di greggio che sono sotto la sua giurisdizione. Il petrolio è tendenzialmente trasportato via  mare. Lo stesso meccanismo è più difficile da imporre al gas, poiché questo viaggia via gasdotto. «Abbiamo parecchio lavoro dinanzi a noi prima di poter rispondere a domande dettagliate», ha ammesso il cancelliere Olaf Scholz. Alla domanda se gli Stati Uniti fossero pronti a tetti al prezzo del gas, un funzionario americano ha risposto laconico: «La discussione ha riguardato il greggio». I più malevoli sospetteranno che l’America teme che un tetto al gas possa penalizzare anche quello liquefatto di cui è grande produttore. Insomma, per ora, il tema rimane principalmente comunitario. La Commissione europea ha promesso proposte per la fine dell’estate. La dichiarazione pubblicata ieri pomeriggio spazia dall’economia al lavoro, dalla finanza alla salute. Sul fronte ambientale, e complice forse lo stesso conflitto in Ucraina che ha indotto la riapertura di centrali al carbone, il G7 sembra fare passi indietro, ammettendo che «investimenti pubblici nel settore del gas possono essere appropriati in via temporanea». In questo senso, l’idea di un “Club del Clima”, ossia di «un nuovo forum intergovernativo di grande ambizione», deve servire soprattutto ad evitare l’emergere di vantaggi competitivi tra i Paesi. Tornando all’Ucraina, in cima alle preoccupazioni c’è la crescente insicurezza alimentare, e la difficoltà di esportare dal Paese grano e altri cereali. Il Gruppo dei Sette - che raggruppa per memoria gli Stati Uniti, il Giappone, il Canada, il Regno Unito, la Francia, la Germania e l’Italia – ha quindi deciso di creare un nuovo forum, con l’appoggio delle Nazioni Unite, la Global Alliance for Food Security. Più in generale, a rischio è la posizione dell’Occidente nel mondo. In trent’anni il peso del G7 nel Pil mondiale è sceso dal 66 al 46%, quello nel commercio è calato dal 52 al 30%, secondo l’Ispi di Milano. Per contrastare la perdita di influenza, il consesso ha lanciato nei Paesi emergenti un programma di infrastrutture da 600 miliardi di dollari. Soprattutto ha invitato al summit alcuni Paesi (swing states, li ha definiti non senza ironia un funzionario europeo) quali l’India, il Senegal, l’Indonesia o l’Argentina, che l’Occidente può ancora sperare di avere dalla sua.

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