STUPIDA RAZZA

giovedì 30 giugno 2022

Cina, corsa agli sportelli a caccia di liquidità Lunghe file nelle banche

 

Tra le 23 misure adottate dalla Banca centrale cinese a fine aprile scorso a sostegno dell'economia cinese c'è la ripresa della lotta all'hot money. L'incubo della fuga massiccia di denaro all'estero inizia a profilarsi in Cina davanti alle quotazioni in discesa dello yuan, all'inflazione e all'effetto dell'aumento dei tassi decisi dalla Fed. Uno dei fattori storici di debolezza del sistema cinese torna così a manifestarsi in maniera capillare e anche prevedibile, ricordiamo che in Cina è possibile mettere in salvo ogni anno all'estero yuan per un importo corrispondente appena a 50mila dollari a persona. Tenere in banca i soldi non è remunerativo. A ciò bisogna aggiungere l'interruzione della catena dei pagamenti, il barometro di Atradius società che assicura i crediti all'export sui primi due trimestri del 2022 rivela che un terzo delle aziende presenti in Cina è preoccupata per i ritardi nelle transazioni finanziarie che portano inevitabilmente sull'orlo della crisi di liquidità. Questi fattori spiegherebbero episodi diffusi sul territorio cinese con lunghe code per ritirare risorse dai depositi ovviamente tenuti a bada dal sistema. Da Shanghai all'Henan all'immensa area di Shenzhen, finita la quarantena più stretta, un mare di clienti si sono riversati in banca in cerca di liquidità. Il sistema bancario d'altronde ha iniziato a mettere paletti contro le richieste, sia nel numero dei clienti giornalieri sia negli importi da prelevare, in dollari non si arriva al massimo di 150 dollari. Di denaro a disposizione del sistema delle aziende ce ne sarebbe dopo le manovre della stessa Banca centrale sulle riserve obbligatorie e anche i risparmi sulle tasse che hanno reso la Cina un immenso paradiso fiscale. Il punto è che tutto lo scenario cinese è stato stravolto dalla pandemia che ha comportato un fermo di oltre due mesi nel sistema produttivo. A livello locale, i flussi finanziari non rispondono alle esigenze delle imprese ma anche delle famiglie, per le quali la crisi immobiliare è stata un colpo durissimo. La preoccupazione principale delle imprese cinesi è ora quella di proteggersi a qualsiasi costo dal continuo impatto della pandemia in un contesto economico e commerciale generalmente difficile. Si prevede che queste disfunzioni provocheranno purtroppo un ulteriore deterioramento della situazione. D'altro canto Pechino punta molto sul fronte esterno, mai come in questo momento sta spingendo il pedale sull'internazionalizzazione del renminbi che ha già ottenuto una promozione ed è ormai la  terza moneta del paniere dei diritti speciali di prelievo del Fondo monetario internazionale alle spalle di dollaro ed euro. In questa direzione va la proposta lanciata a sorpresa del presidente Xi Jinping al summit dei Paesi Brics la scorsa settimana e cioè di creare un paniere con tutte le monete dei Brics, alternativo a quello dell'Fmi. Per far questo è necessario pilotare l'apertura ulteriore ai mercato di una divisa, lo yuan, che resta non convertibile. La Banca centrale nel giro di pochi giorni ha però fatto due cose importanti, ha allungato i tempi di negoziazione dello yuan offshore e ha siglato una serie di accordi con Bank of international settlement. Ovviamente Pechino si associa a Paesi con i quali ha un rapporto collaudato in termini commerciali. Banca centrale e Bis hanno siglato lunedì il Reniminbi Agreement (RMBLA) con le banche centrali di Singapore, Indonesia, Malesia, Hong Kong e Cile per creare un pool di risorse che faranno da cuscinetto alla volatilità finanziaria. Il renminbi la fa da padrone,ognuno partecipa con 15 miliardi di yuan di dote. Non solo. La Banca centrale cinese ha allungato l'orario delle negoziazioni dello yuan offshore da 14 ore di apertura a 18 ore, alle 3 del giorno dopo invece delle 11.30 ora di Pechino. New York, causa fuso orario, potrà approfittarne per aiutare Pechino a rilanciare un mercato che durante la pandemìa ha sofferto molto.

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