STUPIDA RAZZA

giovedì 23 giugno 2022

La globalizzazione targata Usa è un ricordo

 


🙏🙏🙏

Il mondo « g l oba l i z zato » a trazione ame rica na, con la Cina in rincorsa, ma il cui centro decisionale è stabilmente negli Stati Uniti con succursale a Bruxelles, è ormai un fatto soprattutto burocratico. Meglio che Draghi e la stampa a lui allineata se ne rendano conto in fretta.Più che atlantismo, quello dei supereditoriali dei superquotidiani è testardo attaccamento a un passato remoto scambiato per presente-futuro. E più che ideali democratici, ciò che si intravede dietro i peraltro vaghissimi programmi sono sogni imperialisti neppure troppo nascosti. Anche qui (come nell’imperialismo vero) esposti con un gusto avventuroso/fiabesco, che fa sorridere trovare nelle prose dei numerosi editorialisti/professori. I quali sono quasi tutti emeriti per via dell’anagrafe (che, come ricordava Alberto A r ba s i n o, non perdona), e quindi si fatica a vedere così eccitati e appassionati per questo sfoderare di (costosissime) armi e vaticini di vittorie. A me che sono ancora più vecchio di molti di loro fanno venire in mente l’i n d i m e nt i - cabile manifesto: «Ascoltatemi! Votate Italia e non Fronte popolare» gridato da uno scapigliato signore in giacca e camicia, naturalmente stazzonate, che correva fuori da un paesaggio in fiamme, in fondo al quale si intravedeva… cosa? Il Cremlino, naturalmente (e certo con più ragioni di oggi). Del resto anch’io che avevo 10 anni non avrei voluto che vincesse il Fronte popolare. Però mia sorella (che ne aveva 8 più di me) e lanciava i volantini dalla finestra mi dava già fastidio: a esagerare si sporca in terra e non serve a n ie nte. Adesso poi non c’è più nemmeno il Fronte popolare, e Josip Stalin è morto da tempo. Vladimir Putin no, forse anche perché i vaticini della sua morte imminente, sfoderati in continuazione dagli esperti americani e dell’Ue , allungano la vita, come è noto a tutti tranne che ai menagramo prezzolati, che vivono confezionandoli. Comunque Putin è in tutt’altre faccende affaccendato; ha ben altro cui pensare che appassionarsi all’oziosa fantasia di sloggiare Sergio M atta rel l a , il nonno i n a m ov i bi l e. Soprattutto, però, non esiste più nulla di ciò di cui i pensosi opinion makers della carta e altri media parlano, alla ricerca di brividi. L’universo culturale della crème atlantica è in ritardo sulla realtà di oltre 70 anni: del mondo delle loro fantasie non c’è più nulla, tranne loro stessi, con i loro sogni un po’ infantili. Lo stesso Mario D ra - ghi non ha mai vissuto il mondo dei Fronti popolari: nel 1948, l’anno che li mise fuori gioco, aveva solo un anno. Per i saggi amici della guerra russo-ucraino-americana il mondo è una favola bella che finirà bene, e si vede da come ne parlano: i buoni contro i cattivi sicuramente vinceranno, come appunto nelle favole; come se le cose rimanessero quelle del racconto che li ha impressionati da piccoli, e non fossero in continuo cambiamento. Se però non ti tieni ai fatti di oggi, e rimani agli stereotipi del secolo precedente, rischi di prendere cantonate letteralmente micidiali, nel senso che portano più morti che vita. Nel l’orrore del quadro complessivo, viene anche un p o’ da ridere a vedere tanto accanimento e pagine investite nel calcolare dove si annidi il tumore che ucciderà presto lo «Zar», come viene fantasiosamente definito Pu - ti n , uno degli uomini più incolori, lontano in tutto da quei pittoreschi imperatori. Oppure a seguire le previsioni della presidente d’Eu ro pa Ursula von der Leyen su l l ’altrettanto imminente crollo del rublo, e fallimento della Russia. Dichiarazioni finora seguite da rafforzamenti del rublo, e brillante bilancia dei pagamenti. Mentre poi i professori russofobi insistono con descrizioni della medioevale Russia, maschilista e arretrata, la banchiera russa Elvina Nabiullina, pur non sempre in accordo con Puti n , è l’unico banchiere centrale che in piena guerra e sanzioni sia riuscita a rallentare l’inflazione, battendo sia l’eu ro - pea Christine Lagarde che l’americano Jerome Powell, capo delle Federal reserve. Il fatto è che i nostri insigni commentatori, nel solco del forse già insigne ma oggi in evidenti difficoltà D ra g hi , non si sono accorti che il mondo, da tempo, non è più solo quello dei due continenti Europa e Stati Uniti e loro appendici meridionali, divisi dall’oceano Atlantico. Il mondo «globalizzato» a trazione americana, con la Cina in rincorsa, ma il cui centro decisionale è stabilmente negli Stati Uniti con succursale a Bruxelles, è ormai un fatto soprattutto burocratico. Quella globalizzazione è finita da tempo. Al suo posto c’è un mondo multipolare (di cui i nostri saggi commentatori non parlano mai), dove al polo occidentale più o meno atlantico si è stabilmente affiancato quello orientale con al suo interno subcontinenti decisivi come la Russia, la Cina, l’India, il Sudest asiatico, buona parte dell’Africa: tutti con le loro culture, modi di vita, valori, risorse e povertà. La gran parte della popolazione mondiale abita in questo Oriente, che non ha votato all’Onu le sanzioni alla Russia. È qui che nasce buona parte delle idee e intuizioni più produttive del mondo di oggi, legate a tradizioni mai morte e nutrite da culture, anche religiose, che l’O r ie nte ha continuato a rispettare, a differenza dell’Occidente razionalista e iconoclasta. I nostri professori, più o meno tardivi figli di un Illuminismo avido e oggi estenuato, sanno poco di questo polo e della trasformazione in atto nel mondo; per questo si permettono di trattare la Russia come un Paese di incivili attardati e il suo capo come un esotico criminale. Il capo russo però, amato e odiato che sia, è uno dei protagonisti di questo mondo. Mentre la loro visione è tristemente provinciale, irrespirabile: anche per questo Emmanuel Macron ha perso la sua maggioranza, malgrado l’Ecole d’admi nistration in cui si è formato. La società non è solo amministrazione: è anche cultura e fe d e.

Nessun commento:

Posta un commento