STUPIDA RAZZA

domenica 5 giugno 2022

Pure Visco vuole il salario minimo Ma copiare Berlino è un errore

 

Il Parlamento tedesco ha approvato due giorni fa l’au - mento del salario minimo legale, portandolo da 9,82 euro a 12 a partire da ottobre, con un passaggio intermedio  a 10,45 tra il 1° luglio e il 30 settembre (cifre orarie lorde). Questa misura r i g ua rd e rebb e circa 6 milioni di lavoratori, ovvero il 13% della popolazione attiva. Il provvedimentobandiera del cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz entrerà così in vigore tra pochi mesi e l’annuncio viene dato in un momento in cui l’infla - zione record registrata nell’Eurozona pone preoccupazioni per il potere di acquisto dei lavoratori. Anche in Italia se ne parla, con i sindacati che lo chiedono espressamente e il ministro del Lavoro Andrea Orlando che appare possibilista. Il presidente del Consiglio M a r io D ra g h i ha aperto alla discussione con imprese e sindacati. La corsa a parlare bene del salario minimo ha visto in gara persino il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, che dopo aver stigmatizzato nei giorni scorsi la rincorsa tra inflazione e salari, ha dichiarato ieri che «se ben studiato, il salario minimo è una buona cosa». Puntualizzando immediatamente che «è importante non legare al salario minimo automatismi che poi ci possono costare, per esempio un salario minimo che ha piena indicizzazione ai prezzi al consumo». Non sia mai. In questa discussione poteva mancare l’Unione europea? Certo che no. Infatti, a Bruxelles si sta discutendo tra Commissione, Parlamento e Consiglio Ue una direttiva che definisca un quadro legale omogeneo per la fissazione di salari minimi «equi e adeguati», nel rispetto delle specificità nazionali dei singoli Stati membri. Già la settimana prossima potrebbe raggiungersi un accordo in tal senso. Volendo essere un po’maligni, potremmo pensare che i tempi della discussione in Italia non siano casuali: siamo giusto in tempo per sentirci dire l’ennesimo: «Ce lo chiede l’Eu - ro pa » . Ora, il fatto che la Germania e l’Ue puntino su questo strumento dovrebbe stimolare una riflessione, che in Italia dovrebbe essere particolarmente approfondita. Una riflessione che dovrebbe partire da questa domanda: siamo sicuri di voler seguire la Germania su questa strada, introducendo il salario minimo legale? Sarebbe opportuno, infatti, allargare la prospettiva e considerare il complesso del sistema economico tedesco, valutandolo nel suo sviluppo storico. La Germania ha infatti messo in campo un modello economico mercantilistico, così definito anche da uno dei maggiori economisti contemporanei, Paul De Grauwe, e così riconosciuto dal Fondo monetario internazionale. In estrema sintesi, il mercantilismo attuato dalla Germania punta a un surplus commerciale con l’estero in tendenziale crescita, costruito anche attraverso la compressione della domanda interna. Questa, a sua volta, ottenuta con la flessibilizzazione del mercato del lavoro e la ricerca ossessiva del pareggio di bilancio pubblico, che tiene a freno indebitamento, spesa e investimenti pubblici (il mito dello Schwarze Null, criticato anche dall’economista Peter Bofi nger). Un modello exportled in cui, in più, i tassi di cambio nominali europei sono fissati in modo irrevocabile attraverso l’euro. In caso di shock esterni, gli squilibri commerciali possono essere sanati solo a scapito del lavoro, che infatti in Germania è stato reso estremamente flessibile grazie alle riforme attuate da Peter Hartz, ex direttore del personale della Volkswagen. Ricordiamo, ad esempio, che in Germania la quota di lavoratori a tempo pieno che riceve una retribuzione inferiore ai 2/3 del salario medio è intorno al 20% mentre il 27% dei lavoratori è part time. In questo modello economico, in sintesi, i costi della competitività del Paese sono fatti pagare al lavoro. L’i nte ra economia dell’Eurozona è costruita secondo questo paradigma, che infatti è diventato anche quello italiano. Perché continuare su questa strada, che ha già dimostrato di portare in un vicolo cieco di povertà e disuguaglianze? Fino a che punto si possono accumulare surplus delle partite correnti prima che qualcuno reagisca? Fino a che punto si può comprimere la domanda inte r n a? Viene il sospetto che questa improvvisa partecipazione emotiva alle tasche dei lavoratori da parte di chi sinora ha contribuito a svuotarle, sindacati compresi, serva a nascondere l’ennesimo inganno. Perché in realtà il salario minimo porta con sé una crescita nei lavori in servizi a bassa intensità di capitale, destinati a consumatori a reddito mediobasso. Cresce solo la domanda di beni e servizi a basso valore aggiunto, cosa che spiazza gli investimenti privati dirottandoli su settori che non incidono sulla competitività del Paese e sui conti con l’estero. Per essere concreti, la questione salario minimo riguarda più un lavoratore della cosiddetta gig economy che un perito specializzato in meccatronica. In 30 anni di tagli alla spesa pubblica e deflazione salariale in presenza di un accordo di cambi fissi, il modello economico europeo non ci ha protetto dai cinque shock esterni che si sono succeduti dal 2001 a oggi e non reggerà alla grave recessione che è alle viste. La discussione sul salario minimo rischia di assomigliare al motivetto che l’orch estr ina continua a suonare mentre il Titanic affonda.

Nessun commento:

Posta un commento