STUPIDA RAZZA

sabato 11 giugno 2022

Cornaglia: rischiamo di chiudere le fabbriche, decisione shock

 

Stabilimenti in mezza Europa, 1.200 addetti, metà dei quali in Italia e un giro d’affari pari a 250 milioni. Per Pier Mario Cornaglia, ceo insieme al fratello Umberto dell’azienda piemontese, «la decisione del Parlamento europeo è stata uno shock». Senza mezzi termini. «Le fabbriche tradizionali non sono riconvertivili sull’elettrico – spiega – perché cicli produttivi e macchinari sono completamente diversi». Cornaglia è specializzata nella produzione di sistemi di aspirazione, sistemi di scarico, tecnologie di post-trattamento gas di scarico, serbatoi in plastica. «Abbiamo fabbriche che lavorano esclusivamente per il mondo automotive, come il nostro polo vicino a Benevento, che prduce per Cassino, per Sevel, per la Panda, con una settantina di addetti. È uno stabilimento che rischiamo di chiudere» dice l’amministratore delegato. Le alternative sono poche e la riconversione è impossibile. A rischio anche la fabbrica in Romania che produce impianti di scarico per la Dacia e quella di Binasco, nel Torinese, che fa coppe motori. In totale si tratta di circa 200 persone. In questi anni Cornaglia ha lavorato e lavora anche per trattori e camion, «con un respiro un po’ più lungo» aggiunge il ceo. Mentre sul fronte della diversificazione  delle lavorazioni, la scelta del Gruppo è stata di puntare sull’elettrico e su componenti come il battery cooler, sistemi di raffreddamento delle batterie prodotti però in Polonia. «L’Italia non potrà nel breve beneficiare di questa diversificazione perché abbiamo fatto investimenti nello stabilimento polacco. In ogni caso – aggiunge Cornaglia – questa riconversione è molto difficile, i sistemi a trazione elettrica hanno lavorazioni completamente diverse a partire dalla raffinazione delle materie prime fino alla costruzione dei componenti delle batterie». A questo si aggiunga il fatto che l’auto elettrica conta circa un terzo dei componenti di un’auto tradizionale e questo già provoca un impatto importante sull’intera componentistica. «Siamo Tier 2, nelle produzioni di battery cooler lavoriamo per grandi aziende e facciamo singoli componenti. Si tratta per adesso di produzioni senza grande valore aggiunto ma comunque destinate a salire come volumi» conclude.

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