STUPIDA RAZZA

lunedì 6 giugno 2022

Produzione, -1,4% a maggio Pesano i rincari e la guerra

 


La produzione industriale è ancora in calo. L’indagine rapida del Centro Studi Confindustria (CsC), diffusa ieri, ha segnalato a maggio una flessione di -1,4%, dopo la caduta di -1% registrata in aprile. Nel secondo trimestre 2022, quindi, la variazione acquisita della produzione industriale sarebbe di -0,6% rispetto al primo trimestre, in cui si era già registrata una contrazione di -0,9% rispetto al trimestre precedente. L’ulteriore flessione stimata per maggio, sommata al calo degli ordini, ad aprile di -0,3% e a maggio di -0,1%, «compromette le attese sul secondo trimestre», sottolineano, in una nota, gli esperti di Confindustria. In questo scenario difficile, anche gli investimenti fissi sono attesi in frenata. Il livello invariato di marzo ha sorpreso perché tutti gli indicatori qualitativi, e la stessa indagine del CsC, suggerivano una caduta, che avrebbe spinto a confermare la dinamica negativa del Pil nel primo trimestre. A pesare sui segni meno di aprile e maggio, e sulla contrazione già acquisita per il secondo trimestre, della produzione industriale sono essenzialmente il rialzo dei costi dell’energia e le difficoltà di approvvigionamento, acuiti dalle operazioni militari russe in Ucraina. Lo stesso CsC, del resto, nella congiuntura economica flash pubblicata a fine maggio, aveva evidenziato come rincari delle materie prime e scarsità stiano zavorrando l’industria italiana, ancora in ribasso (a differenza dei servizi che, con i progressivi allentamenti delle misure sanitarie e l’estate ormai alle porte, mostrano segnali di parziale miglioramento). Purtroppo, lo scenario per la manifattura italiana non si annuncia in controtendenza. La fase negativa della produzione industriale infatti è attesa proseguire nel secondo trimestre: le attività industriali, sebbene in maniera differenziata settorialmente, stanno risentendo del susseguirsi dei rincari energetici e, conseguentemente, del persistente rialzo dei costi produttivi. Tutto ciò, prosegue il CsC, «contribuisce a rendere l’andamento della produzione industriale estremamente volatile». Le indicazioni provenienti dalle diverse indagini degli ultimi mesi restituiscono un quadro negativo. Il deterioramento del clima di fiducia delle imprese manifatturiere (da 109,9 a 109,3 a maggio, in diminuzione per il sesto mese consecutivo) e il peggioramento nei giudizi sugli ordini e sui livelli di produzione (in progressivo calo rispettivamente da dicembre e gennaio) pesano (negativamente) sull’attività produttiva delle aziende e sulle loro aspettative future. Elevate rimangono infatti le percentuali di imprese che ritengono l’insufficienza di impianti e/o materiali il principale ostacolo alla produzione, a cui si uniscono la scarsità di manodopera qualificata e ora anche i vincoli finanziari (valori tornati quasi ai livelli del secondo trimestre 2020) anche in ragione dell’ampiamente annunciato rialzo dei tassi della Bce. Il pessimismo degli imprenditori è accompagnato dal forte rallentamento del PMI manifatturiero a maggio (da 54,5 a 51,9), spiegato, in parte, dai deboli giudizi sugli ordini (interni e esteri) e dalle scarse aspettative. Anche il lavoro è indicato in frenata, dopo i sorprendenti dati al rialzo dei mesi precedenti. Gli occupati, ad aprile, sono previsti dall’Istat in discesa di 12mila unità; e l’Inps continua a registrare un utilizzo piuttosto sostenuto della cassa integrazione; un termometro delle difficoltà in cui versano, in questo momento, molte realtà industriali. Il punto, purtroppo, è che l’incertezza pesa sulle prospettive: le indagini qualitative (Istat e IHS-Markit) continuano ad evidenziare timori riguardo la persistenza dei fattori che frenano l’attività produttiva delle imprese. Il prolungarsi infatti della fase di incertezza dovuta al conflitto, chiosa il CsC, «contribuisce a rendere le condizioni dell’industria italiana ancora estremamente deboli e fortemente sensibili alla volatilità degli andamenti congiunturali che caratterizzano l’attuale contesto economico internazionale». Un’analisi piuttosto lucida; e che non fa altro che confermare la necessità, ormai urgente, da parte del governo di mettere in campo misure strutturali in grado di spingere competitività, crescita e innovazione (la base per costruire un reale percorso di ripresa).


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