STUPIDA RAZZA

sabato 11 giugno 2022

Lo spread vola a 230 Scatta subito il test per l’Eurotower

 



La chiusura del piano di riacquisti, l’annuncio di una serie di aumenti dei tassi che inizieranno dai 25 punti base di luglio, potrebbero anche accelerare fino a 50 punti a settembre e proseguiranno poi in modo «graduale ma sostenuto», indicazioni limitate (e forse anche poco convincenti) sul meccanismo per evitare la possibile frammentazione dell’area euro. Non servirebbero ulteriori elementi per spiegare perché ieri l’annuncio della Banca centrale europea (Bce) e le parole della presidente Christine Lagarde siano stati accompagnati da un calo dei mercati azionari, da un rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato e da un allargamento degli spread dei Paesi periferici. Il bilancio finale parla di perdite dell’1,90% per Piazza Affari, che si è piazzata all’ultimo posto in un’Europa generalmente sofferente (-1,73% Francoforte, -1,49% Madrid e -1,40% Parigi), e di un BTp decennale che si è spinto ai massimi dal 2014 fino oltre il 3,70 per cento. Un movimento, quest’ultimo, che è appunto la risultante di un generale rialzo dei tassi obbligazionari che non ha risparmiato neppure i Bund (saliti all’1,43%) e di un ulteriore incremento del differenziale ItaliaGermania a 230 punti base. Sullo sfondo, l’euro ha prima recuperato qualche posizione, riportandosi sopra la soglia di 1,07 dollari che poi non è riuscito però a mantenere per l’intera seduta. Non che siano uscite novità particolarmente eclatanti dall’appuntamento di ieri: il cambio di passo dell’Eurotower era inevitabile alla luce dei dati sull’inflazione e anche della strada già intrapresa dalle altre Banche centrali e per questo anzi già in gran parte anticipato dai mercati. Gli investitori si sono quindi come sempre concentrati sulle frasi pronunciate durante la conferenza stampa (e in molti casi su quelle che non lo sono state) nel tentativo di ricavare indicazioni utili sui possibili movimenti a medio-lungo termine L’impressione generale è che l’atteggiamento del board sia stato più aggressivo rispetto alle attese, e chi fra gli operatori non ha avuto una simile percezione teme che lo possa divenire nei prossimi mesi. La riprova è che adesso principali indicatori del mercato monetario prezzano un aumento dei tassi di riferimento di 140 punti base entro fine  anno, anche se non tutti sono d’accordo nel ritenere che alla fine Lagarde e soci saranno in grado di mantenere le «promesse». «Pensiamo che sia difficile per la Bce tornare rapidamente a tassi positivi e che il percorso possa essere meno in salita e più breve di quanto attualmente implicito nei prezzi di mercato», avverte Anna Stupnytska, Global macro economist di Fidelity International. I suoi dubbi sono in particolare legati ai venti contrari connessi alla guerra in Ucraina, alla politica cinese zero-Covid e all’inasprimento delle condizioni finanziarie globali, che «continueranno a pesare sulla crescita dell’Eurozona, portando probabilmente a una recessione nei prossimi mesi». Ma se sui tassi la direzione appare ormai tracciata, la questione della frammentazione e del cosiddetto meccanismo «anti-spread» continua a essere avvolta in un’estrema (e forse voluta) incertezza. Che l’uso flessibile dei reinvestimenti del piano pandemico Pepp non venga ritenuto sufficiente a placare una situazione che già inizia a farsi rilevante traspare non solo dai movimenti dei BTp, ma anche di quelli dei titoli di Stato di Spagna, Portogallo e Grecia, che ieri hanno visto i differenziali sulla Germania balzare rispettivamente a quota 118, 122 e 270. Il tema si gioca al momento sulle sole parole e intenzioni: «Resta da vedere se gli investitori riterranno sufficientemente credibile la promessa di un possibile nuovo strumento, in particolare alla luce delle crescenti divergenze della politica fiscale tra i Paesi che potrebbero limitare la capacità di risposta della Bce» avverte Fabio Balboni, Senior economist di Hsbc, suggerendo che i mercati potrebbero «metterla alla prova, portando a un possibile ulteriore allargamento degli spread». La sensazione è che un test del genere sia già partito e che dall’altra parte l’Eurotower «non voglia, o non possa, parlare di un nuovo strumento, perché sarebbe fonte di divisione in un momento in cui non c’è unità di intenti nel Consiglio direttivo e trovare un compromesso non sarebbe facile», ammette Pasquale Diana, Head of macro research di AcomeA. Il fatto la creazione di uno «scudo anti-spread» sia a suo modo di vedere ragionevole da ipotizzare «solo in seguito a tensioni molto marcate sul debito nella periferia dell’Eurozona, un punto al quale non siamo ancora vicini», non lascia certo dormire sonni tranquilli.  

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