STUPIDA RAZZA

mercoledì 22 dicembre 2021

L’élite del vaccino rifiuta i tamponi per non ammettere le proprie bugie



 La discussione sui tamponi ai vaccinati sta scatenando reazioni che appaiono differenti ma che sono accomunate dallo stesso, angosciante egoismo. L’idea che anche il plurinoculato debba sottoporsi al test accende istinti profondi, ferini, e precipita nel caos del Kali Yuga anche e soprattutto chi si riteneva immune, cioè libero da debiti comunitari. Esplode, per cominciare, la rabbia del privilegiato che ha perso il suo status. (CORNUTO E MAZZIATO !) All’improvvi - so, il cittadino orgogliosamente vaccinato, quello che si riteneva biologicamente e moralmente superiore al no vax, si ritrova parificato all’o d io s o paria, al criminale, al traditore della patria che ha rifiutato la puntura. La realtà granitica si manifesta potente davanti agli occhi dello sventurato, il quale si rende dolorosamente conto dei fatti: ebbene sì, anc h’egli può contagiare e soprattutto contagiarsi. Non può più guardare la minoranza abietta dall’alto in basso: pure lui è responsabile dell’aumento dei casi. Non è una bella sensazione: il terreno frana sotto i piedi, le certezze si sgretolano e tocca spartire la colpa con i renitenti. Risuonano taglienti nel vento le parole di Bre cht: prima vennero a prendere gli zingari, poi gli ebrei, poi «un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare». Nella grande parte dei casi - intendiamoci - l’ira è comprensibile. Milioni di persone si sono sentite dire per mesi che con il vaccino sarebbero state sicure e felici, che il green pass avrebbe portato mirra e doni scintillanti. Adesso invece scoprono che la sicurezza è un miraggio, che i politici li hanno illusi con affermazioni apodittiche e che la brutta giostra pandemica ha ripreso a girare daccapo. Questi italiani, tuttavia, tendono a soffrire in silenzio, ormai rassegnati al peggio. A berciare sono soprattutto i più arroganti, coloro che si erano tuffati nella propaganda e amavano spargerla e che d’un tratto si sono ritrovati ignudi al cospetto di una prospettiva rovinosa. Tra costoro si distinguono particolarmente - costituendo un differente caso di studio - quanti nei mesi scorsi hanno infierito sui no vax, gongolando nel vederli costretti alla ripetuta e fastidiosa prova del bastoncino. Si va dal ministro che celebrava la funzione rieducativa del tampone nasale a ll ’uomo della strada che si opponeva strenuamente al test gratuito. Ricordate? La posizione era univoca: non tocca a noi pagare per chi rifiuta la puntura, si vaccinassero o sborsassero di tasca propria. Eppure adesso, guarda un po’, il pensiero di estrarre dalle tasche 15 euro a botta non suscita più una perversa goduria. Ha prevalso il calcolo micragnoso: finché toccava agli altri pagare, nessun problema. All’idea che tocchi a loro, beh, l’i r r i ta z io n e d iva m pa . Risulta evidente, a questo punto, la pretestuosità di tutti i discorsi sentiti nell’ultimo anno sulla «solidarietà», sulla necessità di «proteggere sé stessi e gli altri». Erano solo scuse per celare l’egoismo, per sentirsi superiori, per dare un senso alla paura dell’i n iez io n e vinta a malapena. Fior di esperti ora sostengono che il virus può bucare la parete vaccinale, dunque il tampone è tornato a essere l’unica (mezza) sicurezza sulla condizione di non positività. Ma viene rifiutato con stizza. Emblematico, in tal senso, il caso del Partito democratico. Nicola Zinga retti ha dichiarato di essere «contrarissimo» al test per i vaccinati: già, lui ora è no tamp. E perché, di grazia? Se serve a far star tranquillo il prossimo come mai lo osteggiate, amici dem? Forse per timore che il vostro giochetto sulla pandemia senza fine venga finalmente smascherato? (CENTRATO IN PIENO !) Quest’ultima considerazione, che attiene all’uso politico-religioso del siero, ci conduce dritti a un’altra tipologia di furenti nemici del tampone. Si tratta dei fedeli integralisti della Cattedrale Sanitaria, i quali non tollerano che vengano messe in dubbio le virtù taumaturgiche del vaccino. «La richiesta di un tampone a chi è vaccinato e rientra da Paesi europei», scrive la dottoressa Antonella Viola, «non solo mette in discussione l’Eu - ropa, ma mina la credibilità della vaccinazione». Il tampone sarebbe dunque una misura «inutilmente punitiva per chi il vaccino lo ha fatto». Ora, in teoria compito della scienza sarebbe proprio quello di mettere in discussione ogni dato, ogni apparente certezza. A quanto risulta, però, fare le pulci alla Santa Puntura (e all’Europa, vabbè) non si può, nemmeno se a discettare dei suoi limiti sono fior di studiosi. Tutto, purché la fede non vac i l l i . Su Re p ub b l ic a , il disappunto della scrittrice Elena Stanca nel li rasenta l’in dig naz ione: «Noi che ci siamo vaccinati», predica, «ci sentiamo fratelli e sorelle di chi si è vaccinato […]. È una comunità di adulti la nostra, dove la razionalità è ricompensata dal rispetto». Capito? Lei si sente al sicuro nella sua comunità adulta, è sorella degli inoculati, mica dei no vax. «Evocare i tamponi», prosegue, «sminuisce, simbolicamente, il vaccino, che è stato il nostro rito di passaggio, che ci ha dato accesso a questa nuova comunità». Niente male per un sedicente adulto mettersi a pestare i piedi al cospetto della realtà. In ogni caso, la Sta n ca n el l i e la V iol a hanno almeno un pizzico di ragione. Il tampone per i vaccinati mette effettivamente in discussione la ferrigna ostinazione con cui i profeti della Cattedrale Sanitaria hanno acriticamente venerato il vaccino fino a ieri, e crea un problema politico prima che ideologico. Il punto, però, è sempre il medesimo: il vaccino è solo un vaccino, non il Santo Graal o uno strumento politico. Ed è folle considerare la puntura un «rito di iniziazione» che consente di entrare in una grottesca élite di inoculati. Purtroppo, però, qualcuno ha deciso di fregarsene del metodo scientifico, e di trasformare un farmaco in un feticcio. Ora, inesorabilmente, è venuto il momento di pagare lo scotto: all’orizzonte si profila il tampone, calmiere dell’arroganza.


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