circa 130 centesimi al metro cubo. Quel-
lo del gas estratto in Italia è attorno ai 5
centesimi, ma se ne usa una piccola
percentuale sul consumo complessivo
(dal 2 al 3%) perché i giacimenti sono
sfruttati al minimo o sono chiusi. Le riserve nel sottosuolo o sul fondomarino italiani finora stimate
sono tra i 90 e 100 miliardi di
metri cubi. Ma la riattivazione
della ricerca di questa risorsa
certamente troverebbe multi-
pli delle riserve dette sopra. Da
tempo chi scri ve ha stimato
che il potenziale di gas fossile
in giurisdizione italiana po -
trebbe coprire per il 25-30% il
fabbisogno nazionale di ener-
gia per almeno 30-40 anni a co-
sti contenuti e con investi -
menti sostenibili a ciclo finan-
ziario con ritorno rapido. Ver-
so i 40 e forse più a lungo consi-
derando la possibilità di ag -
giungere idrogeno nelle reti
che portano il gas a famiglie e
aziende e il possibile uso di
biogas se compatibile. Se così,
e lo scrivente è fiducioso, la ri-
sorsa gas diventerebbe il «fat -
tore ponte» sia per contenere i
costi energetici sia per evitare
scarsità di forniture nei pros -
simi decenni fino a che le fonti
alternative (idro, solare ed eo -
lico) prendano scala e maggio-
re efficacia-stabilità e, soprat-
tutto, il nucleare a fusione si
sviluppi in forma applicabile e
diffondibile. Lo scrivente si è
occupato, qualche anno fa, di
gas e petrolio residenti per un
motivo finanziario. Era alla ri-
cerca di un metodo non reces-
sivo, come invece lo è quello
dell’avanzo annuale di bilan -
cio, per ridurre il debito pub -
blico. È ovvio che un debito si
riduce via crescita, ma è meno
ovvio annotare che oltre una
certa soglia il debito impedi -
sce la crescita stessa. Quale?
La ricerca, stranamente, non è
molta in materia, anche se fre-
quentata da nomi prestigiosi: a
occhio attorno all’80% del Pil.
Ma sul punto non c’è attenzio-
ne perché per i governi è più
importante che il debito costi
poco, delegando la vera ridu -
zione del debito all’i n f l a z io n e,(MA PURTROPPO SIAMO IN DEFLAZIONE DA DEBITI !)
cioè alla t assa più mortifera
per la gente, in particolare red-
dito fisso e pensionati. Quindi
c’è anche un motivo morale
per inventare nuovi modi per
tagliare il debito pubblico, an-
che evitando l’inflazione. E
uno di q uesti è trasformare i
diritti di sfruttamento statale
(concessioni) del gas residente
in obbligazioni (cartolarizza -
zione) poi da vendere per met-
tere il ricavato al servizio della
riduzione del debito, recupe -
rando spazio nel bilancio per
detassazione e investimenti, e
strutturare un’offerta energe-
tica abbondante, anche con
contenimento dell’i n f l a z io n e.
Nei calcoli di qualche anno
fa, dalla simulazione di tale
operazione è uscito il risultato
di portare il debito italiano
verso il 100% del Pil senza tas-
se patrimoniali e con meno ca-
rico fiscale generale. Per inci -
so, ora il calcolo riaggiornato
con il solo contributo del gas,
al massimo del potenziale, se
finanziarizzato, porta comun-
que a una sostanziale riduzio-
ne del debito. Ma poi la politica
di decarbonizzazione non ben
pensata dell’Ue ha compresso
il potenziale degli enormi gia-
cimenti di gas italiani. L’Ue ha
capito, di fronte allo spettro
dell’inflazione e della scarsità
energetica, che nel mix delle
fonti ecocompatibili il gas deve
restare. Pertanto lo sfrutta -
mento del potenziale italiano
torna «legittimo» e ci sono se-
gnali che il governo italiano lo
stia valutando.(SPERIAMO !)
Quale potenziale? Il gas è
talmente abbondante in Italia
da poter dire che questa vi gal-
leggi sopra. Già questo è molto.
Ma potrebbe essere di più se si
allargasse la fascia metanifera
dell’Adriatico alle zone econo-
miche di Croazia, Slovenia,
forse Montenegro e Albania e
Grecia. Ma molto più grossa
potrebbe essere l’area di sfrut-
tamento al largo della Sicilia e
Calabria se venisse formaliz -
zata come zona economica di
giurisdizione italiana estesa a
Sud, eventualmente condivisi-
bile con altri. Infine andrebbe
sondata l’area tirrenica per -
ché qualcosa lì c’è. Come mai
l’Italia ha ridotto lo sfrutta -
mento dei propri potenziali
metaniferi e petroliferi? Un ’i-
potesi è che qualcuno nella po-
litica e dintorni guadagnasse
di più con le importazioni: ciò
dovrebbe essere oggetto di
giornalismo investigativo. Una
certezza è che il dissenso ideo-
logico combinato con le assur-
de norme burocratiche per i
permessi minerari abbia di -
sincentivato le industrie. Ora
l’inflazione energetica riduce i
dissensi. Ma c’è un problema
reale di incompatibilità con la
vocazione turistica delle coste
italiane? No, la tecnologia è co-
sì evoluta da garantire sicurez-
za e tutela del paesaggio.
Quanto costerebbe aumen-
tare la produzione dai giaci-
menti già esistenti e riaprirne
alcuni? Dai 300 ai 400 milioni
con effetti già nel 2023, forse
prima. Quanto il cominciare a
espandere il potenziale verso
lo scenario detto sopra? Dai 2
ai 3 miliardi. I tubi? Ci sono già
e quelli a Nord sono a doppio
flusso. In sintesi, l’Italia po -
trebbe diventare una potenza
energetica nell’Ue con anche
benefici geopolitici enormi.
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