E se la vanità
fosse il motore
v i r t u o s o d e l
m o n d o? E s e
tutto ciò che di
più nobile rea -
lizza l’uomo - l’arte, la poesia,
il pensiero, la scienza, la poli-
tica e perfino la santità - pro-
venisse dalla vanità? Vanità è
il piacere di piacere ma è an-
che il senso del vuoto, dell’i-
nanità del mondo e delle co-
se. E se l’uomo senza vanità si spegnesse, odegradasse al rango di vege-
tale, anzi di minerale, per -
ché le piante forse sono es -
se pure vanitose? E magari
anche i rubini, gli ori e i
diamanti, sono a loro modo
affetti da vanità...
In quest i giorni sono
usciti due testi esili ma pre-
ziosi dedicati alla vanità.
Sono due opere, ristampa -
te, di due autori che non ci
sono più, che prendono la
vanità in due modi opposti,
suscitando in me reazioni
inverse. L’elogio della vani -
tà di Giuseppe Berto (ed.
Settecolori) mi ha indotto al
contrario a ripensare alla
miseria della vanità; invece
Va n ità di Mario Andrea Ri -
go n i(ed. La scuola di Pita -
gora) che ne commisera la
tragica illusorietà, mi ha
spinto al contrario a rivalu -
tare la vanità.
Bepi Berto scrisse il suo
elogio della vanità nel 1965,
dopo il successo del suo
libro più famoso, Il Male
o sc u ro, ed è inevitabile il
retrogusto autobiografico
di queste pagine che si ad -
dentrano con ironia e legge-
rezza nella psicologia del
successo. Un testo sparito,
ritrovato dopo più di qua -
ra nt’anni, ripubblicato con
una nota preziosa di C e s a re
de Michelis, ora a cura di
Manuel Grillo . Ber to v i a g-
gia tra il narcisismo e l’e s i-
bizionismo, tra L e o pa rd ie
l’Ecclesiaste, e insinua il
dubbio che perfino la forza
e l’intelligenza siano al ser-
vizio della vanità. Citando
La Rochefoucauld arriva a
dire: «La virtù non andreb-
be tanto lontano se la vanità
non le tenesse compagnia».
Alla fine, pur scherzando,
conclude che una giusta do-
se di esibizionismo, ben go-
vernata, può servire a leni -
re se non a «correggere gli
errori del cielo e della ter -
ra». Forte è invece il sospet-
to che la vanità rientri tra
gli errori commessi rispet -
to al cielo e alla terra e che
la virtù possa ridursi ad
apparenza se si nutre di
va n i tà .
Ho sentito invece l’i m-
pulso a difendere la vanità
leggendo il libretto dedica -
tole da R i go n i, fratello mi -
nore di Cioran e discenden-
te umorale di L e o pa rd i. R i-
go n i è morto un paio di
mesi fa; il libro a cui accen -
navo era già uscito una de -
cina d’anni fa. Ci scrivem -
mo sul tema. Va n ità è un
libretto di pensieri brevi, in
verità decrescenti: molto
bello il primo capitolo, bel-
lo il secondo, meno bello il
terzo, dedicato in prevalen -
za agli snob, infine un ’a m-
pia antologia di citazioni a
cui manca forse l’e pi g ra fe
regina in tema di vanità.
Quel: Fama? Fumus, Homo?
Humus, Finis? Cinis, che è il
necrologio di ogni vanità.
Lessi il libretto di R i go n isu
uno scoglio d ell’A l ga r ve
laddove finisce l’Eu ro pa ,
bevuta dall’Atlantico. Asse -
diato dalle onde, sperduto
su l l’orlo dell’Oceano notavo
che la felicità più bella è la
più vana, perché non si lega
a nulla fuori di se stessa, la
pienezza di un istante ruba-
to all’eternità. Leggendolo
lì, coricato tra le rocce ros -
se, giungevo agli antipodi
delle conclusioni di R i go n i,
coniugando la vanità alla
felicità e all’essenza nobile
della vita. Nella sua prosa
disperata godevo lo spetta -
colo dell’intelligenza che
spalanca l’animo a vane im-
prese. Uno spettacolo esal -
tante, anche gioioso, tutt’a l-
tro che sepolcrale. E poi fa
piacere incontrare uno più
pessimista di te, ti fa senti -
re allegro e fiducioso al pa -
ra go n e. . .
R i go n igiudica il mondo
un frutto vano della vanità
di Dio. Ma ritiene che la
vanità sia il desiderio di
resistere alla morte, di esse-
re e non sparire. Non mori-
re! Non morire! fu il sogno
supremo che Miguel de
Un a mu n oriconobbe dietro
la sua stessa scrittura e filo-
sofia. Non morire è il sogno
pietoso della vanità; ma la
percezione di assurdità del
sogno, lo rende tragico, no -
bile e vero. R i go n isegue la
metafisica del niente di pa-
dre Emanuele Tesauro , e
torna al nichilismo sedutti -
vo di C io ra n; una dispera-
zione che riesce a sublimar-
si in letteratura, in estetica,
ironia, distillata nella ma -
gia della parola. E allora va
distinta la vanità rivolta al
fatuo compiacersi dalla va -
nità intesa come sentimen -
to del vano ed esercizio ope-
roso dell’inutile. La prima
vanità degrada l’uomo a fio-
re, come nel mito di Narci -
so; invece la seconda specie
di vanità eleva l ’uomo per -
ché l’inutile è il blasone
dell’anima ben nata. «Colo -
ro che chiamiamo inutili
sono le vere guide», dice
P l ato n e.
Anche in Rigoni c’è l’E c-
clesiaste con la sua va n ita s
va n itatu m, c’è traccia della
gnosi e del suo mondo crea-
to da un demiurgo funesto.
Ma c’è sopratutto L e o pa rdi
e la sua strage di illusioni.
Splendido quel suo L e o pa r-
di brutto, pallido e deforme
ma con un sorriso angelico
e una passione infantile per
la cucina. Della vita di L e o-
pardi mi colpì quasi quanto
i suoi canti e i suoi pensieri
l’immagine di lui morente
che si delizia avidamente in
Napoli con i gelati. Ho rivi -
sto nella mia mente L e o pa r-
di ingoiare voracemente
una granita di limone pri -
ma di spirare; un uomo vec-
chio di 38 autunni, ma con
un volto che, stando al calco
mortuario esposto a Reca -
nati, somigliava a quello di
B o b bionovantenne. Ma in
quel vano e famelico gusta -
re la granita si coglieva il
nesso struggente tra un ’i n-
fanzia avariata, sul punto di
morire e un estremo attac -
camento alla vita e alle sue
puerili golosità. Il pensiero
della morte aveva dominato
tutta la sua vita; ora, final -
mente giunto al suo cospet-
to, voleva assentarsi, per -
dersi nel piacere bambino,
infimo e assoluto di una
granita. Avrei voluto veder -
lo come gustava l’ultimo ge-
lato; solo a immaginarlo,
avido e morente, gli occhi si
appannano di lacrime. In
quel gesto vedo l’e s p re s s io-
ne più acuta della vanità
della vita, laddove il frivolo
e il tragico si sciolgono tra le
scaglie dolci e agre di un
gelato al limone. La vanità è
il piacere breve di una gra -
nita che si scioglie mentre
la gusti.
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