È dal 1968 che la fantasia, il ribellismo e la trasgressione hanno occupato tutto quanto era occupabile. Scuole, università, ospedali, case e palazzi più o meno abbandonati, edifici pubblici e privati di ogni tipo e fattezza. A partire da Roma, Parigi, Londra e New York: la rivoluzione infatti si fa in città, non nel paesello. E così chiunque ha fatto le scuole dopo il ’68 ne ricorda tante di o kkup az io n i , per qualunque ragione possibile. Dalla fame nel mondo alla droga (sia per combatterla che per legalizzarla), dall’auto r ita r ismo dei docenti alla violenza della polizia, dallo spettro del fascismo al caro prezzi della mensa universitaria, e via dis c o r re n d o. Ma alcuni, sia populisti che anti populisti (come Amnesty international per esempio), denunciano ora il fatto che, a causa (o con la scusa) del Covid, si registri una contrazione dei diritti e delle libertà individuali. Anzitutto della libertà di movimento (tra lockdown e coprifuoco), ma anche della libertà di scelta terapeutica, fino alla stessa libertà di pensiero, di dissenso e di opinione. Per dimostrare che la «dittatura sanitaria» ha influenzato le mentalità e trasformato la democrazia classica in un regime ben più severo, vorrei citare qualche stralcio di documenti in mio possesso. Mi spiego. A Roma, come in altre città della Penisola, molte scuole sono state occupate e lo sono ancora. Tra esse i celebri licei Tasso, Righi, Avogadro, Giulio Cesare. Per motivi diversi, e come al solito discutibili, ci mancherebbe. Lungi da noi essere giovanilisti a tal punto da credere che se lo fanno i giovani (o una parte cospicua di essi) automaticamente, è il futuro che ci parla. Però stavolta i conti non tornano. Perché per decenni il mondo scuola, fatto di studenti, docenti, presidi e bidelli, si è mostrato a dir poco tollerante verso queste forme progressive di «illegalità». Tendendo, specie i prof più aperti, meno conservatori e più avanzati, a giustificare o almeno a capire i giovani. Esuberanti e poco ortodossi certo, ma comunque da comprendere nella loro volontà di dire la loro, di farsi sentire, di scocciare e di cambiare il mondo, perché «la vita è adesso» (C l aud io B a g l io n i ). Ma sentite, per antifrasi, come si esprime il comunicato ufficiale di un liceo della Roma bene, scaricabile sul sito della scuola stessa. «L’o c c upa z io n e della scuola costituisce reato (artt. 340 e 633 c.p.) che il dirigente scolastico è tenuto a segnalare e denunciare all’auto - rità giudiziaria ai sensi dell’art. 347 c.p.». Si parte subito sul penale e non c’è traccia di dialogo e apertura in tutto il comunicato. «L’occupaz ione, violando norme di legge, si configura come atto antigiuridico oltre che diseducativo». E questo perché contrario «ai principi della convivenza civile, primo fra tutti quello di legalità». Tolleranza zero insomma. Eppure fino a ieri, questo linguaggio, tutto e unicamente «legge e ordine», sarebbe stato malvisto e perfino apertamente criticato dai sindacati e dai difensori d’ufficio degli studenti e dei giovani. Anzi in tali casi, si parlava facile di «repressione», «paternalismo dei presidi», «fascismo». Ma ora tutto tace. Miracoli della pandemia (o della flessione dei diritti in atto?). Il top qualche riga dopo. «Pertanto essendo consentito solo ciò che non è vietato dalla L eg ge…». Avete letto bene cari lettori. Da decenni la scuola di pensiero anti autoritaria (da Herbert Marcuse a don L orenzo Milani e innumerevoli epigoni) insegna che c’è una differenza fondamentale tra dire «è permesso tutto ciò che non è vietato», e dire «è vietato tutto ciò che non è permesso». E si capisce benissimo. Nel primo caso la norma è la libertà, nel secondo la legge viene prima. Negli Stati autoritari c’è sempre il dubbio che si stia infrangendo una legge ed è la libertà a essere sospetta. Negli Stati democratici avviene, o avveniva, il contrario. Ma un liceo della Capitale, e non è davvero l’unico, dopo minacce di tipo penale agli occupanti, considera «consentito solo ciò che non è vietato dalla Legge». Con la maiuscola per ammansire meglio. Pare incredibile ma stiamo vivendo tutti, dal Covid in poi, in una distopia continua senza interruzioni e freni, ma anzi sempre più accelerata. Fino a quando un profeta oscuro dica che il re è nudo e scriva sui muri della Capitale: a rid ate c e la democrazia!
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento