Pochi giorni fa un ministro (un ministro!) lamentò che da noi a scuola si studiano troppo le guerre puniche. L’osservazione mi colpì. Perché al liceo classico avevo avuto un professore che spiegandoci le guerre puniche aveva detto: «Se Roma non vinceva queste guerre, noi qui, oggi, in quest’aula, parleremmo arabo». Per il nostro ministro non è abbastanza importante che noi oggi parliamo una lingua neolatina e non una lingua neoaraba? Ieri sui giornali girava la notizia che la direzione europea aveva preparato un documento interno in cui raccomandava, tra le altre cose, di non usare la parola «Natale», perché è una parola che esclude una parte della popolazione che vive ormai in Italia, quindi una parola noninclusiva, che è meglio lasciar perdere. Letta questa raccomandazione dell’Eu ro - pa, nel cervello mi spuntò la definizione che un grande poeta francese, Charles Pég uy, diede della nascita di Cristo. Disse: «Il più grande evento della storia umana, di prima e dopo». Come possiamo noi cancellare il nome e il giorno che ricorda questo evento? Cosa resta della nostra storia? Cosa del nostro calendario? Cosa di noi? Alessandro Manzo n i scrisse una serie di Inni sacri per celebrare le più grandi feste della nostra civiltà, tra le feste la più importante era il Natale, ma tra gli inni il più riuscito non era il «Natale», e questo al M a n zo - ni sembrava un suo fallimento, lavorò e lavorò su quell’inno, e poi, rassegnato, scrisse sotto: «Cecidère manus», mi son cadute le mani, non ce l’ho fatta, il Natale è troppo grande per me. Ci sono degli storici i quali pensano che una delle principali cause che prepararono la caduta di Roma fu l’av ve n - to del cristianesimo. Roma era la forza, la guerra, la conquista, il dominio, l’i m p e r io, l’obbedienza all’i m p e rato re - dio. Il cristianesimo fu la pace, la fratellanza, la liberazione degli schiavi, l’obb e d ie n - za al Dio che sta nei cieli. Roma durò mille anni, e cambiò il mondo. Il cristianesimo dura da duemila anni, e ha cambiato il mondo. Che senso ha abiurare il Natale? Perché di questo si tratta, cancellando il nome e la festa del Natale. Arrivano altri popoli e noi vogliamo accoglierli? Così c’insegna il cristianesimo e il suo capo, che ogni domenica s’affaccia dalla finestra del Vaticano. Ma accoglierli e rispettare la loro civiltà e la loro cultura non significa lasciar perdere la nostra: la civiltà di domani si prepara creando la convivenza delle altre civiltà accanto alla nostra, non buttando via la nostra. Ogni civiltà prima o poi muore. Ma se la nostra civiltà muore così, è un suicidio. Questo han detto i giornali alla direzione europea. La quale, pentita, nel giro di un giorno ha fatto dietrofront: il Natale resta, il Natale si può fare, «Natale» si può dire. La precedente era una comunicazione affrettata, dice la Commissione, dobbiamo pensarci ancora. Va bene, pensateci, ma dopo secoli di storia arriva il momento in cui la nostra civiltà deve convivere con civiltà con cui non s’era mai toccata, e vi fate trovare impreparati? Da questa direzione europea non ci sentiamo ben rap p re s e ntat i .
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento