STUPIDA RAZZA

lunedì 29 novembre 2021

Col Patto, Roma e Parigi vanno in rotta di collisione con l’Ue Forse conviene solo a Macron

 

Nonostante la retorica europeista, il patto Italia-Francia va contro i trattati Ue. E permetterà a Parigi di giocare su più tavoli, forte dell’asse con Berlino. Roma invece si impegna su fronti strategici (dai migranti, all’energia, allo Spazio) ma senza garanzie.Quindici pagine di accordo e 19 per racchiudere il futuro programma di lavoro. Per la Francia la firma al Trattato del Quirinale l’hanno messa ieri mattina, in una Roma sorvolata dalla nostra squadriglia di Frecce e dall’imitazione francese, il presidente E m m a nuel M ac ro n , il premier e il ministro degli Affari esteri. Per l’Italia ha siglato per tutti M a r io D ra g hi . Un dettaglio non da poco, che sta a indicare la scarsa collegialità e al tempo stesso la segretezza di un accordo che ha tre elementi fondamentali. Primo: non ha una data di scadenza. Secondo: è un Trattato che non tratta nulla di specifico, ma tutto in generale. Nei fatti è una comunione di intenti che il Parlamento avrà difficoltà a ratificare, ma anche a non ratificare. Terzo aspetto: il Trattato contiene uno schema di lavoro permanente e sarà su quei tavoli che verranno prese le decisioni vere, quelle reali che modificheranno il Paese. Con tali premesse, ribadiamo, è difficile dare una valutazione univoca, complessiva e di fondo. Certo ci sono alcuni capitoli chiari. L’Italia cede in sostanza la propria industria aerospaziale. E decide di sviluppare il 5G, il 6G, il cloud e le proprie scelte digitali assieme a Parigi. Estremamente pericoloso il capitolo relativo all’e n erg i a . Italia e Francia si accordano per spingere il piede sull’acce - leratore della transizione ecologica. Si accordano per essere ancor più aggressive rispetto alle scelte (che noi giudichiamo sconsiderate) di Bruxelles. Entrambi i Paesi vogliono più decarbonizzazione e rinnovabili. Peccato che non ci siano accenni al nucleare. Il rischio elevato è che Parigi andrà avanti con l’atomo e noi finiremo con il dover comprare la loro elettricità. D’al tra parte, adesso che si può leggere il testo e gli allegati, non si possono non notare elementi in pieno disaccordo con i trattati europei. Chi celebra la firma di ieri come un passo avanti nell’europeismo e della condivisione paritetica tra nazioni forse fatica a scindere la lettura laica dalla cecità ideologica. Per capirlo basta andare a pagina 8 dell’allegato che descrive il programma di lavoro. Al punto 5.1 si legge che i due Paesi si impegnano a sostenere la creazione di nuove risorse proprie. Che forse significa un sistema sostenibile in modo indipendente dai fondi comunitari. O almeno ipotizziamo, visto il passaggio sibillino. Poi però basta scorrere per comprendere che Italia e Francia si muovono per creare una nuova politica monetaria, un nuovo sistema di garanzia dei depositi bancari, u n’unione bancaria che abbatta le barriere nazionali e i poli produttivi (batterie, sanità, cloud, farmaceutica) congiunti. Al tempo stesso Roma e Parigi (ultimo paragrafo dell’articolo 3 del Trattato) si impegnano a «spingere per un ricorso più esteso della maggioranza qualificata per le decisioni del Consiglio Ue». Il passaggio sembra quasi buttato lì a caso. In realtà è decisivo. E svela l’impianto dello schema. Prima si decide sui tavoli separati e si fa valere la forza economica congiunta. Poi si trovano le alleanze con i Paesi periferici Ue e alla fine si scalza la forza del Consiglio. A primo acchito potrebbe essere il modo di creare una cupola dentro l’Ue in grado di decidere al posto degli euroburocrati. Uno dei problemi sta però nel fatto che per M ac ro n il vertice della cupola deve essere Parigi. È vero che andremo a bilanciare il potere tedesco e a evitare il ritorno all’austerità. Ma Parigi ha un vantaggio enorme. Con Berlino ha firmato, a gennaio 2019, il Trattato di Aquisgrana. Un testo molto simile a quello del Quirinale in termini di difesa comune, industria e proiezione all’estero. La differenza fondamentale è che l’ac - cordo di Aquisgrana è soggetto al vaglio del Bundestag, il nostro no. Giusto per fare un esempio. Un ministro francese parteciperà ogni trimestre a un Cdm. Il nostro ministro inviato a Parigi parteciperà ai tavoli del premier. Ma il livello è totalmente asimmetrico. Qui Palazzo Chigi decide, là il gabinetto del premier ha sopra l’Eliseo. Dal momento che il Trattato con Berlino non sembra andare in contrasto con il nostro si desume che Parigi potrà giocare su due binari paralleli e giostrare. Diverso sarebbe se anche noi chiudessimo il cerchio formando in realtà un triangolo con i tedeschi. Il contrappeso tedesco non è un tema secondario e il desiderio di azzerarlo visto le cattive esperienze del passato può però portarci in una situazione modello Urss. Un fine osservatore e appassionato di storia ieri faceva notare che l’Urss ha storicamente affidato competenze economiche ai singoli Paesi satellite. Ucraina, granaio. Germania Est produttore meccanico. L’Unione europea che è sempre più sovietica e in realtà lo sarebbe anche a trazione francese rischia di copiare lo schema di Mosca. Affidare all’Ita l i a singole competenze in cambio di attività di penetrazione contro la Turchia e la Cina. Se però saltasse l’a rch i tettura dell’Unione noi resteremmo in braghe di tela come capitò ai tedeschi dell’Est o ai cechi. Tutto insomma corre sul filo del rasoio. Chi sottovaluta questo Trattato, sbaglia. È un passaggio storico. E il prossimo presidente della Repubblica, avendo in capo un rapporto diretto con l’Eliseo, potrà dare l’impronta. Vedremo se sarà D ra g h i .



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