n «Mi chiami alle 19.30, sarò come ogni sera sulla poltrona che fu di mio padre, e che ho promesso a mia nipote un giorno». Antonio Martino, pur da seduto - «quando sono qui mi sento 45 anni, appena mi alzo sembrano 90» - assicura che non smetterà di combattere. «Perché io, nella piantagione, non ci voglio finire». Cosa sia la «piantagione» lo spiegherà con un aneddoto dei suoi. Humour lucido e cortesia irresistibile, ex ministro degli Esteri e della Difesa nei governi Berlusconi, oggi Martino è presidente onorario dell’Istituto Milton Fr ie d m a n . Tra un mese esatto saranno 79 anni, la domanda èd’obbligo: è vacc i n ato? «Sì, e mi vaccinerò ancora se servirà, non perché creda che i vaccini siano la soluzione, quanto perché credo nei vaccini: le case farmaceutiche sono in concorrenza, motivate a essere efficienti per evitare danni derivanti da eventuali casi problematici. Questo non significa che ritenga sensata un’obbligato - rietà del vaccino. Perché oggi è stata trovata la giustificazione per introdursi con il potere nelle nostre v i te » . Cosa ne pensa della direttiva sulle manifestazioni? «Chi pretende di governarci anche se non lo abbiamo scelto ha liquidato il dissenso in modo semplicistico: squadrismo fascista. Hanno ripetuto questa squallida panzana ad nauseam». L’onda nera si è infiltrata tra i no vax, scrivono. «Due dozzine di patetici nostalgici possono forse mobilitare migliaia di persone? I nostri sedicenti governanti dovrebbero forse ricordare che non fu il cattivissimo Pinochet a far crollare Allende, ma i camionisti cileni che si ribellarono. Così, il capo dei portuali di Trieste ha detto chiaro che per loro quel che conta è la libertà di scelta». È una questione di libertà anche per lei? « L’obbligatorietà del pass crea solo problemi a chi è costretto a ricordarsi di portarselo appresso. Una marchiatura a fuoco sulla fronte sarebbe stata più comoda, e vista da tutti. Sì, io sono contrario a qualsiasi ingiustificata restrizione delle nostre libertà, piccole o grandi. Perché le libertà che si perdono raramente si riescono a recuperare. E la storia insegna che si smarriscono sempre poco per volta». Una giustificazione però è stata d ata . «Obbligare le persone a fare ciò che è nel loro interesse è stupido e controproducente, checché ne dica il ministro “Fin che c’è vita” (Spe - ranza, ndr). C’è l’idea che la salute non sia di nostra proprietà, ma dello Stato, che nella sua grandissima generosità si occupa di noi. Cretinate. Se io volessi vivere una vita spericolata, è un mio diritto. Se voglio essere il più malato del cimitero lo decido io». Si discute di restrizioni per chi non si vaccina.«Lo Stato calpesta i principi fondamentali del diritto. La mia laurea in giurisprudenza risale a 57 anni fa, ma mi pare di ricordare che l’uguaglianza sia uno di questi. È inaccettabile imporre obblighi a qualcuno, e diritti a qualcun altro». I bollettini dei contagi sono tornati quotidiani, li legge? «Nel 1918 gli abitanti del pianeta erano 3 miliardi, la spagnola causò 50 milioni di morti. Oggi siamo 9 miliardi e il Covid ha fatto 4 milioni di morti. Sarà pur vero che i farmaci sono migliorati, ma altresì le dimensioni dicono di un problema quasi insignificante, soprattutto da quando abbiamo scoperto che se uno muore “per coronavirus”non è sempre a causa del virus: il nesso causale “post hoc, ergo propter hoc” è un errore logico ripetuto da c i a l tro n i » . I decreti li ha votati il Parlamento, dove lei ha trascorso molti anni. «I decreti hanno la fiducia del Parlamento, sissignora, ma con una maggioranza talmente eterogenea da far sembrare monocolore Arlecchino. E io Mario Draghi non l’ho mai votato, non me ne è stata data occasione». Citava prima il potere. Ritiene ci sia un obiettivo? «Una delle letture più ti della mia vita è stata grazie alla neve. Detesto la neve: è fredda e sporca, sono nato più vicino a Tunisi che a Roma, per me Caserta è l’estremo Nord. Quando le nostre due figlie decisero di voler andare in montagna, mia moglie mi portò appresso, e io me ne restai in albergo a leggere un testo - Lo Stato - scritto dal più grande filosofo politico del secolo scorso: Anthony de Jasay (ce ne riassume la vita con passione, ndr)». Cosa aveva di speciale quel libro, tra le centinaia che avrà letto da p ro fe s s o re? «Comincia con il chiedersi cosa faresti tu se fossi lo Stato, e passo dopo passo, con una logica agghiacciante per il suo rigore, nell’ultimo capitolo descrive la piantagione dove finiremo tutti di proprietà dello Stato, e senza diritti, perché non c’è nessun diritto». E lì lei non ci vuole andare. Neppure, da economista, in nome di una ripresa economica? «Questa storia della ripresa economica è quasi una barzelletta, tirata fuori sempre dai governanti che questa volta definirò ameni, perché fanno morire di risate quando parlano seriamente. Che caspita di ripresa potremo avere, con tutte le restrizioni imposte alle attività economiche?».Anche Silvio Berlusconi è liberale. Eppure sul green pass non andate d’ac c o rd o. «Fui la tessera numero 2 di Forza Italia del 1994, quando venne fond ata » . La conserva ancora? «Ma non sono più iscritto, perché nel 2018 ho chiamato Silvio Berlusconi e gli ho detto: “Silvio, mi dispiace ma non mi candido più perché quando vado alla Camera torno a casa malato, non voglio farmi uccidere da questi mascalzoni. Sappi comunque che sono a dispos i z io n e”». Il Cavaliere come reagì? «Ne fu impressionato, lo raccontò a una riunione dei parlamentari, mi definì onesto, confermando che malgrado le differenze siamo ancora amici. Sul pass non ho avuto modo di parlare con lui. Credo che accetti l’obbligatorietà perché ha deciso di sostenere il governo Draghi. Cosa che per altro non mi è mai sembrata sensata». È possibile che Berlusconi salga al Colle? «Possibile sì, ma non so perché. Le belle case non gli mancano, ne ha più di quante ne possa abitare. Quindi il Quirinale non credo possa essere per lui un incentivo». Al di là della battuta? «Non mi sembra che tagliare nastri e accarezzare la testa ai bambini sia un lavoro attraente. Forse per una persona che non ha altro a cui pensare, o soddisfazioni ancora da otte n e re » . Nel 2015 fu anche lei nel totoQu i r i n a l e. «Una proposta sciocca dal punto di vista della strategia politica. Dissi in tv che mi sarei dimesso». Ci sono veri liberali nel centrod e s tra? «In Italia ne esistono più oggi di quando c’era il Partito liberale, ma non si occupano di politica. È un fiorire di iniziative, non conosciute dalla massa. Avrebbero bisogno di un altro Berlusconi, ora che lui si avvia al Colle». Per fare la rivoluzione che prom ette s te? « L’affluenza alle urne è crollata in modo verticale perché moltissimi elettori del centrodestra, delusi dal fatto che non potevamo mantenere la promessa, hanno smesso di votare. Sono la maggioranza degli a s te nut i » . Come si riconquistano? «Il problema nasce dal fatto che Berlusconi non ha creato un erede credibile, non c’è un leader che lo possa sostituire». Salvini e Meloni? «Né l’uno né l’altra. Giorgia Meloni è maturata moltissimo, ma non si è ancora fatta completamente le ossa. E Matteo Salvini anche quando dice cose sensate - e accade, spesso - non ha il carisma per fare il p re m ie r » . In Forza Italia? « L’errore è stato nominare come vice Antonio Tajani. Un’ottima persona, gli sono amico, ma agli occhi dell’opinione pubblica è quello che la gente detesta con tutta l’anima: la Ue, la Merkel». Astenuti euroscettici? « L’Europa scredita i nobili ideali che ne sono stati a fondamento. Non potendo puntare all’unità, a Bruxelles si sono dati all’uniforma - zione delle targhe automobilistiche. Negli Usa ogni Stato decide liberamente la propria politica di bilancio e tributaria. E se la California fallisce, nessuno può obbligare il Texas a comprarne i titoli di Stato, né la Fed interviene». Lo spread fece cadere il vostro gove r n o. «Una parola inglese che nei Paesi anglosassoni non ho mai sentito utilizzare, una cosa che solo quei barbari dei tedeschi potevano pensare. Si preoccupano che l’Ital i a possa onorare i debiti, ma immagini quanto varrebbe l’in - gresso a pagamento a Venezia, o a Firenze, e quanto vale la ricchezza privata. Siamo noi i ricchi, gli altri sono più stupidi». L i b e ral i s m o, quindi? «Sono liberale e pure conservatore, perché voglio che si proteggano le libertà esistenti. E sono anche rivoluzionario, se è l’unico modo di sbarazzarsi del tiranno. Sono un riformista, perché sono disposto ad accettare cambiamenti profondi nella società se servono per dare spazi di libertà individuale. Un reazionario, perché voglio recuperare libertà smarrite». Manca forse solo progressista. «Lo sono da sempre, perché senza libertà non c’è progresso. La rivoluzione liberale è oggi più che mai necessaria perché abbiamo imboccato il sentiero della schiavitù » . Anche prima della pandemia? «Ora siamo anestetizzati dagli slogan, che cercano di evitarci il trauma della perdita di libertà considerate fino a pochi anni fa intoccabili. Prima? Le farò un esempio, ma ne avrei a decine: l’obbligo del casco». Per la moto? «Proprio quello. Ricordo una lettera di un lettore sul Giornale di Montanelli, che scriveva dall’ospe - dale con gamba e braccia rotte perché caduto dalla motocicletta. Riconosceva che il casco gli aveva salvato la vita, ma si chiedeva se senza avrebbe potuto sentire l’ambulan - za in arrivo ed evitare l’auto che lo aveva travolto».
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
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