Cre deva mo,
sba gliand oci,
che il ministro
dell’E co n o m i a
Daniele Fran-
co avrebbe po-
tuto ricevere dalla Com-
missione un trattamento
migliore rispetto ai suoi
p r e d e c e s s o r i R o b e r t o
Gualtieri, Giovanni Tria e
Pier Carlo Padoan.
Invece nulla di tutto que-
sto. Anzi, considerando che siamoappena usciti da una reces-
sione di portata epocale e che
quindi c’era da attendersi
una maggiore clemenza, il
g i ud i z i o fo r mu l ato d a l l a
Commissione mercoledì sul
documento programmatico
di bilancio (Dpb), inviato il 20
ottobre a Bruxelles, non fa
sconti di sorta e mette una
pesante ipoteca sull’evo lu-
zione dei conti pubblici del
nostro Paese.
Ricordiamo che il Dpb
contiene già «in nuce» tutti i
tasselli fondamentali della
legge di bilancio 2022 il cui
percorso parlamentare è co-
minciato proprio mercoledì
al Senato. Il deficit/Pil previ-
sto al 5,6%, dal 9,4% del 2021,
diminuisce per il progressivo
e s a u r i r s i d e l l e m i s u r e
straordinarie di contrasto al-
la crisi indotta dalle misure
di contenimento della pan-
demia e per la robusta cresci-
ta, prevista intorno al 4,7%.
La valutazione della Com-
missione è rituale ed è anco-
ra vivo il ricordo del 2018,
quando il giudizio fu negati-
vo e costrinse il governo Con-
te a ridurre la previsione di
deficit/Pil dal 2,4% al 2,04%,
tenendo bloccato l’esame
delle Camere fino all’inizio di
d ic e m b re.
Mentre da noi la notizia è
scivolata all’interno del soli-
to quadro elogiativo a pre-
scindere verso il governo
Draghi, a cui siamo abituati
da mesi, il Financial Times ha
ripreso la notizia dando evi-
denza proprio dell’asp etto
più sorprendente: «Il giudi-
zio della Commissione è una
battuta d’arresto ( setb ac k ,
n d r) per Mario Draghi, il cui
p re s t i g i o i nt e r n a z i o n a l e
avrebbe dovuto migliorare i
rapporti tesi tra Roma e Bru-
xelles sugli obiettivi di bilan-
cio», questo il secco com-
mento del quotidiano londi-
n e s e.
Punto nel vivo, la replica di
D ra g h i , in occasione degli in-
contri romani con Em ma-
nuel Macron, non si è fatta
attendere e il premier ha
esplicitamente invitato la Ue
a porre mano a una riforma
«inevitabile» delle regole di
bi l a n c io.
Ma chi si sorprende delle
parole della Commissione,
che ci riconducono alla real-
tà di regole pensate male e
applicate peggio, si illude che
qualcosa sia cambiato con la
pandemia e che il Patto di
stabilità sia stato sospeso.
Non è così e lo scriviamo da
tempo. E l’ha confermato
proprio l’European fiscal
board (Efb, organo consulti-
vo della Commissione) il 10
novembre, dichiarando che
l’attivazione della clausola di
salvaguardia non è un «tana
libera tutti» e non blocca nul-
la. Consente solo di adottare
una flessibilità aggiuntiva in
caso di gravi difficoltà econo-
miche ed è ciò che ha fatto la
Commissione, decidendo di
non far scattare la procedura
per deficit e debito eccessivi,
con una valutazione del tutto
politica. Non c’è stato alcun
auto m at i s m o.
Se queste sono le premes-
se di metodo, è comprensibi-
le che la Commissione nelle
otto pagine della sua valuta-
zione non sia stata tenera
con l’Italia e abbia svelato,
una volta di più, la trappola
in cui ci siamo cacciati con il
Recovery fund (Rrf, nello
specifico). Infatti, secondo
Bruxelles, l’orientamento di
bilancio (espansione o con-
trazione) deve essere misu-
rato escludendo le spese
straordinarie legate alla cri-
si, ma includendo le spese
del Rrf. In pratica ci dicono
che, siccome abbiamo un tet-
to alla spesa e nei prossimi
anni gli investimenti del Rrf
avranno un ruolo preponde-
rante, allora bisogna conte-
nere le altre tipologie di spe-
sa, soprattutto quella corren-
te, altrimenti sforiamo il tet-
to. Non è uno scherzo, pur-
troppo. E tale orientamento
della Commissione non è
una novità, perché anche nel
Def e nella Nadef, il governo
aveva descritto in dettaglio
questo circolo vizioso. Per ri-
parare il tetto della casa, dob-
biamo tagliare la spesa per il
c i b o.
I rilievi della Commissione
non vertono tanto sul 2022,
di cui salutano con favore il
pressoché totale azzeramen-
to delle misure straordinarie
per la pandemia, ma sugli an-
ni successivi. Partono dalle
garanzie statali sui prestiti
bancari che sono pari al 8,8%
del Pil, una cifra considere-
vole che proietta, in prospet-
tiva, una elevata incertezza
sui conti pubblici.
Ma la cosa che proprio a
Bruxelles non mandano giù è
che nel 2022 la spesa corren-
te primaria (al netto degli in-
teressi) contribuisca all’o-
rientamento fiscale espansi-
vo per l’1,5% del Pil, mentre
gli investimenti del RRf per
lo 0,6% e quelli finanziati con
r i s o r s e n a z i o n a l i p e r l o
0, 3 % .
Passi per il 2022, ci dicono,
ma poi la musica deve cam-
biare, aggiungono subito do-
po. E svelano la promessa che
il governo ha già fatto per il
biennio successivo: il deficit
e il debito saranno ridotti
con la crescita ma anche con
«appropriati avanzi prima-
ri», conseguiti attraverso il
contenimento della spesa
pubblica e l’aumento delle
entrate fiscali derivanti dalla
lotta all’evasione. Ma, come
spesso accade quando ci si
genuflette in anticipo, alla
Commissione non basta e
obietta che «l’Italia non pia-
nifica di limitare a sufficien-
za la crescita della spesa cor-
rente» ed esplicitamente «in-
vita l’Italia ad adottare le mi-
sure necessarie per contene-
re tale crescita». «Il livello del
debito e i rischi sulla sua so-
stenibilità richiedono mag-
giore prudenza nelle politi-
che di bilancio», aggiungono.
Concludono, sibillinamente,
invitando l’Italia a una co-
stante revisione delle misure
di sostegno adottate, tenen-
dosi pronta ad adattarle al
mutare delle circostanze.
Aug u ra n d o c i d i e s s e re
smentiti dai risultati che
Dra ghi sperabilmente con-
seguirà su questo fronte, per
ora queste sono le regole, a
prescindere da chi siede a
Palazzo Chigi.
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