STUPIDA RAZZA

martedì 30 novembre 2021

«Non posso tollerare i virologi che si improvvisano politici»

 

Pierluigi Battista, giornalista di lungo corso, osservatore liberale esente da pregiudizi, è in libreria con La casa di Roma (La Nave di Teseo), romanzo che narra la storia di una famiglia degli anni Settanta attraversata dallo scontro tra fascisti e comunisti. «È stato il decennio peggiore della Repubblica. Pur con tutti i problemi che abbiamo oggi, è folle pensare che la vita fosse migliore ai tempi delle stragi e dei pestaggi. Oggi mi fanno paura quelli che puntano a rinfocolare il conflitto sociale. La politica deve saper gestire i conflitti: si parla tanto di inclusione, perché non ricominciare da lì?». A proposito di conflitti. Qua lche te m p o fa, proprio su queste pagine, te la sei presa con l’ege - monia «te c n o s a n i ta r i a » dei virologi. Oggi, mentre spunta la variante sudafricana, gli esperti hanno conquistato la tua simpati a? «No. Riconosco loro massima competenza tecnica, e talvolta perdòno anche gli errori, perché alla fine è chiaro a tutti che la situazione è complessa, e che da due anni tutto il mondo sta andando a tentoni. Tuttavia, non tollero gli scienziati che si improvvisano politici, che sconfinano su terre a loro ignote, che parlano di cose che non conoscono, come i diritti costituzionali o le strategie di contenimento. Quelle sono scelte politiche su cui i virologi non hanno titolo per intervenire. Non si può pretendere il rispetto della competenza, e poi affrontare argomenti su cui si è assolutamente inc o m p ete nt i » . Ce l’hai con qualcuno in partic ol a re? «Walter Ricciardi era quello che, a epidemia già avviata, andava in televisione a dire che la mascherina non serviva, e che non bisognava fare i tamponi agli asintomatici. E lo diceva, badate bene, con tono categorico e perentorio. Mi chiedo oggi quale credibilità possa avere uno come lui. E lo dico io, che sono vaccinato, vaccinista, e favorevole al green pass. Pur con alcune riserve». Per esempio? «Aderisco alla linea di Macron in Francia. Va bene ristoranti e stadi, ma non posso accettare che si pongano obblighi vaccinali di qualsiasi tipo nei luoghi di lavoro. Il diritto a lavorare lo considero insopprimibile. Tutti i modelli di passaporto sanitario dei Paesi occidentali, su cui in linea di principio mi trovo d’ac - cordo, non prevedono obblighi da questo punto di vista. Invece qui sento addirittura prospettaL’inter vista un diritto universale. Nel senso che appartiene a tutti, immigrati compresi. È tale ormai l’a s suefazione alla “libertà vigilata” che Mario Monti può tranquillamente e senza contrasto invocare limiti alla “s o m m i n i s tra z io n e de ll’informazione democratic a”». Si può essere favorevoli alla linea dell’esecutivo di Mario Draghi senza abbandonarsi alla condanna morale di chi resiste al passaporto sanitario? «Con i no vax violenti e complottisti non si può discutere: vanno combattuti e basta. Poi però ci sono altre categorie: penso agli italiani impauriti, confusi, o a quelli già vaccinati che tuttavia vivono questa situazione come una limitazione dei loro diritti. Queste persone non possiamo accomunarle ai no vax. Non possiamo punirle, demonizzarle, inveire contro di loro » . È il trattamento che è stato riservato a diversi intellettuali c o ntro c o r re nte? «Io non mi trovo d’ac c o rd o con le posizioni di Massimo Cacciari, ma non mi sognerei mai di ridicolizzarlo, o di farlo passare per complottista, come si è fatto con lui, con Giorgio Agamben, con Alessandro Barbero. La politica intelligente deve ridurre le tensioni sociali, non alimentarle. In una parola sola: includere. D’altronde stiamo vivendo una fase storica senza precedenti: non possiamo pensare che tra gli italiani si raggiunga l’u n a n imità di opinioni. È impossibile». E p pu re si parla sempre più spesso di rendere il vaccino obbl i gato r io. «Non credo che Draghi abbia voglia di introdurlo. Esiste un problema di conflitto sociale che il premier non ha intenzione di alimentare. Ricordiamoci quanto successe ad aprile: la rappresentanza di sinistra al governo era incredibilmente “c h i u su r is ta”, e Draghi la sfidò con le aperture, sulla base del concetto di “rischio ragionato”. Penso che in futuro avremo a che fare con provvedimenti magari imperPIERLUIGI BATTISTA fetti e abborracciati, ma Draghi medierà. Anche perché, diciamocelo, il problema non sono più quelli che rifiutano la prima dose». C io è ? «Guardiamo i numeri. Oggi abbiamo 15.000-20.000 persone al giorno che si sottopongono alla prima dose. Se anche arrivassimo a 25.000, a livello epidemiologico cambierebbe poco. Il problema di convincere i no vax è superato, perché quello che il green pass poteva fare per spingere la gente a vaccinarsi, è stato già fatto. E temo che neanche questa versione rinforzata del passaporto verde porterà incrementi significativi nella somministrazione di prime dosi. Il fatto è che il giornalismo italiano, che è sempre concentrato sul giorno per giorno, non si accorge che la vera sfida, adesso, è quella di accelerare sulle terze dosi per chi vuole vaccinarsi. Perlomeno sulle fasce d’età più a rischio. Terze dosi, non prime». La corsa forsennata al vaccino combacia con la corsa al Quirinale. Draghi è ancora favorit o? «Lo sarebbe, se non fosse che se lui va al Quirinale poi il Paese va al voto. Draghi serve a Palazzo Chigi, perché garantisce con l’Unione europea per la trattativa sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). E il prossimo anno sarà quello decisivo per stabilire con precisione l’a l l o c azione di queste risorse, peraltro in una fase di eccezionalità sia economica che sanitaria». E allora? «Il problema è che con una maggioranza così variegata, ogni ipotesi diventa difficile in partenza. I partiti sono deboli e spaccati al loro interno. Nessuno ha la forza di fare lo strappo, magari con un nome da imporre sugli altri. E del resto non si può imporre un presidente della Repubblica contro la volontà di una parte della maggioranza governativa. Insomma, servirebbe un jolly estratto dal mazzo». I nomi sul tavolo del poker c om inciano ad affollarsi… «Le ipotesi Silvio Berlusconi o Elisabetta Casellati non credo esistano davvero. Marcello Pera? Improbabile. Paolo Gentiloni? Direi di no, anche perché il Partito democratico non può pensare di occupare a vita il palazzo del Quirinale. Ci sarebbe Marta Cartabia, che tuttavia sconta un rapporto conflittuale con il Movimento cinque stelle. Anche se, pur di evitare le elezioni, i grillini digerirebbero il nome di chiunque. Forse persino quello di Giuliano Castellino, leader di Forza Nuova…». E Pier Ferdinando Casini? Giuliano Amato? «Ripeto, è difficile attribuire probabilità, perché bisogna passare dalle forche caudine dei franchi tiratori, che sono tremendi. Ti impediscono di fare conteggi preventivi. Puoi disinnescarli solo con un accordo che sia così vasto da renderli irrileva nt i » . E se l’accordo non arriva? «Allora credo che in quel caso Sergio Mattarella, pur avendo zero voglia, accetterà il reincarico. Magari solo fino alle politiche, per far sì che il successivo presidente venga espresso da un nuovo Parlamento, più in linea con i sentimenti del Paese. Tutto questo, per senso dello Stato. E per evitare lo sfascio».

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