STUPIDA RAZZA

lunedì 29 novembre 2021

«Se non cancelliamo la Dad da adulti i nostri figli avranno problemi mentali»

 

La salute mentale dell’età evolutiva «è la vera eme rgenza di questo momento. Il reparto è sempre pieno. Le richieste di ricovero sono continue», dice Alessandro Albizzati, direttore dell’unità operativa di Neuropsichiatria dell’infanzia e de ll ’adolescenza dell’As st Santi Paolo e Carlo di Milano. L’onda lunga del lockdown e della didattica a distanza (Dad) per il Covid sta facendo esplodere i reparti per i minori con disturbi neuropsichici. È un problema solo del suo ospedale? « L’emergenza è ovunque perché anche prima della pandemia, a livello nazionale, le strutture erano carenti. Poi i danni dell’isolamento e della chiusura delle scuole hanno fatto precipitare la situazione. Stimiamo che nel 2021 in Italia abbiamo avuto un aumento dell’utenza dal 20 al 30%. Già in una situazione di normalità pre Covid eravamo estremamente sollecitati. I reparti sono tutti nella stessa situazione: non abbiamo posti letto. Se in pronto soccorso arriva un paziente indimissibile, posso accoglierlo come letto bis in una stanza, nelle pediatrie o nelle psichiatrie degli adulti, se hanno 16-17 anni». Tradotto in numeri? «In Italia, i minori di 18 anni sono più di dieci milioni e circa l’8% ha problemi neuropsichiatrici, ma i posti per il ricovero nel Paese sono appena 394. In Lombardia ci sono cinque reparti dedicati ai bambini con problemi mentali, ma tutta l’area metropolitana di Milano, circa tre milioni di abitanti, gravita all'ospedale San Paolo, dove i dieci posti letto previsti si sono ridotti, per la pandemia, a otto. Va specificato che, oltre all’u ni tà operativa del reparto, per la neuropsichiatria infantile ci sono anche cinque centri territoriali e un centro dei disturbi del comportamento alimentare. A proposito, i casi di anoressia e bulimia registrati solo nei primi 6 mesi del 2021 sono gli stessi di quelli avuti nell’intero 2019: un aumento del 100%. Sono pazienti dai 10 ai 16 anni». Come si spiega questa drammatica situazione? «Si è creata la tempesta perfetta: su un servizio già estremamente in difficoltà si è abbattuta l’emergenza. Ques t’anno abbiamo un 30% in più rispetto alla media degli anni precedenti perché, durante il lockdown, c’è stato un calo del 15-18% degli accessi. Adesso c’è un sovraccarico perché, ai pazienti non trattati per handicap già presenti, come per esempio l’autismo, si sono aggiunti quelli che hanno sofferto per il distanziamento sociale e la Dad». In base a quali elementi si può dire che i disturbi sono aumentati a causa della chiusura delle scuole? «Ci sono molti lavori internazionali che mettono in relazione il disturbo mentale adolescenziale dovuto alla Dad, alla riduzione dei contatti e alla preoccupazione di poter contagiare con il Covid i nonni. Certo, ci sono stati mesi di shock, ma in tutta questa condizione la scuola, anche a distanza, non ha curato la parte emotiva, è rimasta richiestiva e performante: i ragazzi vanno aiutati a migliorarsi non a essere i migliori. Gli insegnati devono chiedere come stanno gli alunni. Dallo scoutismo e dagli oratori ci arrivano echi di disperazione, di difficoltà a creare reti, relazioni. Al rientro a scuola, dopo le restrizioni, la Dad e il distanziamento sociale, sono aumentati i casi di ansia e depressione. Autolesionismo e i tentati suicidi sono alle stelle. Il primo giorno di scuola, a Milano, tre ragazzini tra i 12 e 15 anni si sono gettati dalla finestra». Perché la scuola è così im - portante per i ragazzi? «Nell ’adolescenza, le relazioni familiari si assottigliano. L’aspetto fondamentale è il rapporto con il pari: nel contatto tra coetanei si scambiano emozioni e pensieri. I ragazzi hanno bisogno di sperimentare piccole e progressive autonomie confrontandosi tra loro. Il primo tessuto è la scuola e tutto questo avviene principalmente nella scuola. C’è chi fa lo scout, va all’oratorio, esce con gli amici: sono comunque le modalità con cui si tenta di costruire l’identità personale e sessuale. Tutto questo è sparito con il lockdown. Come esseri umani, abbiamo bisogno di parlarci in presenza: guardarsi e sentirsi non basta». Gli adolescenti saranno anche più fragili dal punto di vista emotivo, ma si relazionano molto con la tecnologia: la Dad può aver fatto così tanti danni? «Per la mia generazione bastava stare insieme. I ragazzini sono esposti a una socialità completamente diversa, con i contatti via social, ma la Dad doveva essere di supporto, non sostituire la scuola». Come si poteva stare con le scuole aperte in piena pandem i a? «Non si è nemmeno tentato. C’erano delle persone disposte a tenerle aperte. Certo, il rischio c’era, ma se qualcuno si infetta lo tracciamo. Avessimo almeno tentato. In una situazione di emergenza, inventiamoci qualcosa. Non si è cercata un’alternativa alla chiusu ra » . Si può rimediare? «Quello che vedo io è la punta dell’iceberg. Sicuramente si devono intercettare i segnali di disagio dei più giovani: dall’ansia che si vede o che esprimono dicendo che non voglio andare a scuola, dal fatto che non ce la fanno a sopportare la routine quotidiana. Se non sono aiutati, poi iniziano a tagliarsi, non mangiano o mangiano in modo selettivo, si ritirano, stanno chiusi in camera con il computer. Bisogna però intervenire anche a livello istitu z io n a l e » . C o m e? «Deve essere in agenda: come giustamente si mettono il Covid e il vaccino, è necessario segnare che la seconda emergenza è la salute mentale dei minori. Questa è la nostra generazione futura. Bisogna fare qualcosa: se non interveniamo in questa fascia d’età, avremo un aumento di adulti con problemi mentali». Un a p p el l o a governo e reg io n i ? «Adesso c’è la riforma sanitaria e si parla molto di territorio. Più che all’ospedale, dove si interviene in casi acuti, la neuropsichiatria va rafforzata sul territorio, potenziando le reti dei centri diurni, delle comunità terapeutiche per la cura anche con personale adeg u ato » . Con l’aumento dei p o s i tiv i , se a qualcuno venisse in mente di proporre la Dad, cosa ris p o n d e re b b e? «Bisogna in tutti i modi evitare che la scuola chiuda di nuovo. Lo dico anche a futura memoria. Piuttosto, che resti aperta anche di notte. Gli insegnanti sono vaccinati. I ragazzi si sono vaccinati al 90%. Chi è positivo stia a casa, ma la scuola non deve chiudere: dobbiamo vivere e imparare a convivere con il virus».

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