D ic ia m o con chiarezza i numeri. Per diminuire le tasse in modo significativo - cioè 250/300 euro al mese - ci vorrebbero 30 miliardi; infatti, gli 80 euro di Renzi costarono 10 miliardi. Questa sarebbe certamente una manovra che darebbe un impulso molto significativo ai consumi e quindi al Pil. Non vale la tesi di chi sostiene che un eventuale aumento degli stipendi bassi e medio bassi (a causa di una diminuzione del peso fiscale su di essi, il famoso cuneo) potrebbe risolversi in un aumento dei soldi destinati ai risparmi e non ai consumi. Fare queste affermazioni significa non essere consapevoli della situazione non patrimoniale ma reddituale degli italiani. Famiglie che vengono da anni difficili, oltre a ripianare debiti vari, certamente destinerebbero il rimanente ad acquisti e consumi destinati a rendere la loro vita più confortevole e con un maggiore grado di benessere. Non solo dei 23 miliardi della manovra solo 8 sono destinati al taglio delle tasse ma ora sappiamo anche che all’interno di questi 8, invece di destinarli tutti all’Irpef e dunque a un potenziale aumento, fino a 800 euro annui, degli stipendi, 2 miliardi, cioè niente, vengono destinati al taglio dell’Irap. Si dice che andranno alle piccole imprese ma, guarda caso, varie associazioni di artigiani ci fanno sapere che, con tutta probabilità, questi due miliardi andranno alle grandi imprese. In questo caso la misura sarebbe completamente inutil e. Le nuove aliquote Irpef - cioè la percentuale che viene trattenuta sullo stipendio - scenderanno a quattro essendo attualmente cinque e saranno così divise: 23% fino a 15.000 euro lordi annui, 25% da 15.000 euro a 35.000 euro, 34% da 35.000 euro a 55.000 euro, 43% per chi guadagna oltre 55.000 euro. I tagli riguardano la fascia 15-28.000 che dal 27% passa al 25% e la fascia 35-55.000 che dal 38% passa al 34%. Per carità, meglio poco che nulla, ma purtroppo questa legge non vale nel campo delle politiche economiche dove poco non è meglio di nulla, ma poco è uguale a nulla perché interventi fiscali di scarsa rilevanza quantitativa hanno un impatto minimo, quando non nullo, sull’incremento del Pil e dunque della ripresa economica. È difficile capire come figure del calibro del presidente Mario D ra g h i e anche del ministro Daniele Fran c o, che certamente di economia ne sanno più di tutto il governo messo insieme, portino avanti una manovra che dedica alla parte più importante un terzo della quota complessiva. Volete fare una prova? Chiedete a chi proprio non sia un somaro assoluto di cosa ha bisogno l’Italia: vi risponderà che ha bisogno di lavoro, reddito e ripresa dei consumi. Ecco, questa manovra, da questo punto di vista, è praticamente inutile e verosimilmente inefficace per la ripresa economica stessa. È la solita logica di contentare un po' tutti e non ottenere un bel nulla, cioè non fare nulla di significativo per nessuno. Si dice, come abbiamo sottolineato sopra, che con questa manovra si arriverà in alcuni casi fino ad un risparmio di 800 euro l’anno, ma solo in alcuni, pochi, casi. E comunque 800 euro l’anno diviso per tredici (cioè compresa la tredicesima) ammonta alla mirabile cifra di 61,5 euro e stiamo parlando del migliore dei casi. In molti altri si andrà ad un incremento del reddito disponibile tra 20 e 60 euro, in molti casi 40 euro. Perché si fanno le cose così? Perché non si ha coraggio di dire che per varie cause (vincoli europei compresi) non si possono ridurre le tasse e si decide legittimamente di spendere i soldi in altro? Oppure, si decide una volta per tutte che il taglio delle tasse è il punto centrale della riforma fiscale e allora si agisce di conseguenza. Tra l’altro ci permettiamo di ricordare che per coloro che appartengo alle fasce di reddito basse e medio basse non si tratta di una questione politica ma di una questione di rispetto della Costituzione e cioè si tratta di non togliere, attraverso le tasse, l’essenzia - le per vivere ai cittadini con i redditi bassi. Se non lo vogliono fare perché non sono convinti politicamente, o non lo possono fare in quanto i partiti vogliono tutti un pezzettino della torta, si vadano a rileggere l’articolo 53 della Costituzione, si mettano una mano sulla coscienza e la tolgano dalle tasche degli italiani, davanti o dietro che siano.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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