rassegna stampa
di ieri mattina
sulla due giorni
del G20 romano
siamo stati cata-
pultati in un universo paralle-
lo. Anzi, in un regno magico.
Quello di Mario Draghi.
La carrellata di titoli è stata
un crescendo ai confini della
realtà, ma anche del culto del-
la personalità. O quantome-
no, della lucidità. «Un passo
avanti per curare il clima», Re -
p ub b l ic a . «Successo di D ra g h i
ma spiccioli per il clima», La
Sta mp a. «Clima, accordo su
più 1,5 gradi», Corriere della
S e ra . «Briciole sul clima ma
accordo d’oro su dazi e affari»,
Il Giornale. «D ra g h i prigionie -
ro, il G20 è un successo solo
per lui», Lib e ro. «Passo avanti
sul clima», Il Messaggero.
«Mini intesa sul clima. Ma
D ra g h i vince», Q N. Il piatto di
inchiostro zuccheroso è stato
accompagnato da foto di lanci
di monetine (coniate apposi-
tamente per l’evento) nella
Fontana di Trevi con A n gel a
M e r k e l a l p o s t o d i A n i t a
E k b e rg , nonché da «racconti»
sulle vacanze romane dei lea-
der del mondo che tra «ro-
manticismo e capolavori han-
no addolcito le vecchie ruggi-
ni». Per non parlare della «tat-
tica dell’empatia» con cui il
premier ha «smosso anche
Pechino e Mosca ed evitato un
fiasco finale» (Corriere della S e ra). E giù tutti a complimen-
tarsi con lui, B id e n , M ac ro n e
Joh n s o n , «eppure è lui stesso,
con professione di modestia e
sincerità, a descrivere quello
che è anche un compromes-
so» (sempre il C o r rie re ).
Un a m e l a s s a a n c o r p i ù
stucchevole se facciamo un
confronto con titoli e articoli
dei giornali stranieri: «I Paesi
poveri preoccupati dai limita-
t i p ro g re s s i c l i m at i c i d e l
G20», titolava ieri il G ua rd ia n .
Il Washington Post parla di «ri-
sultati modesti» sottolinean-
do che «mentre il primo mini-
stro italiano Mario Draghi e il
presidente francese E m m a-
nuel Macron hanno descritto
il G20 come un successo, l'esi-
to ha deluso il capo delle Na-
zioni Unite e il leader del Re-
gno Unito».
In Italia, invece, le rotative
hanno stampato una sorta di
estasi collettiva, dove l’agget -
tivo più usato (gli spin hanno
fatto bene il loro lavoro) è stato
«il tessitore». Fuori dal coro, si
fa per dire, il D ra g h i «troll che
ha fatto impazzire i populisti»
(Il Foglio). Picchi glicemici an-
che negli editoriali. Come in
quello di Alessandro Sallusti,
direttore di Lib e ro, per il quale
«D ra g h i ha compiuto un ca-
polavoro per sé innanzitutto e
per l’Italia di conseguenza, un
successo personale addirittu-
ra eccessivo e come tale fasti-
dioso». Superato, però, con
stratosferico distacco dal
commento di Alan Friedman
su La Stampa. L’ex biografo di
Silvio Berlusconi sembra ave-
re dimenticato il Cavaliere,
ora ha occhi solo per Mario.
Perché «per gli storici del fu-
turo il G20 simboleggerà an-
che il momento in cui il mon-
do intero avrà preso coscienza che “Italy is Back!!”. L’econo -
mia è forte, la leadership è au-
torevole, il premier è ricono-
sciuto come il salvatore del-
l’euro». La prossima sfida che
dovrà affrontare? «Magari sa-
rà lui a salvare la democrazia
liberale occidentale, una volta
che Merkel sarà fuori dalle
scene». E ancora. «Il mondo
intero ha ormai preso nota di
tutto ciò che D ra g h i ha saputo
realizzare in soli otto mesi a
Palazzo Chigi: ha vaccinato
l’80% della popolazione, ha ri-
scritto il Pnrr e ha program-
mato investimenti per un to-
tale di 220 miliardi di euro
nell’arco di cinque anni, isti-
tuendo nel frattempo un si-
stema di green pass che fun-
ziona e lanciando una serie di
importanti riforme struttura-
li. Tutto questo mentre guida-
va l’economia italiana, circon-
dato da un team di comprova-
ta competenza», aggiunge il
giornalista americano esper-
to di economia. E ormai inna-
morato pazzo di Mario. Pron-
to a contenderselo con il mini-
stro della Pubblica ammini-
strazione, Renato Brunetta,
che ha bruciato tutti sul tem-
po qualche mese fa ricordan-
do cosa succedeva nei passati
G20: «Quando parlavano i
Paesi di seconda fila, i Paesi di
prima fila spegnevano gli au-
ricolari. Ora quando parla
D ra g h i tutti sono in ascolto.
Da quando non succedeva? Da
Ottaviano Augusto. D ra g h i
supera anche i leader regiona-
li come C avou r e De Gasperi
nel bene, e come Mu s s ol i n i
nel male. La sua credibilità ha
una dimensione globale». Co-
smica, o almeno galattica,
obietterebbe Fr ie d m a n . O al-
tri cantori del mito draghia-
no. Non solo sulla stampa ma
anche in tv dove mirabile è
stata la colonna sonora scelta
per alcuni servizi sul G20: We
are the champions dei Queen,
o Zitti e buoni dei Maneskin.
Un’apoteosi. Roba da campio-
ni del mondo. O da groupies
scatenate per la star di zo Chigi.
Tutto questo entusiasmo,
whatever he does, tutta questa
irrefrenabile campagna di
beatificazione, tutti questi in-
chini di chi, per il mestiere
c h e f a , d ov rebb e ave re l a
schiena sempre dritta, faran-
no bene a Mario Draghi? Noi
crediamo di no. Poche cose
danneggiano la leadership e
rovinano lo stato come l’adu -
lazione. Non a caso Da nte spe -
disce gli adulatori nella secon-
da delle Malebolge, condan-
nati a essere immersi nello
sterco fino al busto: «Ed elli
allor, battendosi la zucca: /
Qua giù m’ hanno sommerso
le lusinghe / ond’io non ebbi
mai la lingua stucca».
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