STUPIDA RAZZA

sabato 20 novembre 2021

Cacciari: «È ora di ascoltare questi dubbi»

 

Lettera di undici professori universitari sui vaccini anti Covid: «C’è differenza tra farmaci e vaccini. Quelli contro il coronavirus non sono vaccini, sono terapie geniche somministrate a tutta la popolazione sana senza i necessari controlli di sicurezza, soprattutto a lungo termine». Commenta il filosofo Massimo Cacciari: «È un documento importante, che investe problemi che andrebbero presi in seria considerazione. Non ascoltiamo solo gli scienziati di regime».Se in Italia esistesse ancora la possibilità di porre domande e di ottenere risposte sensate al netto degli slogan e dell’ideologia, una lettera firmata da undici professori universitari verrebbe senz’altro presa in seria considerazione. Purtroppo, la sensazione è che da queste parti le possibilità di partecipare a una discussione seria siano estremamente limitate. In ogni caso, riteniamo che il testo redatto da alcuni accademici (ordinari in importanti atenei del Nord, del Centro e del Sud) meriti di essere non solo pubblicato, ma anche discusso. La domanda che i professori pongono è molto chiara: abbiamo a che fare con un vaccino o con un farmaco? Le differenze non sono poche o irrilevanti. Farmaci e vaccini, infatti, vengono testati e approvati secondo procedure diverse. Vengono somministrati a persone diverse e hanno, ovviamente, effetti molto diversi. Ecco perché sarebbe necessario ottenere chiarimenti dalle istituzioni, dati alla mano. «Si tratta di un documento importante», dice Massimo C ac c i a r i dopo aver letto il testo. «Questa lettera investe problemi rilevanti, che andrebbero presi in seria considerazione, anche perché a porli sono illustri professori. E non solo. Stefan Oelrich, membro del Board of Management della Bayer, ha detto che il vaccino è un farmaco genico. Si tratta solo di capire se si sia bevuto il cervello e se i professori che firmano la lettera vaneggino, oppure no». In realtà, secondo il filosofo, c’è anche un’altra cosa importante da comprendere: «Dobbiamo capire se sia ancora possibile ragionare, oppure se la verità debba essere una soltanto, e a gestirla debbano essere solo gli scienziati di regime». Come noto, C ac c i a r i non è un «no vax». Semplicemente, da mesi fa il suo mestiere: pensa e avanza dubbi più che ragionevoli sulla gestione della pandemia. E pretende alcuni chiarimenti. «I dati ci sono, e sono inoppugnabili», spiega. «Rispetto alla precedente ondata, la vaccinazione ha ridotto l’intensità, ha attenuato l’impatto del virus. Ma è lungi dal metterci totalmente al sicuro. Ormai si è capito che, anche da vaccinati, ci si può contagiare e si può contagiare. A questo punto, o si cambia strategia oppure si continuerà ad andare avanti un po’ alla cieca, magari vaccinando ogni sei mesi». Il problema è che alla vaccinazione è attualmente legato anche l’esercizio di alcuni diritti non secondari. Ed è proprio questo aspetto a rendere più fosco il quadro. A ciò si aggiungono le ormai continue richieste di ulteriori restrizioni. «La situazione è gravissima», dice C ac c i a r i . «E reagire è molto difficile, chi lo fa non ha vita facile. Qualcuno tuttavia ci prova, come gli scienziati che hanno firmato la lettera di cui stiamo parlando e gli altri che abbiamo riunito a Torino giorni fa. Faremo un’al tra riunione a dicembre, con molte altre personalità. Chiederemo a chi governa e ai medici che consigliano chi governa di rispondere alle domande che verranno poste senza limitarsi a dire che il vaccino ha avuto effetti positivi. Che li abbia avuti è indubitabile, ma non sta risolvendo il problema. Ci sono Stati, come il Giappone, dove i vaccinati sono il 30 o 40%, eppure i casi sono molto pochi. Come si spiega? Intanto qui da noi pensano a vaccinare i bambini, cosa fuori dal mondo. Viene il sospetto, osservando quanto sta accadendo, che quella di basarsi soltanto sul vaccino non sia una buona politica». Il punto è sempre è soltanto questo: sarebbe ora di raccontare le cose come stanno, e di lasciare da parte la propaganda. Sbagliare è consentito a tutti, mentire un po’ m e n o.

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