STUPIDA RAZZA

sabato 20 novembre 2021

Il Trattato del Quirinale è pronto ma il Parlamento rimane all’oscur o

 

Che belle le parole di S e rg io Mattarel la a Madrid. «Ogni Parlamento è tempio della democrazia. Il confronto fra diverse visioni vi trova posto, in vista di una sintesi orientata al bene comune», ha detto ieri il nostro capo dello Stato nel suo intervento davanti alle Cortes spagnole. Un luogo dove il concetto di democrazia non è certo teorico visto che pochi anni fa, nel 1981, si è misurato direttamente con un assalto armato. «Tocca ai Parlamenti colmare il divario tra la traiettoria segnata dalle aspirazioni racchiuse nei testi costituzionali e le condizioni reali, attraverso il confronto politico», ha aggiunto, «Si tratta di un compito arduo e appassionante». Ascoltando le parole di M at - ta rel l a abbiamo però dovuto riavvolgere il nastro, tornare all’incipit e verificare che il messaggio non fosse solo rivolto alle Cortes spagnole bensì anche ai nostri Senato e Camera. In effetti, «ogni Parlamento è tempio»: avevamo capito bene. Eppure qualcosa stona. Basti pensare alla legge finanziaria. Anzi alle ultime tre manovre finite in Aula con tale ritardo da rendere impossibile il funzionamento bicamerale e imporre un passaggio così a volo d’uccello da trasformare l’attività dei parlamentari in qualcosa di meramente acc e s s o r io. Ma a stonare ancor di più c’è un tema di estrema attualità. Il prossimo 25 novembre, fra sette giorni, il premier francese E m ma nuel M ac ro n è dato a Roma. In que l l ’occasione si firmerà il Trattato del Quirinale che porta proprio il nome del Colle. Come La Verità ha più volte denunciato, si tratterà di un accordo bilaterale in grado di blindare i rapporti tra i due Paesi in modo indissolubile. Su temi che vanno dal l’industria alla Difesa, dallo spazio fino alla pesca e alla gestione dei migranti e dei confini marittimi e terrestri. Eppure del Trattato il Parlamento non sa nulla. Non è stato minimamente coinvolto o consultato. A partire da agosto 2020, in collaborazione con la Farnesina e il Colle, sono partiti i tavoli su tutte le tematiche tranne quella della cooperazione spaziale di cui si è cominciato a discutere solo a settembre. La colonna dorsale dell’impianto servirà a creare percorsi di cooperazione così rigidi che qualunque governo ci sarà a Palazzo Chigi nei prossimi anni sarà ininfluente. Non dovrebbe essere in grado di intervenire per cambiare rotta. Ecco perché si sarebbe dovuto alzare le antenne e domandarsi perché le trattative sono praticamente un segreto di Stato. Un compito che certamente spetta al Parlamento. Ma che certamente non riuscirà a portare a termine. Nessuna cerimonia democratica dentro il tempio italiano. La lancetta dell’orologio però corre e in questi sette giorni c’è da chiedersi quale sarà la versione finale e chi metterà la faccia sul trattato, oltre che la firma. Gli uomini di M ac ro n nelle ultime settimane hanno chiesto di inserire un esplicito riferimento al sostegno che le parti dovrebbero perseguire per rendere l’Ac c o r - do di Parigi un elemento essenziale in tutti i tavoli internazionali sul commercio e sugli investimenti sostenuti dall’Ue. Il nostro Paese dovrebbe impegnarsi a rendere il quadro normativo internazionale, che piace ai francesi, di fatto una legge soprastante non solo alle logiche italiane ma anche a quelle dell’i nte ra Unione. Con il rischio concreto di finire con il tagliare il ramo su cui molte aziende italiane siedono quando trattano con gli Usa o anche con altri partner asiatici che delle tematiche ambientali hanno sicuramente una visione diversa. Ma al di là degli aspetti economici, che sono basilari, si ritorna all’i nte r - rogativo di fondo sul Parlamento. Non spetta all’Au l a decidere e vigilare le decisioni sugli accordi internazionali? Gli italiani hanno la memoria corta. L’attuale commissario Ue all’Economia ha portato avanti in solitudine il Trattato di Caen. Anch’esso un tentativo di definire tra Roma e Parigi relazioni privilegiate. Dove il termine privilegio è da intendere nei confronti della Francia. In quel caso, l’incontro avvenne a marzo del 2015 appunto a Caen, i contenuti miravano alla condivisione e lo sfruttamento di risorse sottomarine oltre che ai relativi interessi delle zone speciali. Il Trattato si è arenato e non è mai arrivato al Parlamento. Nel 2019 il neo ministro degli Affari europei Vinc enzo A m e n d ol a si disse favorevole a riaprire il tavolo. La spinta del Pd non ha portato a nulla. Per fortuna. L’attuale Trattato in via di definizione è però molto più sottile e dunque rischioso. Pur immaginando che dovrà avere un percorso parlamentare un po’ come è avvenuto ai tempi di Silvio Berlusconi con la Libia, molti passaggi de ll’accordo del Quirinale non necessiteranno di ratifiche per entrare in vigore. Quelli industriali, sulla sicurezza, sulla nostra proiezione all’estero e sull’i nte l l i ge n - ce potranno essere operativi da subito. Ecco, sarebbe il caso che il Parlamento bussi a qualche porta o almeno batta un colpo.

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