l'angoscia e la rabbio diffuse
d a ll ’e me rgen za
infinita a cui sia-
m o s o tt o p o s t i
minano la no-
stra capacità di ragionare. I
cittadini sono bombardati da
appelli a decidere in fretta,
senza cognizione di causa,
diventando quindi più mani-
polabili. Così, in tanti aderi-
scono, stanchi di tale frene-
sia, al pensiero dominante.Nel mio articolo preceden-te ho scritto che la questione
se la natura umana sia origi-
nariamente buona o cattiva è
indecidibile sul piano teori-
co; che io, in accordo con Im-
manuel Kant, considero un
dovere morale impegnarsi
nei confronti della sua so-
stanziale bontà; e che quindi
considero anche un dovere
morale ritenere la malevo-
lenza che alberga in misura
crescente nel nostro tessuto
sociale il risultato di una per-
versa manipolazione della
nostra natura da parte di po-
teri indegni per fini altret-
tanto indegni. Oggi vorrei os-
servare che, nonostante la
manipolazione in corso usi
tecnologie moderne e sofisti-
cate (soprattutto televisione
e Internet), le sue modalità
sono quelle di sempre, stu-
diate con cura da A r i s totel e
nella Reto ric a .
Per Aristotele un oratore -
cioè una persona che parla
in pubblico, verosimilmente
per convincere l’uditorio di
una tesi, e forse spingerlo a
u n’azione - ha tre strumenti
per raggiungere il suo obiet-
tivo. Il primo è il pathos, che
consiste nel suscitare pas-
sioni, emozioni nel pubblico,
meglio se intense e violente.
Una di queste è l’avidità: fa-
cendo leva su di essa, Alci-
biade riuscì a convincere gli
ateniesi a imbarcarsi nella
disastrosa spedizione in Si-
cilia, dove persero l’i ntera
flotta e quasi tutti i parteci-
panti furono sterminati.
R ac c o nta Tuc id id e: «Il nerbo
copioso delle truppe covava
il miraggio di un guadagno
rapido e, per l’avvenire, il
pensiero che un tal acquisto
di potenza avrebbe assicura-
to al governo fondi inesauri-
bili per i salari delle forze
a r m ate » .
Intensa e violenta può es-
sere anche la rabbia, che
Adolf Hitler era molto abile
nel diffondere. In un discor-
so tenuto al Reichstag il 30
gennaio 1939, per esempio,
estende la sua rabbia perso-
n a l e n e i c o n f ro nt i d e g l i
ebrei, colpevoli a suo dire di
averlo deriso, alla rabbia
contro di loro da parte di
u n’intera nazione: «Il popolo
ebraico [...] salutava solo con
una risata le mie profezie che
un giorno avrei assunto la
guida dello Stato e dell’i nte ro
popolo tedesco e poi, fra le
altre cose, avrei anche porta-
to il problema ebraico alla
sua soluzione. Credo che
questa risata vuota degli
ebrei in Germania gli sia già
rimasta in gola». E poi, insie-
me con la rabbia o da sola,
agisce con forza la paura: un
buon punto di riferimento in
proposito è il senatore ame-
ricano Joseph McCarthy, pa -
dre dell’infame movimento
noto come maccartismo, il
quale in un discorso del 9
febbraio 1950 lamentava co-
me «Sei anni fa [...] c’e ra n o
nell’orbita sovietica 180 mi-
lioni di persone. [...] Oggi [...]
ci sono 800 milioni di perso-
ne sotto il dominio assoluto
della Russia sovietica - una
crescita di oltre il 400 per
c e nto » .
Il secondo strumento a di-
sposizione di un oratore è l’e-
thos: il richiamo all’auto re -
volezza dell’oratore stesso o
di persone da lui citate a so-
stegno della propria posizio-
ne. Spesso l’ethos è usato per
coinvolgere l’uditorio in un
compito comune di natura
morale. Maestro ineguaglia-
to di tutti questi suoi aspetti
era Gandhi, dotato di enor-
me carisma personale (e
consapevole di averlo) ma
immediatamente incline a
usarne per guidare il suo po-
polo verso la libertà e la di-
gnità. Il terzo strumento è il
logos: la forza della ragione, il
potere emanato dalla sem-
plice logica del discorso, dal-
la sua struttura argomentati-
va. Qui il migliore esempio
sono i dialoghi platonici, in
cui vediamo personaggi che
conversano, anche per centi-
naia di pagine, perlopiù sen-
za cedere alle emozioni e po-
co interessati al carattere
dell’uno o dell’altro, ma inve-
ce appassionati al procedere
inesorabile del ragionamen-
t o.
Detto questo, occorre met-
tere in luce il punto più im-
portante: sebbene ethos e lo-
gos siano, in linea di princi-
pio, sullo stesso piano del pa-
thos, ne sono però molto più
deboli. Una forte emozione
può letteralmente spazzare
via da un uditorio ogni ri-
spetto che provi per una cer-
ta persona, e ogni capacità di
pensare e ragionare. Quindi,
perché ethos e logos abbiano
u n’opportunità di mettersi
in luce, è necessario resiste-
re alle emozioni e creare uno
spazio neutro nel quale sia
possibile riflettere con cal-
ma.
Nel Critone il migliore
amico di Socrate (C rito ne,
appunto) cerca di convincer-
lo, a un paio di giorni dall’e-
secuzione, a evadere. S o c ra -
te risponde puntualmente a
tutte le sue argomentazioni
ma, prima ancora di farlo,
risponde al suo tono: C r i to n e
ha fretta e vuole fargli fretta,
e lui non accetterà questo ge-
nere di pressione. «Unito a
una corretta visione delle co-
se, C r i to n e, il tuo zelo sareb-
be anche apprezzabile: ma in
caso contrario, quanto più è
vivace e tanto più si fa fasti-
dioso. È perciò opportuno
esaminare se dobbiamo o no
imbarcarci in questa impre-
sa: del resto non è questa la
prima volta, io ho fatto sem-
pre in modo di seguire solo
quel ragionamento che, fra i
vari che rimugino dentro di
me, dopo ponderata rifles-
sione risultasse il migliore. E
i ragionamenti che sostene-
vo prima non posso buttarli
adesso a mare solo perché mi
è toccata questa sorte: al con-
trario, mi appaiono più o me-
no sotto la stessa luce e conti-
nuo a tenerli nel massimo
conto, esattamente come
prima». E aggiunge: «Se non
riusciremo ora a trovarne di
meglio, sappilo, non ti darò
retta neanche se il potere
della gente viene ad agitarci
davanti, come a dei bambini,
spauracchi anche peggiori di
que s t i » .
Le ultime parole di S o c ra -
te sono significative. Comun-
que sia andata la nostra edu-
cazione, e ammettendo che
sia arrivata a buon fine, esi-
stono processi che hanno
l’intento, e talvolta (ahimè)
l’esito, di invertirne il corso e
farci tornare bambini. In-
durre una frenetica emozio-
ne, in particolare la paura, è
il principale. Socrate lo rifiu-
ta con sdegno, e così dovrem-
mo fare tutti noi. Siamo cir-
condati da appelli a decidere
in fretta, senza cognizione di
causa, a schierarci immanti-
nente da una parte o dall’al-
tra. Molti, stanchi di un’e-
mergenza infinita, vi aderi-
scono sollevati, non volendo
più saperne di discussioni,
della logica di quel che dico-
no e fanno o del rispetto che
dovrebbero provare per chi
ha acquisito conoscenza e
c o m p ete n za .
È questo, in definitiva, il
pericolo più grave: che, co-
munque vada a finire il deli-
rio che stiamo vivendo, ci re-
stituisca un popolo di bam-
bini incazzati e spaventati (e
avidi?), incapaci di ragionare
e facile preda del pifferaio di
tu r n o.
Il Paese dei Balocchi è die-
tro l’angolo, e con esso le
orecchie d’a s i n o.
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