Figlia d’a rte, suo padre Carlo Casini è stato leader del Movimento per la Vita per decenni, Marina Casini Bandini è giurista e bioeticista all’Università Cattolica. Da poco confermata alla presidenza del Movimento, in questi giorni è impegnata nel 41° convegno nazionale di Mpv, Cav e case di accoglienza. Presidente, lei ha dichiarato che il referendum sull’euta - nasia proposto dai radicali è u n’altra nube scura che fanno piombare sul nostro Paese: non è, invece, un altro passo sulla via della libertà? «Il tema della libertà è importantissimo, la libertà è un bene prezioso. Il punto è come si interpreta la libertà. Secondo l’ideologia che promuove aborto e eutanasia, la libertà è intesa come autodeterminazione assoluta e autoreferenziale, come fine in sé, forza cieca che non riconosce l’altro, il valore della sua vita, e quindi lo calpesta. La libertà è invece un mistero profondamente umano, ricchissimo e denso, legato alla verità e all’amore. La libertà ha una profonda valenza relazionale, e va giudicata anche rispetto al contenuto e ai fini che si prefigge: la libertà di fare una passeggiata per raggiungere la banca da rapinare è diversa dalla libertà di passeggiare per andare a fare la spesa. La parola “l i be rtà” u s ata per legittimare l’uccisione, è sopraffazione, non libertà». Mi scusi, ma se uno sceglie di farla finita non ruba niente a nessuno… «Parlando di eutanasia, va detto che il tema della libertà è strumentalizzato perché quando negli ordinamenti giuridici si introducono eutanasia e suicidio assistito, la parola ultima e definitiva non è quella della libertà individuale, ma quella della società che valuta in termini qualitativamente diversi la dignità umana, e dunque il valore della vita, delle persone malate o disabili non autosufficienti. Questa strumentalizzazione introduce nuove forme di discriminazione perché mette le persone più fragili in salute, e quindi più bisognose di assistenza, nella condizione di sentirsi dei “p e s i”per la comunità, ospiti socialmente sgraditi e onerosi. In certe situazioni drammatiche è chiaro che dare sostegno alla “l i b e rtà di morire”, accompagnata magari da scarsità di assistenza sanitaria e umana, di fatto finirebbe per indebolire la “liber - tà di vivere”. Forse, invece che di autodeterminazione, bisognerebbe parlare di autoesclusione per eterodeterminazione. “Amare fino alla fine” do - vrebbe essere il motto del fine vita, perché siamo tutti responsabili gli uni degli altri, perché la vita umana è un valore in sé, perché la morte si accetta e non si cagiona, perché solo così la convivenza è davvero civile». Per nessuno è facile porsi di fronte alla sofferenza, quali sono le alternative concrete per prendersi cura delle pers o n e? «La sofferenza non va banalizzata, ha tanti volti, fa paura a tutti, così come lo stravolgimento della propria e dell’al - trui vita. Per le persone colpite dalle malattie, specialmente quelle prive di spazi di guarigione, difficoltà e problemi di ogni genere esistono, eccome. Fatica, preoccupazioni, stato di allerta sono compagni quotidiani. La burocrazia sanitaria sfianca. Il Ssn offre una base minima, spesso fatta di parti di un puzzle da costruire per capire cosa e come viene offerto dallo Stato; il carico, anche economico, è prevalentemente tutto sulle famiglie. Ciò che la società dovrebbe garantire è il massimo impegno scientifico, tecnico, organizzativo per assicurare a tutti, e su tutto il territorio, cure palliative e terapia del dolore; rinforzo e qualità dell’assistenza sanitaria anche a domicilio; sicurezza di ottenere cure adeguate e fruibili, ma anche non imposizione di interventi sproporzionati e clinicamente non adeguati; maggiore diffusione degli hospice; alleggerimento della burocrazia sanitaria e migliore organizzazione dei servizi; aiuto alle famiglie e ai caregiver; miglioramento delle strutture ospedaliere, compresi i pronto soccorso, e di quelle assistenziali sia dal punto di vista ambientale che dal punto di vista della formazione umana e professionale degli operatori». Non le sembra un po’il libro dei sogni nella nostra realtà? «No, aggiungo che si dovrebbe anche parlare della cura, del garbo, dell’a m o revo l ez za . Se non diamo risposte concrete alla sofferenza delle persone, è facile che suicidio assistito ed eutanasia siano visti come soluzione disperata». Il Movimento per la vita si riferisce a un concetto di dignità della persona per cui non è lecito per nessuno soffocare la vita dal momento del concepimento, fino alla sua fine naturale. Aborto ed eutanasia sono due facce della stessa medaglia? « L’idea della dignità a cui si riferisce il Mpv è quella della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: il principio di uguaglianza si fonda sul riconoscimento dell’i ntr i n se c a dignità di ogni essere umano, dunque dal concepimento. Pace, giustizia e libertà, si legge, sono fondati proprio sul riconoscimento dell’uguale e inerente dignità di ogni uomo. Colui che è generato da un uomo e una donna è un figlio, uno di noi. Ecco perché, pur nelle differenze di situazioni e circostanze, si può dire che la richiesta di introdurre l’eutana - sia è l’altra faccia della medaglia della cultura abortista, perché se una società accetta di uccidere l’uomo che ha di fronte a sé tutta la vita e che non chiede la morte, facilmente poi darà la morte a chi la chiede, ammesso che la domanda di morte sia veramente libera. In gioco c’è sempre il tema del valore della vita umana». Di fronte a questa cultura, che papa Giovanni Paolo II definiva «della morte», c’è ancora una sensibilità politica capace di alzarsi in piedi? «Nel tempo le sfide poste dalla cultura della morte o dello scarto sono aumentate e si accavallano. Questo rende tutto più difficile e complicato. Non si deve però cadere nel pessimismo; queste battaglie implicano tempi lunghi e tenacia operosa secondo il criterio della gradualità. Qualcosa nella politica si sta muovendo e il recente esito del ddl Zan ne è la prova. Certamente non bisogna arrendersi e lavorare affinché si affermi una politica alta, dove chi ci rappresenta sappia spendersi per il bene comune, portando al centro il tema della vita. È questa la base del nuovo umanesimo e le donne hanno un ruolo fondamentale per il loro legame con il figlio dal concepimento alla n a s c i ta » .
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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