Pare si sia tut-
ti d’accordo: la-
s c i a m o s t a r e
l ’ O l o c au s to. A
N o va r a , c o m e
noto, un gruppo
di cittadini anti green pass
ha avuto la discutibile idea di
esibire pettorine a righe si-
mili a quelle che erano co-
stretti a indossare gli ebrei
ad Auschwitz. «Abbiamo sol-
tanto rappresentato la mino-
ranza che ha creato il gover-
no privandoci della libertà»,
hanno provato a giustificarsi
i diretti interessati. Tuttavia
è evidente che la parte di po-
polazione priva del lascia-
passare non si ritrovi nelle
condizioni sperimentate dal
popolo ebraico negli anni
Trenta e Quaranta. Oggi non
ci sono deportazioni di massa né lager con filospinato né esecuzioni, grazie a
Dio. Comprensibile, dunque,
che la discutibile iniziativa ab-
bia suscitato il fastidio della
comunità ebraica locale e na-
zionale. Meno comprensibile
è lo sdegno di cui hanno fatto
grande sfoggio politici e gior-
nalisti.
Il fatto è questo. Si è stabilito
che l’Olocausto sia la massima
manifestazione del Male sulla
terra, qualcosa di mostruosa-
mente unico, e utilizzarlo co-
me metro di paragone può ri-
sultare molto offensivo per chi
abbia subito davvero quella
tragedia. Prendere la Shoah
come riferimento non serve a
provocare né tantomeno a
choccare: al massimo rende
evidente una sproporzione fra
il dramma passato e quello at-
tuale. Insomma, meglio evita-
re parallelismi. Problema: tale
regola dovrebbe valere sem-
pre, ma viene applicata a gior-
ni alterni.
Ieri sono stati versati fiumi
d’inchiostro sul caso di Nova-
ra. Eppure, per anni, il parago-
ne con l’Olocausto e il nazismo
è stato impunemente utilizza-
to in mille altre occasioni. Poli-
tici e giornalisti (talvolta gli
stessi che ora s’indignano per
il brutto spettacolino novare-
se) hanno a più riprese descrit-
to i clandestini in arrivo ille-
galmente sulle coste italiane
come ebrei vittime di persecu-
zioni. I centri di accoglienza
vengono ancora adesso dipinti
come campi di concentramen-
to. Matteo Salvini è stato pre-
sentato (da un noto professore
universitario) come la reincar-
nazione di H i tl e r. Nelle ultime
settimane, la Germania nazi-
sta - con tutto il suo armamen-
tario ideologico e simbolico - è
stata ripetutamente chiamata
in causa al fine di attaccare
Fratelli d’Italia e Giorgia Melo-
ni. Più in generale, da qualche
tempo chiunque provi a espri-
mere dissenso subisce la co-
siddetta «reductio ad Hitle-
rum», cioè viene descritto co-
me un nazista o un fascista co-
sì lo si può escludere dal con-
sesso civile.
Se è evidente la sproporzio-
ne fra la stella gialla tedesca e il
green pass, è almeno altrettan-
to evidente che, tra un gerarca
e Melo ni e Sa lv in i ci sia un
abisso. Ed è palese la spropor-
zione - come ebbe a notare pu-
re Liliana Segre - fra ciò che
accade a un migrante irregola-
re e quanto accadeva agli ebrei
internati. Sembra però che dei
paragoni sballati, in alcune
circostanze, si possa serena-
mente abusare, mentre nel ca-
so dei no pass... apriti cielo.
L’onnipresente ipocrisia è re-
sa ancora più irritante dal con-
sueto uso politico che si fa del-
lo svarione di pochi a danno
della legittima protesta di mol-
ti.
Prendiamo quel che ha det-
to domenica Roberto Speran-
za . «Ho visto immagini che mi
hanno choccato, con le mani-
festazioni che richiamano ai
campi di concentramento che
sono fuori da ogni grazia di
Dio», ha dichiarato il ministro.
E fin qui, al netto dell’enfasi,
niente di strano. Attenti però
al veleno nella coda: «Parlare
di dittatura sanitaria», ha ag-
giunto S p e ra n za , «mi sembra
sinceramente utilizzare in
maniera del tutto impropria
una parola che bisognerebbe
utilizzare con grandissima
cautela, prudenza».
Ecco, questo è esattamente
il punto. Riferirsi all’Olocau -
sto non va bene, ma mettere in
evidenza che qualcosa, in Ita-
lia, non stia funzionando co-
me dovrebbe non è affatto una
follia, anzi. Se dobbiamo resta-
re nel campo delle sproporzio-
ni, beh, ci sembra sproporzio-
nata anche la violenza con cui
ogni giorno il sistema politico-
mediatico si accanisce contro
chi protesta. Persone che eser-
citano un diritto vengono quo-
tidianamente insultate, crimi-
nalizzate, patologizzate. La di-
scriminazione nei loro con-
fronti c’è, ed è anche molto
chiara. Vi sembra normale - ad
esempio - che, nella «Repub-
blica fondata sul lavoro», si
privi del lavoro chi non possie-
de la carta verde?
Per altro, il perimetro della
discriminazione e la demoniz-
zazione del dissenso non van-
no diminuendo, anzi crescono
col passare del tempo. Fa ac-
capponare la pelle, a tale ri-
guardo, quando dichiarato ieri
dal sindaco e dal prefetto di
Trieste. Il primo cittadino, Ro -
berto Dipiazza (da oggi ribat-
tezzato Divieto Di Piazza), ha
tranquillamente dichiarato
che userà il pugno duro nei
confronti dei manifestanti, a
costo di arrivare «al limite del-
la legge». Il bravo prefetto, Va -
lerio Valenti, si è immediata-
mente premurato di rendere
effettiva la minaccia del sinda-
co. Ha spiegato infatti che, nel-
le prossime settimane, sarà
opportuno «comprimere la li-
bertà di manifestare» e che
piazza Unità d’Italia «non po-
trà essere teatro di ulteriori
manifestazioni fino al 31 di-
cembre», cioè fino alla scaden-
za (in attesa di proroga) del-
l’obbligo di green pass. Certo, il
nazismo è altra cosa. Ma siamo
abbastanza sicuri che se il sin-
daco (di Forza Italia) e il prefet-
to avessero detto le stesse cose
al fine di impedire manifesta-
zioni antagoniste, subito la
gran parte della sinistra italica
avrebbe gridato al ritorno del-
le camicie brune.
Attenzione: non stiamo par-
lando di cortei vietati dopo
chissà quali mostruose violen-
ze. No: la libertà di protestare a
Trieste sarà «compressa» per-
ché - dice il prefetto, evidente-
mente munito di specializza-
zione in virologia - i manife-
stanti diffondono il Covid. In
pratica, bisogna impedire agli
«infetti» di contestare il gover-
no. Anche se la legge consente
loro di farlo, anche se non fan-
no male a nessuno. Non è suffi-
ciente privarli del reddito: oc-
corre anche ridurli al silenzio,
isolarli, schiacciarli.
Il tutto mentre, in ogni parte
d’Italia, s’organizzano simpa-
tici rave (con corredo di morti,
feriti e devastazioni) e nessu-
no si è mai sognato di «compri-
mere» alcunché. Anzi, spesso
e volentieri i poco igienici dan-
zatori vengono lasciati liberi di
sballarsi e macinare caos per
giorni e giorni. Come a mai a
nessuno viene in mente di
«comprimere» la «forza ondu-
latoria» dei fattoni? Come mai
se un pugno di protestatari
sbagliano i toni divengono ber-
saglio del generale disprezzo e
gli organizzatori di eventi ille-
gali sono trattati come stram-
boidi in fondo inoffensivi?
Si vede che i raver - poiché si
limitano a devastare ma non
contestano - non sono consi-
derati una minaccia. Mentre i
no pass, anche se non causano
guai, sono troppo critici e dan-
no fastidio: non sarà nazismo,
ma fa spavento uguale.
Non vogliono che si parli di
dittatura? Benissimo: allora
evitino di metterla in pratica.
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