«C’è chi vuole cancellare la libertà di scelta su che cosa mangiare». Abbiamo capito bene? Si sta preparando una dittatura alimentare? Luigi Scordamaglia, presidente di Assocarni e consigliere delegato di Filiera Italia, ne è certo: «Sembra fantascienza ma è scritto nero su bianco. Nel 2019 la Eat Lancet commission, che ha riunito 37 esperti mondiali provenienti da 16 diversi Paesi, ha elaborato un documento che dovrebbe essere una sorta di bibbia dell’a l i m e ntazione sana e rispettosa dell’ambiente in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e gli Accordi sul clima di Parigi. Il report ha delineato una dieta universale e chiede che i consumatori non abbiano più libertà di scelta su cosa mangiare, mettendo a punto una strategia per obbligare i consumatori a mangiare cibi “pi ù s o s te n i bi l i”». Che cosa mancherebbe? «Per esempio la carne. Nel documento si parla di “rimuovere le opzioni di scelta inappropriate”, di “restringere le scelte” e di “allocare i finanziamenti per favorire prodotti sosten i bi l i” e finanziare “c a m pagne per mettere al bando alcuni prodotti”. Guarda caso la responsabile della Eat foundation di cui fa parte la commissione, Gunhild Anker Stordalen, è stata nominata alla guida del Track2, la sezione dell’Onu che si occupa della trasformazione sostenibile dei consumi. Sono state gettate le basi di una dieta universale, che azzera le differenze territoriali. Ci sono tutte le condizioni per parlare di eccellenze alimentari italiane a rischio. Report come quello della Eat Lancet sono la piattaforma per lanciare i cibi s i ntet ic i » . Allora la transizione ecologica vuol dire anche una rivoluzione a tavola? «È quello che stanno tentando di fare» Chi sta tentando di farl o? «Dietro questa massiccia campagna in favore dell’omologazione del cibo ci sono alcune multinazionali e grandi gruppi economici che vogliono approfittare della maggiore sensibilità ecologista dei consumatori per mettere al bando alcuni cibi e imporne altri. In ballo c’è il ricco mercato alimentare globale presente e soprattutto futuro». Qualche nome di queste multinazionali e gruppi di i nte re s s e? «Brand globali dell’a l imentare e Bill Gates. Sono usciti allo scoperto. Le multinazionali che portano nelle case italiane un’i nfinità di prodotti in un futuro prossimo proveranno a fornire anche la carne prodotta in laboratorio. La Nestlé, ad esempio, ha scritto che sta valutando tecnologie innovative per produrre carne coltivata o ingredienti di carne coltivata. Gates sostiene che i Paesi avanzati devono convertirsi al 100% al manzo sintetico. Spacciando questo come interesse dei consumatori a cui verranno somministrate cellule indifferenziate, prelevate agli stessi animali che dichiarano di voler rispettare, e coltivate in un brodo di antibiotici. Senza che nulla di tutto ciò venga messo in et ic h etta » . L’Europa che fa? «Asseconda, purtroppo, addirittura arrivando a dirottare alcuni fondi destinati al sostegno dell’e c o n omia reale post Covid verso aziende che sperimentano la carne in laboratorio. Come se Bill Gates e le altre multinazionali coinvolte avessero bisogno anche di fondi comunitari». Quanto rischia il cibo italiano in questa operaz io n e? «Tantissimo, e non solo quello italiano. Si vuole cancellare la distintività delle diete, tagliare quel legame fondamentale che unisce da sempre la terra, i nostri agricoltori, la nostra straordinaria cultura e i legami con i territori, e le nostre Pmi che usano metodi di trasformazione centenari. Tutto verrebbe trasferito nei laboratori di poche multinazionali che potranno produrre a prezzi bassissimi per fare enormi margini vendendo i prodotti come più sostenibili. È in discussione il modello alimentare globale. L’au - spicio è che il buon senso prevalga. Ma se gli investitori sono quelli che controllano i nuovi canali di comunicazione, la battaglia diventa complessa. Serve una mobilitazione, ma ancora non c’è piena consapevolezza del rischio anche se il governo italiano se ne è accorto e il ministro Stefano Patuanelli negli scorsi giorni, a Tutto Food, ha preso subito posizione contro questo tentativo di o m o l oga z io n e » . Davvero potremmo trovare sugli scaffali dei supermercati la carne e i formaggi sintetici? «Mi auguro il più tardi possibile. Alcuni prodotti sono stati approvati negli Usa, dove notoriamente l’attenzione alla sicurezza e alla naturalità dei cibi è molto bassa. Pretenderemo dai regolatori comunitari e nazionali la massima rigidità nel valutare gli effetti anche a lungo termine di tali prodotti. Inoltre abbiamo intenzione di lavorare con grandi centri di ricerca internazionali, magari non condizionabili dalle risorse infinite dei centri di interesse prima citati, a seri studi scientifici su questi prodotti e i relativi metodi di produzione. Per difendere allo stesso tempo i consumatori e le filiere agroalim e nta r i » .
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
lunedì 1 novembre 2021
«Vogliono imporre la dieta mondiale per colpire i nostri prodotti tipici»
«C’è chi vuole cancellare la libertà di scelta su che cosa mangiare». Abbiamo capito bene? Si sta preparando una dittatura alimentare? Luigi Scordamaglia, presidente di Assocarni e consigliere delegato di Filiera Italia, ne è certo: «Sembra fantascienza ma è scritto nero su bianco. Nel 2019 la Eat Lancet commission, che ha riunito 37 esperti mondiali provenienti da 16 diversi Paesi, ha elaborato un documento che dovrebbe essere una sorta di bibbia dell’a l i m e ntazione sana e rispettosa dell’ambiente in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e gli Accordi sul clima di Parigi. Il report ha delineato una dieta universale e chiede che i consumatori non abbiano più libertà di scelta su cosa mangiare, mettendo a punto una strategia per obbligare i consumatori a mangiare cibi “pi ù s o s te n i bi l i”». Che cosa mancherebbe? «Per esempio la carne. Nel documento si parla di “rimuovere le opzioni di scelta inappropriate”, di “restringere le scelte” e di “allocare i finanziamenti per favorire prodotti sosten i bi l i” e finanziare “c a m pagne per mettere al bando alcuni prodotti”. Guarda caso la responsabile della Eat foundation di cui fa parte la commissione, Gunhild Anker Stordalen, è stata nominata alla guida del Track2, la sezione dell’Onu che si occupa della trasformazione sostenibile dei consumi. Sono state gettate le basi di una dieta universale, che azzera le differenze territoriali. Ci sono tutte le condizioni per parlare di eccellenze alimentari italiane a rischio. Report come quello della Eat Lancet sono la piattaforma per lanciare i cibi s i ntet ic i » . Allora la transizione ecologica vuol dire anche una rivoluzione a tavola? «È quello che stanno tentando di fare» Chi sta tentando di farl o? «Dietro questa massiccia campagna in favore dell’omologazione del cibo ci sono alcune multinazionali e grandi gruppi economici che vogliono approfittare della maggiore sensibilità ecologista dei consumatori per mettere al bando alcuni cibi e imporne altri. In ballo c’è il ricco mercato alimentare globale presente e soprattutto futuro». Qualche nome di queste multinazionali e gruppi di i nte re s s e? «Brand globali dell’a l imentare e Bill Gates. Sono usciti allo scoperto. Le multinazionali che portano nelle case italiane un’i nfinità di prodotti in un futuro prossimo proveranno a fornire anche la carne prodotta in laboratorio. La Nestlé, ad esempio, ha scritto che sta valutando tecnologie innovative per produrre carne coltivata o ingredienti di carne coltivata. Gates sostiene che i Paesi avanzati devono convertirsi al 100% al manzo sintetico. Spacciando questo come interesse dei consumatori a cui verranno somministrate cellule indifferenziate, prelevate agli stessi animali che dichiarano di voler rispettare, e coltivate in un brodo di antibiotici. Senza che nulla di tutto ciò venga messo in et ic h etta » . L’Europa che fa? «Asseconda, purtroppo, addirittura arrivando a dirottare alcuni fondi destinati al sostegno dell’e c o n omia reale post Covid verso aziende che sperimentano la carne in laboratorio. Come se Bill Gates e le altre multinazionali coinvolte avessero bisogno anche di fondi comunitari». Quanto rischia il cibo italiano in questa operaz io n e? «Tantissimo, e non solo quello italiano. Si vuole cancellare la distintività delle diete, tagliare quel legame fondamentale che unisce da sempre la terra, i nostri agricoltori, la nostra straordinaria cultura e i legami con i territori, e le nostre Pmi che usano metodi di trasformazione centenari. Tutto verrebbe trasferito nei laboratori di poche multinazionali che potranno produrre a prezzi bassissimi per fare enormi margini vendendo i prodotti come più sostenibili. È in discussione il modello alimentare globale. L’au - spicio è che il buon senso prevalga. Ma se gli investitori sono quelli che controllano i nuovi canali di comunicazione, la battaglia diventa complessa. Serve una mobilitazione, ma ancora non c’è piena consapevolezza del rischio anche se il governo italiano se ne è accorto e il ministro Stefano Patuanelli negli scorsi giorni, a Tutto Food, ha preso subito posizione contro questo tentativo di o m o l oga z io n e » . Davvero potremmo trovare sugli scaffali dei supermercati la carne e i formaggi sintetici? «Mi auguro il più tardi possibile. Alcuni prodotti sono stati approvati negli Usa, dove notoriamente l’attenzione alla sicurezza e alla naturalità dei cibi è molto bassa. Pretenderemo dai regolatori comunitari e nazionali la massima rigidità nel valutare gli effetti anche a lungo termine di tali prodotti. Inoltre abbiamo intenzione di lavorare con grandi centri di ricerca internazionali, magari non condizionabili dalle risorse infinite dei centri di interesse prima citati, a seri studi scientifici su questi prodotti e i relativi metodi di produzione. Per difendere allo stesso tempo i consumatori e le filiere agroalim e nta r i » .
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