STUPIDA RAZZA

domenica 21 novembre 2021

Fda chiede più di mezzo secolo per tirare fuori le carte su Pfizer

 

Le carte le tirano fuori, eh. Ma tra 55 anni. È l’in c re d ibil e proposta, depositata presso una corte del Texas, della Food and drug administration, l’ente regolatore americano che ha esaminato e autorizzato i vaccini anti Covid. Un gruppo di scienziati aveva domandato di visionare l’enorme mole di dati forniti dalla casa farmaceutica Pfizer, che ad agosto ha ricevuto l’ok definitivo da Fda per le somministrazioni alla fascia dai 16 anni in su. I luminari, tra cui nomi diventati famosi anche in Italia, per il loro approccio critico alla gestione della pandemia e della campagna vaccinale, come Peter Doshi e Harvey Risch, fanno parte di una no profit, Public health and medical professionals for transparency. L’asso ciazione, a settembre, ha intentato causa a Fda per il ritardo nel consegnare i documenti, reclamati in virtù di una legge del 1967, il Freedom of information act (Foia), che prescrive alle agenzie federali di rispondere alle richieste di accesso agli atti entro 20 giorni. Dopodiché, la tempistica per il rilascio dei faldoni può variare «a seconda della complessità della richiesta», o qualora ci siano altri file arretrati da produrre. Una prima, parziale tranche di dati era stata diffusa. Poi, più nulla. E il 2076 è una scadenza un po’ l o nta nuc c i a . I legali del Dipartimento di Giustizia, che rappresentano Fda, si appigliano alle dimensioni del materiale da processare: 329.000 pagine totali, che non possono essere consegnate in forma grezza. Il contenuto va revisionato. Nell’inte - resse pubblico? Per una maggiore chiarezza? Macché: per sbianchettare «informazioni confidenziali» sul business di Pfizer e Biontech, o dettagli che minino la privacy «dei pazienti che hanno partecipato ai trial clinici». Fatto sta che l’ente Usa - il quale lamenta di doversi occupare, contemporaneamente, di altre 400 richieste ai sensi del Foia - affiderebbe la pratica a dieci impiegati e consegnerebbe a Do - shie colleghi 500 pagine al mese. A questi ritmi, per completare l’opera ci vorranno, appunto, 55 anni: 2076. Il team di ricercatori non ci sta. I loro avvocati esigono una deadline ben più ravvicinata: il 3 marzo 2022. «Questo periodo di 108 giorni», argomentano, «è lo stesso lasso di tempo che ha impiegato Fda a revisionare i documenti per il ben più impegnativo compito di rilasciare la licenza al vaccino anti Covid di Pfizer». Se ci hai messo poco più di tre mesi per spulciare i risultati delle sperimentazioni e per autorizzare il farmaco Comirnaty, non ti può servire oltre mezzo secolo per pubblicare le carte su cui hai lavorato. Tanto più se i regolamenti dell’agenzia medesima (Titolo 21, sottoparagrafo F) prevedono che essa debba rendere «immediatamente disponibili» i documenti che riguardano l’autorizzazione di un vaccino. Ai ricorrenti pare strano pure che Fda abbia a disposizione solamente un drappello di colletti bianchi, visto che ha un organico di 18.000 dipendenti e dispone di un budget da 6 miliardi di dollari. Sia chiaro: dai 329.000 fogli fitti di dati non è detto vengano fuori dettagli che consentano di dubitare della saggezza del via libera al farmaco Comirnaty. E, sicuramente, gli oltre 30 scienziati che si stanno battendo per il rilascio del plico, benché inquadrati in atenei prestigiosi, quali Harvad, Yale, Brown University e Ucla, non completeranno le loro verifiche proprio in un batter d’oc - chio. In ballo, semmai, c’è una questione di principio. Stiamo parlando della più vasta e veloce campagna di vaccinazione della storia, nonché della più rapida invenzione e della più repentina approvazione di un medicinale. Vista altresì la delicatezza politica del dossier, la trasparenza è il minimo che ci si possa aspettare. Anche perché, come aveva osservato il professor Doshi - manco a dirlo, ridicolizzato e oscurato dai nostri media a senso unico - una scienza che non mette a disposizione dell’intera comunità osservazioni ed esperimenti non è vera scienza. Ci sono di mezzo, sì, interessi economici e segreti industriali, ma mai come stavolta le sirene del profitto non debbono interferire con rigorosi e sacrosanti requisiti di pubblicità delle informazioni. Per di più, una comunicazione senza zone d’ombra, reticenze o peggio - quel che avviene da noi - deliberata propaganda di balle, non può che contribuire ad alimentare la fiducia da parte dell’opinione pubblica, che si è pericolosamente incrinata. E non certo per colpa della tanto deplorata ignoranza della gente, delle bolle cognitive alimentate dai social, o delle fake news sparse sulle chat di Teleg ra m . Il giudice del distretto Nord del Texas ha fissato un’udien - za per il 14 dicembre. Almeno lui non ha bisogno di 55 anni.



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